Il Ministero della Salute il 4 gennaio 2018 ha dichiarato che sarà possibile portare da casa i sacchetti per fare la spesa al supermercato di frutta e verdura. La notizia sembra interessane ma in realtà è una farsa. La nota precisa che le buste dovranno essere monouso (ndr quindi nuove) e per alimenti. Nel lancio dell’Ansa il segretario generale Giuseppe Ruocco si dice contrario ad altri tipi di sacchetti portati da casa perché determinerebbero “il rischio di contaminazioni batteriche con situazioni problematiche”. La nota si conclude con il permesso al titolare del supermercato di verificare l’idoneità dei sacchetti monouso introdotti dai clienti. Dopo avere letto la dichiarazione si può ridere pensando a una barzelletta, oppure piangere perché si tratta dell’ennesima dichiarazione destinata a creare confusione.
Sacchetti portati da casa sì o no?
Affermare che i consumatori potranno portare i sacchetti da casa vincolando la possibilità al fatto che dovranno essere monouso e adatti per alimenti è un paradosso. La maggior parte delle catene compra lotti con decine di milioni di sacchetti pagandoli circa 2 centesimi e poi li rivende ai clienti sottocosto a 1 centesimo, oppure a 2 senza guadagnarci (vedi tabella sotto). Stante questa situazione, c’è da chiedersi quale sia la convenienza per un consumatore portare da casa i suoi sacchetti monouso non esistendo la possibilità di comprarli ad un prezzo prezzo inferiore rispetto a quello proposto dal supermercato. Paradossale è anche la possibilità data ai supermercati di controllare il tipo di busta che porta il cliente! È difficile immaginare la presenza all’ingresso del punto vendita di una persona in grado di verificare e controllare se le persone portano da casa sacchetti nuovi monouso e per alimenti.
Il parere di Antonello Paparella
L’ultima questione riguarda la decisione di molte catene di vietare l’impiego di altri tipi di sacchetti di plastica, borse a rete o buste di vario tipo e genere, per evitare il rischio di eventuali contaminazioni microbiche. “La motivazione – precisa Antonello Paparella microbiologo alimentare e preside della Facoltà di Scienze e tecnologie alimentari all’Università degli Studi di Teramo – è sensata. Le buste riutilizzabili che verrebbero portate da casa possono essere state conservate in condizioni che favoriscono lo sviluppo microbico, soprattutto in presenza di umidità, residui di alimento, soprattutto se sono custodite in luoghi poco puliti. In queste condizioni i microrganismi, anche patogeni, possono moltiplicarsi e aderire tenacemente alla busta contaminando gli alimenti e le superfici con cui la busta viene a contatto. Il supermercato che permette l’uso di contenitori domestici accetta il rischio di introdurre batteri, anche patogeni, provenienti dalle abitazioni dei clienti. Si tratta di un rischio che può diventare incontrollabile nel negozio. Proviamo a pensare – prosegue Paparella – a un cliente che, dopo avere riempito una borsa sporca di plastica portata da casa con 1 chilo di mele, cambia idea e la svuota per riempirla con altra frutta. In questo modo, le mele lasciate sul banco e lo stesso piatto della bilancia potrebbero essere stati esposti a contaminazioni che verrebbero “trasmesse” al cliente successivo. La situazione può solo peggiorare con le borse a rete, perché molti microrganismi aderiscono più facilmente sul materiale ruvido rispetto alla superficie liscia della plastica”.
“Da un punto di vista scientifico – prosegue Paparella – la contaminazione superficiale dei vegetali è un argomento meno esplorato rispetto ai problemi con gli alimenti di origine animale, anche se si tratta di un aspetto estremamente importante per la salute pubblica, come dimostrato dal recente aumento di focolai epidemici di malattie alimentari causate da frutta e verdura. I due episodi più noti a livello internazionale riguardano 33 decessi per listeriosi registrati nel 2011 negli Stati Uniti a causa dei meloni contaminati e i 251 americani che l’anno scorso hanno contratto la salmonellosi per il consumo di papaya messicana.
