Il servizio in prima pagina di Paolo Berizzi su la Repubblica di domenica 22 gennaio 2012 sul pane romeno low cost cotto con bare e copertoni di auto non è un buon esempio di giornalismo e non fornisce corrette informazioni ai consumatori. Il pezzo cerca di demonizzare senza prove un prodotto importato da un paese Ue, la cui colpa è di chiamarsi Romania e di essere venduto senza riportare sull’etichetta l’origine (la legge europea non prevede l’obbligo di indicare l’origine per la maggior parte degli alimenti).
Il giornale sostiene che il pane in Romania si fa in stabilimenti ultra moderni e finanziati dall’UE. Ne cita uno costato 14 milioni di euro che produce 1.250 kg di pane semilavorato all’ora, che poi viene surgelato ed esportato, per poi essere rinvenuto nei forni situati all’interno dei supermercati italiani. Si tratta di un processo industriale assolutamente identico a quello seguito negli stabilimenti italiani che producono per catene di supermercati pane semilavorato parzialmente precotto, da rinvenire nei forni e vendere ai clienti.
L’autore lascia intendere che in Romania ci sono anche forni a gestione familiare alimentati con scarti di bare, di pneumatici e con legna di dubbia provenienza “ispirandosi a certe abitudini camorristiche della Campania”. La questione delle bare e dei pneumatici viene anche rilanciata nel titolo e in prima pagina. Berizzi lascia intendere che in Italia arriva sia il pane dei forni moderni, sia quello dei forni a gestione familiare che usano bare e pneumatici. Il prezzo è stracciato (0,6-1,0 €/kg) e questo pane viene venduto nei supermercati, nelle mense e in altre comunità.
Premesso che molti supermercati riportano sui sacchetti di pane precotto l’indicazione dello stabilimento di produzione, c’è un piccolo particolare che sfugge al giornalista. I forni industriali non sono alimentati a legna. Forse Berizzi pensa che in Romania il pane destinato all’export si prepara in forni simili a quelli delle pizzerie! L’idea è affascinante, ma un po’ fuori dal tempo, oggi si usa l’elettricità, il metano e altri combustibili derivati dal petrolio. L’articolo assomiglia più alla sceneggiatura di un film horror e non fa certo bella figura sulla prima pagina del quotidiano la Repubblica.
Per la cronaca l’Italia importa il 50% circa del grano tenero dall’estero perché la produzione nazionale e insufficiente. Questo vuol dire che una parte considerevole del pane, dei crackers, dei grissini e delle merendine che compriamo è fatto con farine o con miscele di farine di altri Pesi. Una parte considerevole di questa materia prima arriva proprio da Ungheria, Cecoslovacchia e Romania.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Basta con la xenofobia alimentare, dopo il mito del pomodoro cinese è giunto quello del pane cotto con le bare (di cui tra l’altro qualche precedente sicuro lo si ricorda in Campania). Vogliamo ricordarci che l’Italia è un Paese di produttori e non solo di coltivatori, e proviamo a metterci il cuore in pace sulla sicurezza degli alimenti commercializzati nel Mercato Interno?
L’Italia si scorda il fatto che il 20% del terreno coltivabile romeno e di proprietari italiani, che non fanno altro che esportare in Italia quello che producono in Romania.
Berizzi colpisce ancora!!!
Dopo aver avallato le fesserie di Coldiretti sull’olio scrive sul pane senza sapere nemmeno come si lavora, mi aspetto a breve una puntata sul vino e sul sugo di pomodoro in modo da chiudere il cerchio con i prodotti made in Italy. Sono un Agronomo e se volete vi posso procurare autentiche schifezze 100 % italiane e a Km 0. Il discrimine è la serietà degli operatori, ed aggiungo anche di chi fa informazione. Sono consulente di un’industria di surgelati, importano dalla Cina alcuni componenti per i minestroni, nei contratti di fornitura sono stabiliti i parametri qualitativi, all’arrivo si controllano il loro rispetto e poi si paga, così funziona il mondo, avvertite Berizzi!
Questo vale anche per i forni napoletani. Quanti milioni di bare ci sono da bruciare? Anche qui i forni vanno a elettricità o a metano. I luoghi comuni colpiscono sempre gli stessi.
Al di la del fatto che anche cuociamo il pane con il gas meteno o elettricità non vanno a contatto del prodotto.
Credo sia un problema eventualmente di inquinamento.
permettetemi di fare un appunto….l’Italia importa il grano anche dall’ AUSTRALIA arrivando al porto di BARi dopo 3 mesi di navigazione. L’assurdo è che il nostro grano non viene venduto per una questione di prezzo, non è vero che non basta….Importiamo forse le arance dalla Tunisia e dalla Spagna perchè quelle siciliane, calabresi ecc. non bastano?
Berlizzi con tutto il rispetto
la sicurezza alimentare non è iil suo forte . Cerchi di trovare fonti attendibili ,rispetto ad organi di controllo con scarsa conoscenza sia dei processi di produzione e che della legislazione settoriale .
Troppo Facile fare terrorismo e sparare cazzate .
Ma non capisco perché prendersela tanto con questo giornalista, che sicuramente prima di pubblicare avrà verificato le sue fonti. Perché non può essere possibile che parte del pane importato non sia di buona qualità ?
Si accusa di menzogna qualcuno, senza però essere andati, fatti alla mano, a controllare la veridicità delle cose dette.
E se fosse vero quello che Repubblica ha riportato? Iniziereste a prendervela con Roberto La Pira per aver detto una cretinata? Mah, si critica un giornalismo, che si presumo privo di fonti, con altro giornalismo uguale!
@ Vincenzo. Proprio qui casca l’asino ossia Berizzi. Le sue notizie sono assolutamente prive di ogni fondamento . Sull’olio ad esempio ha scritto che quello spagnolo costa 50 centesimi mentre quello tunisino costa 25 centesimi. Basta vedere i dati ufficiali su tutti i siti , compresi quelli dell’unaprol per verificarlo. Mi spiace dirtelo Vincenzo ma quello di Berizzi non e’ giornalismo ma sensazionalismo romanzesco. Il problema serio e’ che l’ordine dei giornalisti nulla fa.
Ho un panificio da tre generazioni siamo in26 persone che ci lavorano io accetto tutta la concorrenza ma voglio che tutti rispettino le norme ulss come faccio io anche se a volte sono assurde