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Gli italiani vogliono mangiare meglio? Dall’analisi Nielsen sembrerebbe di sì

Gli italiani vogliono mangiare in modo sano, e chiedono alle aziende alimentari maggiori informazioni e chiarezza. Sono i primi dati che emergono dall’Indagine Nielsen su Alimentazione e salute (Global Health and Ingredient Sentiment) che ha coinvolto 30.000 individui di 61 paesi tra cui l’Italia. Il 67% della popolazione – due italiani su tre – si preoccupa degli additivi contenuti nei cibi, il 55% vorrebbe trovare in commercio prodotti totalmente naturali. Oltre il 70% afferma di voler conoscere l’esatta composizione del cibo e preferisce le aziende che informano in modo chiaro e corretto sugli ingredienti e sui processi di lavorazione utilizzati.

Gli esperti Nielsen definiscono” back to basics” (ritorno alla base) l’attenzione maggiore evidenziata verso il cibo considerato più genuino. Il 66% degli intervistati dichiara di non assumere prodotti animali contenenti antibiotici o ormoni, il 65% evita i conservanti artificiali, il 62% i coloranti e il 60% gli organismi geneticamente modificati. Per quanto riguarda l’Italia  un cittadino su cinque vorrebbe che fossero disponibili sul mercato più alimenti a base di proteine vegetali per sostituire i piatti a base di carne. Si tratta di percentuali molto alte, che difficilmente si potranno tradurre in breve tempo  in comportamenti di acquisto, ma indicano una propensione da  seguire con attenzione:.Il 53% degli intervistati si dice disposto a spendere di più per acquistare alimenti più salutari, mentre  il 37% è disposto a sacrificare il gusto per tutelare la salute.

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Antibiotici e ormoni in prima fila tra gli ingredienti da evitare

Secondo l’indagine mostra il cibo è sempre più visto come uno strumento per prevenire fattori di rischio, quali ipercolesterolemia, ipertensione obesità e diabete. Un fenomeno dovuto, secondo l’amministratore delegato di Nielsen Italia Giovanni Fantasia, “all’aumento del numero di consumatori informati, ma anche al progressivo invecchiamento della popolazione”, e di conseguenza delle patologie croniche legate allo stile di vita. Si spiega così l’aumento delle vendite per gli alimenti percepiti come salutari: integratori, ma anche cibi integrali a base di soia, e alimenti senza sale, glutine o lattosio. La sensazione è che accanto alla legittima ricerca di un’alimentazione genuina ed equilibrata si affermi la tendenza a demonizzare alcuni alimenti, tendenza che le industrie sfruttano mettendo in commercio prodotti presentati come “scorciatoie” per seguire una dieta sana, ma senza rinunce. Secondo quando emerge dall’indagine, quasi due italiani su cinque riducono i consumi di grassi e carboidrati, mentre la tendenza a diminuire la quantità di zucchero è più contenuta rispetto alla media europea (9% rispetto al 22%). Un fenomeno al quale corrisponde una crescente richiesta di alimenti “senza”, secondo una tendenza che Nielsen definisce “less is more”. Il 42 % degli italiani richiede alimenti con pochi grassi o senza grassi, il 31% senza zucchero il 25% senza sale. E si tratta di un fenomeno in espansione visto che, secondo Fantasia “oggi solo il 45 % dei consumatori ritiene che i propri bisogni siano soddisfatti dall’offerta”. Ancora più preoccupante è il fatto che oggi i consumatori non si limitano a cercare alimenti genericamente più salutari ma tendono a escluderne alcuni, spesso sulla base di autodiagnosi. Dall’indagine risulta che oltre il 23 % degli intervistati (contro il 36% del campione globale) ritiene di essere allergico o intollerante a uno o più alimenti, in particolare al lattosio (8%) e al glutine (5%), dichiarando percentuali superiori a quelle riconosciute dalle autorità sanitarie.

schermata-2016-09-07-alle-09-26-34Interessante è poi il dato che si riferisce ai pasti consumati fuori casa: è vero che due italiani su tre – il 66% del campione – considerano il cibo casalingo più sano e genuino rispetto a quello consumato fuori, ma la media europea sfiora il 78%. Una differenza forse dovuta a scelte diverse: per gli italiani “mangiar fuori” significa andare al ristorante (44% contro una media europea del 31%) o al bar, mentre i fast food sono decisamente meno frequentati (36% rispetto a una media europea del 49%.)

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dany
dany
17 Settembre 2016 02:54

Si deve tornaread investire sull’informazione e l’educazione giovanile.
Quella piu esposta

Patrizia Vitale
Patrizia Vitale
20 Settembre 2016 19:09

L’educazione alimentare come quella civica sarebbero da rimettere tra le materie di studio fondamentali altrimenti prepareremo i malati di domani.
Un ringraziamento ed u saluto cordiale.

ezio
ezio
25 Settembre 2016 11:22

Perché rammaricarsi, visto che la prevenzione è sempre stata la cenerentola di tutte le attività umane, siamo e saremo sempre in balia delle ultime mode e tendenze guidate da risposte istintive.
Ma in fondo resta la questione insoluta, poco popolare e pochissimo redditizia della prevenzione.

Costante
Costante
25 Settembre 2016 19:32

Sarebbe bene stilare per le scuole e linee guida educative per una sana ed equilibrata alimentazione, magari stilata da un pool di nutrizionisti, al di sopra di orientamenti ideologici o di parte, sotto l’egida del ministero della salute e dell’ISS, altrimenti a furia di esaltare i “senza”..,soprattutto tramite i media che non aspettano altro che annunci eclatanti per riprodurli in forma fuorviante, si indurranno i consumatori in confusione e comportamenti alimentari SENZA SENSO con danni enormi che già si cominciano a vedere