La questione della tara
Un altro problema riguarda il calcolo della tara, che di solito risulta preimpostata sulla bilancia in base al peso del sacchetto scelto dal supermercato (3- 4 g). L’uso di buste e contenitori domestici renderebbe impossibile questo automatismo e la tara dovrebbe cambiare continuamente in funzione della borsa utilizzata. Anche in questo caso la gestione diventerebbe molto complicata.
Chiariti i motivi per cui non bisogna portare e non conviene portare i sacchetti per la frutta e la verdura da casa, la questione di borse e sacchetti riutilizzabili impiegati al mercato rionale per mettere i prodotti alimentari, oppure per trasportare a casa la spesa fatta al supermercato è comunque delicata. “Quando si torna a casa e si svuotano le borse – ricorda Paparella – bisogna togliere ogni residuo di alimento e asciugare con cura le superfici umide. È importante conservare le buste e i contenitori in un posto fresco areato e separare i sacchetti o le borse da usare per gli alimenti da quelli destinati all’acquisto di detersivi e altri prodotti per la casa”.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Perdonate l’ignoranza ma… se c’è un problema di igiene come mai lo stesso problema non fu mai sollevato riguardo alle borse per la spesa riciclabili, che anzi spesso sono vendute dallo stesso supermercato con il suo marchio?
Un conto è mettere la spesa di frutta e verdura insacchettate in una borsa dopo il pagamento alla cassa e portarlo a casa, altro è portare una borsa sporca con la sua carica batterica dentro il supermercato e contaminare un sistema chiuso
Roberto La Pira, le sfugge che in alcuni supermercati si usa il “salvatempo”, quindi mettiamo già la spesa nelle nostre borse e , se cambiamo idea, la rimettiamo dove l’abbiamo presa; inoltre, se il sacchetto a prova di contaminazione si rompe, possiamo rimettere il contenuto sul banco, sempre se cambiamo idea, anche se è già venuto a contatto con una borsa sporca o col carrello stesso. Bisogna battersi perché non ci prendano più in giro.
È tutta una truffa! Si parla tanto di igiene, ma si va a controllare l’igiene dei supermercati? Io che li frequento spesso vedo il reparto ortofrutta con il pavimento spesso sporco da ritagli di verdure o altro. Poi alcuni adottano dei tappeti tipo moquette che sono il massimo per accumulo di sporcizia e batteri! E mi parlate di igiene dei sacchetti portati da casa??
E poi di quei ambulanti che hanno il banco lungo le strade alla mercè del traffico veicolare e quindi con smog ai massimi livelli ne vogliamo parlare? Ma per favore!!!
Se volete e avete pazienza posso smontare pezzo per pezzo la teoria della contaminazione. Ci vorrebbero un bel po’ di pagine ma si demolisce del tutto la teoria dei batteri. Non lo faccio annoierei solamente chi legge.
Faccio un unico esempio: qualcuno si è preso la briga di misurare la carica batterica di frutta e verdura che sta 12 ore esposta in un supermercato dove ogni giorno passano migliaia di clienti? Oppure di verificare lo stato della frutta tropicale che arriva dal sudamerica?
Vorrei però andare oltre e raccontare l’esperienza di ieri, la prima spesa al supermercato in questo 2018.
1) il 20 % della frutta “sfusa” è preconfezionato dal supermercato DENTRO CONTENITORI O BUSTE DI PLASITCA ( e in una nota catena arriviamo tranquillamente al 35%)
2) metà di tutta la verdura del supermercato è rappresentata dalla verdura cosiddetta di quarta gamma (buste di PLASTICA, FRA L’ALTRO è LA VERDURA CON LA Più ALTA CARICA BATTERICA PER CHI NON LO SAPESSE, FONTE I PRODUTTORI STESSI).
3) alla fine della spesa ho pesato la quantità di plastica acquista NON NEL REPARTO FRUTTA , siamo oltre i 200 grammi. POSSO TRANQUILLAMENTE AFFERMARE CHE QUESTO Può ESSERE IL DATO MEDIO DELLA MIA SPESA NELL’ANNO: barattoli, flacone ecc di diverso tipo e natura finiscono sempre nel carrello.
