È guerra di dati sullo spreco alimentare domestico in Italia. In ogni suo intervento, Andrea Segrè, fondatore di Last Minute Market, avalla l’ipotesi che nelle case degli italiani si sprecherebbe ogni anno il 27% del cibo acquistato, quasi un terzo. Un’indagine della Fondazione Sussidarietà, invece, parla dell’8% di spreco. Abbimo rivolto a Segrè alcune domande sulla questione. Ecco le sue risposte.

 

Può darci i dettagli dello studio da cui emerge che lo spreco alimentare domestico degli italiani ammonta al 27% della spesa? Chi lo ha realizzato, come e quando?

La stima deriva dalla Direzione Generale per l’Ambiente della Commissione Europea (Preparatory Study on Food Waste Across Eu27, realizzato per conto della Commissione Europea da Bio Intelligence Service, 2010) secondo la quale negli Stati membri il 42% del totale degli sprechi, 76 kg pro-capite per anno, si verifica all’interno delle mura domestiche, pari al 27% della quantità di cibo che i cittadini europei acquistano ogni anno. Il dato italiano rappresenta esattamente la media europea.

 

Qual è la fonte dei dati italiani riportati del documento europeo Preparatory Study on Food Waste Across Eu27 del 2010?

La fonte dei dati dello studio citato sopra per l’Italia deriva da Eurostat le cui stime, come lo stesso rapporto evidenzia, sono difformi da quelle del Ministero dell’ambiente. È necessario tuttavia specificare, così come sottolineato dal rapporto, che i dati del Ministero sono riferiti al 2000 su stime risalenti al 1996, mentre quelli di Eurostat risalgono al 2006. Va da sé che essendo questi dati i più recenti vale la pena utilizzarli, anche per l’aspetto comparativo rispetto agli altri Stati membri. Inoltre riguardo all’anno 2006 va sottolineato che si tratta dell’inizio, almeno come percezione da parte dei cittadini, della grande crisi economico-finanziaria.

Secondo un’indagine della Fondazione Sussidiarietà, lo spreco domestico rappresenta l’8% della spesa alimentare settimanale, per un valore di circa 7 miliardi di euro l’anno: che cosa pensa di questa indagine? Come si giustifica questa differenza considerevole tra 8 e 27%?

Le stime della Fondazione Sussidiarietà – sempre di stime si tratta essendo un’indagine a campione – rappresentano una percentuale più bassa presumibilmente per una diversa definizione di spreco, da una lettura (veloce) rilevo, ad esempio, che:

-non si considerano gli scarti di preparazione dei pasti, ad esempio: di un uovo posso utilizzare solo l’albume e gettare il tuorlo ecc.

-non si considerano quelle porzioni di pasto che pur essendo preparate per la famiglia non vengono consumate e vengono invece destinate all’alimentazione animale o per il compostaggio (dall’indagine emerge che il 21% delle famiglie dichiara di destinare cibo avanzato a quel fine).

In tutti i nostri lavori abbiamo dato una definizione precisa di perdita, spreco e rifiuto. La metrica deriva da queste, ovviamente.

 

Lei ritiene davvero che, specie in un momento di grave crisi come questo, gli italiani buttino nella spazzatura quasi un terzo della loro spesa?

Nessuno, credo, può essere certo dei dati, né dell’8% o del 27%. Certo è, invece, che il dato comunitario, e di riflesso quello italiano, si avvicina molto a quello di altre indagini nazionali. Fra tutte cito quella fatta dalla WRAP (Waste & Resources Action Programme) dove la metodologia di studio ha coinvolto sia il piano comportamentale dei consumatori sia un’analisi diretta del rifiuto organico: emerge che le famiglie britanniche sprecano il 25% del cibo acquistato.
Francamente non vedo il nostro Paese così virtuoso come appare dall’indagine citata sopra.
Ma sarei molto contento di sbagliarmi.

