Un’iniziativa del governo inglese intende ridurre l’apporto giornaliero di calorie. Nel Regno Unito, come abbiamo visto in diverse occasioni, diete squilibrate e stili di vita poco salutari sono un problema più serio che altrove [1]. L’Amministrazione sanitaria e gli operatori privati hanno già sperimentato diversi approcci, dai semafori in etichetta agli incentivi economici a chi riesca a ridurre il BMI (Body Mass Index, l’Indice di Massa Corporea) in eccesso, ma senza apprezzabili risultati. L’ultimo tentativo è il Responsibility Deal, una dieta drastica sui prodotti alimentari, cioè una diffusa riformulazione delle loro ricette in chiave salutistica. Meno grassi, grassi saturi, sale e zucchero, con l’obiettivo di eliminare 5 miliardi di kcal dai consumi quotidiani dell’intera popolazione.

 

L’iniziativa si inserisce nel quadro generale del Public Health Responsibility Deal [2], il programma sviluppato dal governo britannico per affrontare il problema dei crescenti tassi di obesità e sovrappeso. Con il supporto e la sinergia di tutti gli enti pubblici e privati che decidano di aderire a questa battaglia con la bilancia. Perché la riduzione del giro-vita, è chiaro a tutti ormai, non è questione di estetica o di taglia dei vestiti ma di sanità pubblica e costi vertiginosi.

 

Il 26 marzo il Segretario alla salute Andrew Lansley ha annunciato l’avvio delle operazioni. Aderiscono le quattro principali catene della grande distribuzione (Tesco, Asda, Sainsbury’s, Morrison), che da sole detengono una quota di mercato appena inferiore al 75%, oltre ad alcuni gruppi industriali (tra cui Unilever, Nestle, Mars, PepsiCo, Premier Foods).

 

Il primo passo sarà la misurazione delle vendite di alimenti e bevande, su base quotidiana, non in termini di fatturato o di volumi bensì di apporti calorici complessivi. Un’analisi inimmaginabile sino a pochi anni fa, resa ora possibile sia dall’ampia diffusione in UK della tabella nutrizionale sulle etichette, sia dalle tecnologie e i software che registrano i flussi materiali.

 

Una volta misurati i consumi attuali di calorie nel Regno, gli operatori procederanno alla progressiva variazione dell’offerta. Nel senso di ridurre gli apporti energetici dei prodotti a scaffale. Un pragmatismo che ricorda l’epopea della lady di ferro, se non anche la letteratura di George Orwell. Il Segretario alla salute è schietto: “l’apporto di calorie in quantità davvero eccessive è al centro del problema nazionale sull’obesità. Questo impegno è solo l’inizio” – prosegue Mr. Lansley –  “di quello che dovrà essere un più significativo ed esteso impegno dell’industria alimentare. È un buon passo avanti nella giusta direzione e aiuterà milioni di noi a ridurre gli apporti energetici da alimenti e bevande.”

 

Il commento di BRC (British Retail Consortium), l’ente che rappresenta la distribuzione organizzata in Gran Bretagna, è altrettanto pragmatico: il Responsibility Deal è un’apprezzabile alternativa rispetto a misure legislative di politica alimentare. Misure potenzialmente più restrittive, in quanto obbligatorie o magari penalizzanti, come le tasse su determinati alimenti [3].

 

Sarà necessario verificare nel tempo i risultati di queste iniziative congiunte, per garantire che esse procedano nella giusta direzione Non sarebbe una brutta idea investire sull’educazione dei consumatori e sull’importanza dell’attività fisica e del movimento, come sta facendo al di là dell’Atlantico l’Amministrazione Obama con i progetti My plate, e Let’s Move [4].

 

Dario Dongo

Foto: Photos.com

 

Precedenti articoli del Ilfattoalimentare.it su alcuni dei temi trattati:

[1]

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[2]

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[3]

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[4]

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