4) il 30 % delle confezioni che ho acquistato era di tipo NON RICICLABILE.
5) il peso dei sacchetti di frutta e verdura non arriva a 20 gr
Ora possiamo disquisire di tutto , ma non raccontatemi che lo facciamo per ridurre la plastica. Stiamo parlando dello 0,% di tutta la plastica prodotta.
Se si voleva combattere l’utilizzo della plastica era sufficiente VIETARNE LA PRODUZIONE ALLA FONTE.
Poi c’è anche una questione legale: ho memoria dei miei studi universitari e fra questi ci fu il diritto. Mi sembra che si ponga un problema : non si può obbligare nessuno ad acquistare qualcosa. qui siamo di fronte ad un obbligo di acquisto ( anche se nelle ultime ore il problema è stato mitigato dalla possibilità di portarsi le buste da casa) Ma vorrei che qualche avvocato o giurista si esprimesse.
Grazie, Federico. A me piacerebbe anche leggere tutto il resto sulla contaminazione, e non mi annoierebbe affatto, ma mi rendo conto che non interesserebbe a molti. Mi fa piacere che abbia posto l’accento sulla plastica e tutti i rifiuti che continuiamo a portare a casa, e che costituiscono un problema molto più grave dei famigerati sacchetti di plastica, ultraleggeri, che abbiamo usato fino a pochi giorni fa. Io mi auguro che sempre più gente apra gli occhi e capisca quanto siamo diventati creduloni.
In home page troverà un altri articolo con i motivi per cui non conviene portare i sacchetti da casa
Perfettamente d’accordo su una delle maggiori lacune in tutta questa analisi: il diritto. Le affermazioni interpretative del ministero non hanno alcun valore legale fino a quando non saranno tramutate in legge. La legge in vigore non vieta di portare sacchetti di carta o tela da casa per ritirare alimenti e neanche vieta di mettere gli alimenti direttamente nel carrello. Ho sempre acquistato meloni, angurie, ananas, avocado, ma anche limoni sfusi apponendo l’etichetta direttamente sul prodotto e mettendole nel carrello o con altra merce nei sacchetti (sia perche’ sacchetti troppo piccoli sia per evitare sprechi). Perche’ adesso sia diventato un problema d’igiene non lo so. E’ inoltre illegale addebitarmi costi di sacchetti non utilizzati.
Nessuna testata ha analizzato il problema seriamente dal punto di vista legale ed e’ questa una grave mancanza. La legge e’ legge…ed in Italia esistono le fonti di diritto che non comprendono le note/circolari ministeriali come afferma anche la cassazione http://www.fiscooggi.it/giurisprudenza/articolo/la-cassazione-conferma-circolari-atti-interni-allamministrazione
Il problema della tara come lo risolve? Il supermercato può decidere di non volere i sacchetti portati da casa per motivi di igiene richiamati anche dal Ministero della salute
Fino al 31 dicembre valeva la regola: “chi inquina paga”. Dal primo gennaio 2018 vale la regola: “chi NON inquina paga!” Mi dispiace che Lega Ambiente non se ne sia accorta e si sia allineata ai “politici”!
Non è tanto la spesa di 5 o 10 euro l’anno che disturba, ma è il solito modo da furbi dei soliti politici al governo in modo illegale dal 2013!
Una banale, doverosa ed economicissima norma igienica e di corretto e fin troppo rimandato smaltimento dei rifiuti da imballaggio si trasforma in tragicomica occasione di linciaggio politico con i consueti e ben rodati metodi delle fake news virali per webeti come già visto in tante altre occasioni (vedi pasta).
Male ha fatto il governo solo a permettere questa ridicola correzione per attenuare la canizza montata dai soliti mestatorbido aizzaforcajoli
L’uso della plastica bio o non bio dovrebbe essere bandito per tutti gli usi non necessari. Bastava vietare l’utilizzo dei sacchetti in plastica nei reparti frutta e pane e dove possibile, ed utilizzare quelli in carta. Si faceva così ed alcuni supermercati hanno ripreso questa abitudine.
