In Europa i rifiuti degli imballaggi alimentari costituiscono il 65 per cento del totale dei rifiuti da imballaggio. Questi a loro volta rappresentano il 5 per cento circa dei rifiuti complessivi. Centinaia di milioni di tonnellate di materiali. L’industria alimentare si trova perciò ad affrontare la sfida tecnologica di ridurre i materiali da imballo senza compromettere la qualità e la fruibilità dei prodotti.

Bisogna tener presente che il ruolo primario degli imballaggi è preservare la sicurezza e l’integrità dei prodotti: fare barriera contro le contaminazioni e mantenere l’alimento fresco o secco, soffice o croccante, a seconda del prodotto.

Un altro elemento da considerare riguarda le aspettative dei consumatori, ovvero la necessità di riconoscere il prodotto favorito – senza dover intraprendere una “caccia al tesoro” sugli  affollati scaffali – grazie a marchi, design e colori della confezione.

Una nuova esigenza dei consumatori, che si sta diffondendo grazie al progressivo sviluppo della raccolta differenziata, è la possibilità di “compattare” facilmente gli imballi e di capire in quale bidone devono finire. I cittadini devono distinguere chiaramente i contenitori di carta da quelli di plastica, l’alluminio, il vetro e i rifiuti organici da quelli non riciclabili. Si tratta di motivi etici, ma anche pratici: ridurre il peso degli imballaggi vuol dire diminuire il numero dei viaggi verso i punti di raccolta.

Le iniziative dell’industria alimentare

Il primo impegno dell’industria alimentare è  ridurre al minimo il peso e volume degli imballaggi, entro i limiti necessari a garantire i livelli di sicurezza, qualità e accettabilità del prodotto da parte del consumatore. Questo comporta:

restyling di imballaggi, eco-design per ridurre peso e volume dei materiali

– riduzione dell’ imballaggio secondario e terziario (l’imballaggio primario è quello per la vendita, per es. una bottiglia, una lattina, un vasetto, etc. L’imballaggio secondario è l’imballaggio multiplo, quello cioè che raggruppa diverse unità di vendita, per es. una confezione di bottiglie o lattine, etc. L’imballaggio terziario è quello per il trasporto. per es. un pallet di confezioni o scatoloni).

– riduzione della varietà dei materiali utilizzati per la stessa confezione per facilitare la raccolta differenziata e il riciclo

– utilizzo di materiali più leggeri

– razionalizzazione delle gamme di prodotto per ridurre gli imballaggi.

Ridisegnare il packaging ha permesso in questi anni di diminuire in modo drastico l’utilizzo dei materiali, come è avvenuto per i materiali plastici (Pet -30/40 per cento) e dell’alluminio (-30 per cento). Per esempio è bastato a un’azienda del settore delle bevande analcoliche accorciare di 4 millimetri il collo della bottiglia di Pet da mezzo litro per risparmiare 80 tonnellate di plastica all’anno.

In Italia negli ultimi dieci anni l’industria alimentare ha complessivamente ridotto gli imballaggi di circa il 40 per cento, ottenendo un risparmio del 17 per cento sui costi di trasporto. Ciò significa avere evitato l’immissione nell’ambiente di circa 300 milioni di tonnellate di imballi primari, con un risparmio di circa il 20 per cento circa delle emissioni di anidride carbonica (dati Conai – Consorzio Nazionale Imballaggi).

Il secondo impegno è quello di incrementare l’utilizzo di materiali riciclati e riciclabili, ma anche adottare soluzioni innovative per ridurre l’impatto ambientale (come gli imballaggi realizzati a partire da risorse rinnovabili, es. amido di mais, canapa, cotone).

Nel portare avanti queste iniziative, si deve anche cercare di ridurre quanto possibile l’impatto dei “costi della sostenibilità” sui prezzi finali dei prodotti.

Le tendenze di consumo

Gli obiettivi di sostenibilità devono anche confrontarsi con le attuali tendenze dei consumi, che riflettono fattori sociali (es. l’aumento dei pasti fuori casa) e demografici (es. crescita dei single). Queste tendenze determinano variazioni significative nella domanda di nuove confezioni di alimenti, dai mono-porzione ai cibi pronti per il consumo (ready-to-eat-foods). È stato calcolato che un single produce due volte e mezzo più rifiuti da imballaggio (11 kg vs. 4 kg) rispetto a una persona che viva in una famiglia di quattro persone (dati Incpen, GB).

Per rispondere a tali domande nel rispetto della sostenibilità, l’industria lavora su diversi fronti. Alcuni esempi:

imballaggi “dosatori”, in grado di suggerire la suddivisione ottimale delle porzioni contenute in un unico packaging; 

imballaggi “miscelatori”, in cui quantitativi ad hoc di diversi alimenti in un’ unica confezione entrano in contatto tra loro all’atto dell’apertura; 

imballaggi pronti per la cottura, da inserire direttamente in forno o immergere in acqua bollente prima dell’apertura;

imballaggi termici, per mantenere il freddo o il caldo.

Ricorso a imballaggi riutilizzabili, quando il riuso possa effettivamente costituire la migliore soluzione in termini di risparmio delle risorse (in Europa ciò accade, a esempio, per il 20 per cento dei contenitori di bevande non alcoliche. Dati Ciaa). Maggiore prudenza verso le confezioni riutilizzabili direttamente dal consumatore (diffuse in settori diversi, es. saponi e detergenti per la casa), per questioni igieniche. 

La gestione responsabile degli imballi

L’industria alimentare italiana partecipa al Conai, istituto che primeggia in Europa nei livelli di raccolta, riciclo e riuso dei materiali d’imballo.

Già nel 2008 l’Italia aveva raggiunto e superato gli obiettivi di recupero e riciclo – rispetto agli imballi immessi al consumo – fissati a livello europeo: 68,5 per cento di recupero (60 per cento l’obiettivo Ue) e 59,4 per cento di riciclo (55 per cento l’obiettivo Ue). Nel 2009 i risultati sono ancora migliorati, con una quota di recupero del 72,3 per cento (e di riciclo del 59,4 per cento): vale a dire che su 10.742.000 tonnellate immesse al consumo ne sono state recuperate 7.762.000 (dati Conai).

I rifiuti da imballi hanno due alternative destinazioni: riciclo e termovalorizzazione. Il riciclo, come si è visto, sfiora i due terzi dei materiali recuperati. La termovalorizzazione, cioè la trasformazione del rifiuto in energia, ha interessato il 9,1per cento degli imballaggi in Italia nel 2009.

Dario Dongo

Foto: photos.com

 © Il Fatto Alimentare 2010 – Riproduzione riservata

Per maggiori informazioni:

www.ciaa.eu, “Managing Environmental Sustainability in the European Food and Drink industries

www.federalimentare.it, “Sostenibilità ambientale della filiera alimentare

www.conai.it, “Dossier prevenzione 2007. 10 anni di progetti e soluzioni per imballaggi ecocompatibili”, “Un modello vincente a tutela dell’ambiente