Segnalo che a breve avremo delle risposte più precise a queste domande grazie al progetto europeo di cui Last Minute Market – Università di Bologna è partner unico per l’Italia: si chiama FUSION, acronimo di Food Use for Social Innovation by Optimising waste prevention Strategies, il cui primo obiettivo è di contribuire all’armonizzazione del monitoraggio degli sprechi alimentari nell’UE-27. Abbiamo poi due altri progetti di ricerca per valutare lo spreco domestico. Quando avremo i risultati li renderemo noti.

Tuttavia il problema di fondo – mi pare – è che del cibo ancora buono viene gettato via. Al di là delle percentuali bisogna fare qualcosa per:
1) prevenire e  2) recuperare. È, nell’ordine, quanto cerchiamo di fare.

 

Che cosa viene sprecato di più a livello domestico e perché? Può dare qualche consiglio per limitare lo spreco?

A mia conoscenza non esiste un’indagine adeguata che stimi lo spreco domestico per categoria merceologica, tuttavia questa è – ovviamente – legata sia alla deperibilità del prodotto (fresco, confezionato, surgelato) sia alle (non) buone pratiche di “economia domestica”, anche se a me piace più riferirmi all’ecologia domestica.
I consigli per limitare, anzi per prevenire, lo spreco di alimenti ho provato a raccoglierli in un libro, mi scuserete per l’autocitazione: “Cucinare senza sprechi. Contro lo spreco alimentare: azioni e ricette” (Ponte alle Grazie).

Mentre nella Carta per gli Enti Territoriali a Spreco Zero, recentemente sottoscritta da molti sindaci, abbiamo sintetizzato a beneficio delle comunità locali quanto già indicato nella Risoluzione del Parlamento Europeo per dimezzare gli sprechi di alimenti del 50% entro il 2025, che – come qualcuno ricorderà – è stata promossa dalla campagna di sensibilizzazione che Last Minute Market ha lanciato nel 2010.

Il mio auspicio, e invito, è che chi condivide che gli sprechi domestici devono diminuire, a prescindere dalle percentuali, partecipi e sottoscriva la campagna “Un anno contro lo spreco“.

Per leggere la replica de Il fatto alimentare e la richiesta a Segrè di un doveroso approfondimento dei dati  clicca qui

Valentina Murelli

Foto: Photos.com, Andreasegre.it, Unannocontrolospreco.org

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4 Commenti
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stefanoC
stefanoC
15 Ottobre 2012 16:12

E gia ebook con tanto di protezione adobe RM , alla faccia della diffusione dell’informazione , se vuoi qualche consiglio .. paga ….

Tommaso
Tommaso
19 Ottobre 2012 07:21

A me pare che vi abbia risposto su ogni punto. Non capisco perché dovete ritenere il suo studio meno attendibile del vostro. In ogni caso la sua è una battaglia meritevole.

Sabrina
Sabrina
25 Ottobre 2012 11:17

ma da quando dare gli avanzi/gli scarti agli animali è uno spreco?
Stesso dicasi per il compostaggio…
Mi pare abbastanza normale, che di un cavolfiore io mangi solo le cime e scarti il resto, ma fare compostaggio, vuol dire non sprecare denaro per comprare concime, e dare gli avanzi al cane significa non utilizzare altro denaro per sfamarlo.
Mi chiedo dove stia lo spreco in questo modus operandi… ma forse sono io che vivo su un altro pianeta.

Pierpaolo
Pierpaolo
15 Novembre 2012 17:44

Mi sembra che il prof. Segrè sia sempre molto attento alla dimensione sensazionalistica ed a cercare visibilità. Ho seguito una sua conferenza e mi sono stupito degli attacchi gratuiti alle realtà non profit che operano nel settore della riduzione dello spreco e dell’aiuto ai poveri Mi sembra che il last minute market sia una società a scopo di lucro che fornisce servizi alla grande distribuzione organizzata