Io rimango poco convinta perché i sacchetti biodegradabili si rompono spessissimo perché di pessima qualità. La merce cade sul piatto della bilancia e viene rimessa in un altro sacchetto a mani nude. In più frutta e verdura cadono spesso per terra e vengono rimesse sui banchi. Per non parlare di gente che tossisce sul guanto di plastica e poi si sceglie la merce o addirittura non usa il guanto. Dov’è l’igiene, sacchetti biodegradabili o no? In più ognuno tocca l’esterno del sacchetto con le mani, lo posa alla cassa dove viene a contatto coi germi degli altri sacchetti. Io dico bah!
Sono abbastanza divertito da come gli italiani si siano indignati per questa vicenda, che ad occhio e croce gli può costare 10 euro l’anno, quando invece subisce senza batter ciglio provvedimenti che gli costano 10/20 volte tanto
Ma a me mi interessa una cosa, se voglio prendere un ananas, posso pesarlo senza mettere nel saccheto?
Oppure per un mazzo di banane, non mi serve la busta! Perché sono obbligata a prendere la busta, che non voglio consumare? non capisco!
Sottolineo che non è tanto la questione dei 10 euro/anno, ma il modo con cui viene trasmessa un’informazione, i problemi di igiene che ieri non c’erano e oggi ci sono. Parliamo dell’igiene dei carrelli su cui dobbiamo appoggiare la merce che poi entra nelle nostre credenze/frigo, che poi passano direttamente in tavola? Lì posso dare ragione d’esistere a una problematica di igiene, non certo alla busta riutilizzabile, che se usata quella in rete/stoffa è anche lavabile. Basterebbe una piccola pubblicità progresso e per colmare le lacune.
e comunque frutta e verdura gira in casse/cassoni su bancali in mezzi non sempre detersi al meglio, prima di arrivare al supermercato, oltretutto da realtà anche molto diverse dalla nostra, dove di certo la questione igiene è gestita diversamente.
La questione ambientale è ridicola se paragonata a tutto quel non riciclabile che ci portiamo a casa ogni giorno. Perché non si è lavorato in tal senso?
Ah perché invece i cani che scorazzano nei carrelli e in giro per i supermercati sono igienici e monouso? C’è qualcuno che vigila se il cane ha le zampe pulite? E le mani degli sporcaccioni che vanno in bagno senza lavarsele e poi toccano frutta, verdura e le maniglie delle porte dei frigoriferi chi le controlla?
Nei punti vendita delle catene è di solito vietato l’ingresso ai cani e anche il trasporto di animali nei carrelli
Al Naturasì che frequento costano 3 cent… 🙁
Innanzitutto non capisco perché prima i sacchetti erano gratuiti ed ora no, non credo che questa novità risolva il problema dell’inquinamento, ma secondo tutti voi scienziati i paesi europei che già utilizzano le retine riciclabili sono incapaci o sono troppo avanti come al solito?
La questione del pagamento serve a responsabilizzare i consumatori . Si ricorda quando le buste alle casse venivano date gratuitamente. Adesso sono biodegradabili, compostabili e si pagano 10 centesimi circa e se ne usano la meta! A me sembra un buon risultato. Per quanto riguarda le buste portate da casa per l’ortofrutta la invito a leggere i nostri articoli con l’intervista al microbiologo alimentare http://www.ilfattoalimentare.it/sacchetti-biodegradabili-ortofrutta-igiene-supermercato-frutta-verdura.html
Io credo dott. La Pira, che forse lei di spese nei supermercati ne faccia poche, almeno a giudicare dalle sue risposte ma, a parte questo mi chiedo due cose. Primo, se il problema è quello di usare sacchetti biodegradabili, non capisco perchè non sia stato imposto ai punti vendita di usare solo quelli, in questo caso non sarebbe successo assolutamente nulla, il consumatore avrebbe usato i sacchetti disponibili. Secondo, forse nessuno ricorda che il sistema self-service è servito ai rivenditori per risparmiare sul costo del personale e, in questo caso, non parliamo di centesimi ma di migliaia di euro al mese (un solo dipendente in meno significa almeno 2500 euro al mese di risparmio) quindi, non è che nessuno, fino ad ora, ci ha mai regalato nulla perchè, se il sacchetto non veniva pagato, nemmeno la nostra manodopera lo era. Al mercato, dove veniamo serviti e spesso vengono usati i sacchetti di carta, non paghiamo nulla. E non mi si venga ancora a dire che si lamentiamo per i due centesimi, nessuno si lamenta per questo, ma solo perchè siamo stufi di essere presi in giro.
Buongiorno Claudio, la deluderà sapere che da 30 anni frequento 1-2 volte al settimana vari supermercati, dispongo di almeno 4 tessere oltre che ricevere diverse newsletter. Detto ciò ritengo corretto fare pagare 1 centesimo i sacchetti per responsabilizzare le persone. Il suo discorso sull’uso generalizzato di sacchetti e contenitori biodegradabili ha comunque una sua validità. Potrebbe essere il prossimo passo. In Inghilterra si va verso questa direzione
Qualche esperto in queste problematiche potrebbe spiegarmi una cosa: il negozio e’ in diritto di non accettare i sacchetti che eventualmente io portassi da casa perche’ POTREBBERO essere fonte di contaminazioni, e fin qua tutto fila
Ma per quale motivo i sacchetti del negozio NON POTREBBERO divenire fonte di contaminazione?
Se a metterli sullo scaffale e’ un inserviente che ha appena fatto pipi’ (e magari c’ha qualche malattia) cosa e’ esattamente che impedirebbe a germi/batteri/sporcizia di contaminare i sacchetti del negozio?
Faccio un esempio piu’ realistico, il rotolo di sacchetti cade per terra, e magari ci resta pure per qualche mezzora, poi arriva un solerte commesso che lo rimette in posizione, questo esempio e’ perfettamente verosimile possa succedere
Qual’e’ la differenza tra i miei -vietati- e i loro -concessi- ?
La questione va posta in un altro modo. L’addetto al negozio deve rispettare certe regole e a volte come dice lei ci potrebbero essere delle criticità. Gli avventori del negozio sono migliaia e anche loro dovrebbero rispettare certe regole. In questo caso però le potenziali criticità sono decisamente maggiori e incontrollabili.
Dottor La Pira, io ho grande stima di Lei, però mi pare che difenda l’indifendibile. Non tanto sui sacchetti monouso che forse non conviene portarsi da casa, ma sul discorso della contaminazione batterica e su quello giuridico. I supermercati alimentari vedono ogni tipo di persona. Magari non fanno entrare i cani, ma i padroni spesso hanno sui vestiti i peli degli animali, e li hanno accarezzati fino a un momento prima. Attraverso le scarpe e i vestiti, ma anche attraverso il respiro, l’ambiente viene inondato di batteri. Spesso capita che i guanti manchino, per troppo affollamento o disattenzione degli addetti e la gente tocca i prodotti con le mani, li tasta, li prende e li lascia. I prodotti ortofrutticoli sono esposti all’aria aperta. Io uso spesso borsoni riutilizzabili per la spesa insacchettata o confezionata e quindi risparmio molti sacchetti da spesa, che peraltro ora sono molto fragili. Queste borse le tengo a casa o in macchina, entrambi luoghi non asettici. Le uso anche in altri modi, poiché sono robuste e capienti, per esempio per portare i vestiti in lavanderia. Ovviamente le porto al supermercato.
C’è poi il discorso giuridico, fatto da un altro lettore. Insomma questa legge è un gran pasticcio. Quello che non capisco è perché si tratta allo stesso modo la plastica comune e quella compostabile. Mi sembra un controsenso.
Per quanto riguarda le buste portate da casa per l’ortofrutta la invito a leggere i nostri articoli con l’intervista al microbiologo alimentare
http://www.ilfattoalimentare.it/sacchetti-biodegradabili-ortofrutta-igiene-supermercato-frutta-verdura.html
http://www.ilfattoalimentare.it/sacchetti-supermercato-igiene-paparella.html
Scusi dott. La Pira, non è che voglia fare polemica ma lei dovrebbe, cortesemente, spiegarmi il senso di questa sua frase: “Detto ciò ritengo corretto fare pagare 1 centesimo i sacchetti per responsabilizzare le persone.”
La sua affermazione sarebbe corretta SE (e solo se) io potessi fare a meno di utilizzare i sacchetti ma, se sono obbligato a farlo, cosa cavolo posso venire responsabilizzato? Me lo spieghi perchè io, e molte altre persone, non riusciamo proprio a capirlo! I sacchetti da casa NON li posso portare e NON posso etichettare la frutta singolarmente (a parte l’impossibilità per alcuni prodotti), inoltre NON posso usare lo stesso sacchetto per varietà di frutta diverse e allora? Dove sta la MIA responsabilizzazione? Sta solo nel non fare acquisti di frutta e verdura, solo in questo modo posso evitare di usare un milligrammo di plastica, tra l’altro biodegradabile, oppure acquistare frutta e verdura preconfezionata con contenitori di plastica assolutamente NON biodegradabili. Mi permetta anche di dire una ultima cosa… lei ed altri giustificano la cosa dicendo che i sacchetti biodegradabili possono essere utilizzati per conferire l’umido ma, a parte il problema dell’etichetta NON biodegradabile, dalle mie parti (capoluogo di regione) da anni è possibile utilizzare i sacchetti della frutta e verdura per conferire l’umido! Cordiali saluti
Il discorso è semplice se la gente paga qualcosa ( anche poco) dà un valore maggiore all’oggetto e quindi lo usa in modo più responsabile. Ho già fatto l’esempio delle borse distribuite una volta gratuitamente alle casse. I sacchetti sono tra i principali responsabili dell’inquinamento marino e queste scelte servono a limitarne l’acquisto e a spronare un uso più corretto. Il problema dell’etichetta non biodegradabile si risolve facilmente usando l’accortezza di metterla sul manico e poi togliendola con una forbice. Tutto ciò in attesa che le altre catene di supermercati adottino le nuove etichette del prezzo. Non vorrei avere capito male ma da lei si usano i sacchetti non biodegradabili per la raccolta dell’umido!
Parliamo tanto di questioni igieniche e di livelli di contaminazione della frutta e verdura sfusa, che sembra non siano ancora ben definiti scientificamente. Ma allora perché non ricordiamo anche che uno studio ha accertato cheil carrello della sesa e sopratutto la maniglia del carrello che spingiamo quando facciamo la spesa è una fonte certa di contaminazioni microbiche, per giunta molte elevate, per cui viene suggerito che una volta arrivati a casa prima di svuotare la nostra spesa, comunque trasportata, nel frigo, è opportuno, anzi consigliatissimo lavarsi bene le mani e togliere dagli involucri le merci sopratutto frutta e verdura.
Ma l’abitudine di lavare le mani spesso – e comunque sempre quando si rientra a casa – è necessario. I microbi sono dappertutto
Quello che disturba è, come sempre, la sensazione di essere presi in giro. Tutta questa battaglia anti-contaminazione! Ma stiamo parlando di frutta e verdura, che come minimo va ben lavata, sbucciata o addirittura cotta! Ma pensiamo che la filiera sia sterile? Per fortuna, frutta e verdura non nascono ancora in laboratorio, in atmosfera sterile, ma se tutto va bene vengono dalla terra e sarebbe bello se il concime fosse naturale. Millenni di evoluzione ci hanno permesso di sopportare la non-sterilità assoluta del Pianeta, resta comunque il fatto che non si consumano frutta e verdura senza averle, almeno, ben lavate!
Poi, la sensibilizzazione dei cittadini: sempre a loro spese. Mai sentito parlare, che so, di vuoto a rendere? E, ad es., perché non incentivare l’uso di detersivi “alla spina” anziché nei contenitori di plastica spessa? Beh, certo, è più facile una legge pastrocchio che da un giorno all’altro fa pagare i sacchetti. I “bravi” si lavano la coscienza con pochi centesimi, i “cattivi” mugugnano ma non possono che pagare ugualmente.
Non c’è educazione ambientale con l’usa-e-getta, per quanto biodegradabile sia, questa è sempre l’idea di spreco all’infinito.