Un approfondimento per capire come sta evolvendo la cucina casalinga degli italiani, nell’articolo di Giovanni Ballarini su Georgofili.info, notiziario di informazione a cura dell’Accademia dei Georgofili.

In Italia ristoranti, tavole calde, osterie, trattorie, paninoteche sono sempre affollate, iniziando dai bar nei quali la mattina circa i due terzi degli italiani sostituiscono il caffelatte casalingo con cappuccio e brioche. Le città italiane sono piene di rider che portano il pranzo o la cena ai sempre più numerosi single e alle famiglie, mentre i supermercati hanno banchi pieni di piatti pronti per l’uso e che basta scaldare. Aumentano gli italiani che a casa non cucinano e consumano fuori casa almeno un pasto al giorno mentre i tradizionali ricettari sono sostituiti da internet. Le applicazioni su smartphone permettono di conoscere una ricetta, ordinare un piatto e in rapide mosse comporre un menu che spesso solo nel nome ricorda quello della nonna o della mamma, quando non si ricorre all’Intelligenza Artificiale di ChatGPT con il quale dialogare su una ricetta.

Gli italiani in cucina

La produzione di sughi pronti, pizze surgelate, zuppe e altri alimenti già cucinati è in continua ascesa e in diminuzione è il tempo che gli italiani occupano in cucina, circa un’ora tra colazione, pranzo e cena. Comunque più del doppio rispetto ai ventitré minuti degli americani. Insomma in Italia si cucina sempre meno, mentre la passione per il cibo si sposta sulla cucina virtuale dei programmi televisivi, in una rivoluzione alimentare iniziata dai giovani che sta lentamente contagiando anche i più maturi. Un fenomeno molto complesso questo ora tratteggiato che ha importanti riflessi su tutta la catena alimentare, dalla produzione degli alimenti agli sprechi e rifiuti e che consente alcune riflessioni.

La catena alimentare

Una prima considerazione riguarda il fenomeno di una preparazione del cibo non più in casa, ma in un nuovo, precedente anello della catena alimentare. Un fenomeno non nuovo e iniziato nel XIX secolo quando nella casa, soprattutto contadina, dal campo, vigna, porcile arrivava frumento, uva, maiale dai quali e secondo tradizioni locali si ottenevano pane e pasta, vino e salumi, che nel XX secolo sono invece prodotti dai fornai, nelle cantine e nei salumifici, con non diversi, indubbi vantaggi anche qualitativi.

Famiglia che si gode il pasto intorno al tavolo di casa insieme pranzo cena
Aumentano gli italiani che a casa non cucinano e consumano fuori casa almeno un pasto al giorno

Ora fuori della casa e della famiglia si preparano cibi pronti a essere mangiati spezzando millenari e tradizionali legami con le stagioni e soprattutto con il territorio per cui oggi in Italia le cucine regionali sono quasi scomparse, pur mantenendosi alcuni alimenti destagionalizzati e delocalizzati diventati indicatori di una cucina italiana. Tra questi ultimi, la Pizza da cibo regionale è divenuto un piatto nazionale assumendo oltre trenta forme, il Prosecco da vino locale imperversa in tutti gli apericena della penisola, il Pesto un tempo ottenuto dalle foglie di basilico del vaso o del piccolo orto ligure è un nuovo condimento industriale che unifica la pasta italiana. E tanti altri esempi si potrebbero citare.

Contaminazioni lente e veloci

Se il cibo preparato fuori casa ha portato al passaggio dalle cucine regionali a una cucina nazionale, al tempo stesso favorisce le innovazioni e soprattutto le contaminazioni con altre cucine. Anche queste non sono una novità, perché tutte le cucine regionali italiane erano diverse in quanto frutto di differenti contaminazioni con cucine arabe, spagnole, francesi, austro-ungariche, ebraiche, mentre oggi a queste si aggiungono cucine di paesi sempre e più lontani raggiungendo gli estremi dell’Asia e le cucine dei paesi australi e dell’oceano Pacifico.

Nel passato i lenti tempi hanno permesso d’incorporare le contaminazioni e le novità nelle identitarie cucine regionali per cui il mais americano è stato accolto tra le pultes di antica romana memoria e trasformato in polenta, la patata in gnocchi, il pomodoro in sugo per la pasta. Invece oggi, nei rapidissimi e tumultuosi tempi moderni le contaminazioni alimentari non portano a incorporazioni, ma a sostituzioni e quindi a scomparsa di lunghe se non millenarie tradizioni alimentari.

La cena come elemento aggregativo

Un’alimentazione con cibi preparati porta alla perdita di conoscenze sulle loro caratteristiche che non possono essere sostituite da etichette o tabelle. Inoltre il mangiare fuori casa, quasi sempre in gruppi omogenei per età, contribuisce a una disgregazione del sistema famiglia e soprattutto all’interruzione del dialogo tra le generazioni sul quale si basava un legame sociale oggi in crisi e che travaglia la nostra società.
Solo la nostra specie fa cucina trasformando il cibo da alimento a cultura e identità. Fare cucina non è quindi una perdita di tempo, ma un indispensabile elemento sociale che oggi vediamo in una crisi tanto più pericolosa quanto più ignorata.

© Riproduzione riservata Foto: AdobeStock, Depositphotos

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luigiR
luigiR
30 Aprile 2024 14:24

è purtroppo vero ciò che il Ballarini descrive. tra le nuove generazioni si affievolisce sempre più la voglia di impiegare il proprio tempo in cucina a preparare pietanze. in questo modo ci avviciniamo velocemente alle abitudini nordamericane, ormai radicate tra loro, di consumare pasti provenienti dalle catene ristorative e/o industriali, spalancando le porte (o meglio le bocche) anche al cibo spazzatura, con conseguenze negative per la propria salute (e con buona pace dei nostri ministeri, che non si curano di queste dinamiche sociali).

Anna
Anna
Reply to  luigiR
2 Maggio 2024 12:52

Mentre sono d’accordo che il cibo pronto è spesso processato e quindi ha peggiori proprietà nutritive, l’articolo non delucida la ragione per cui si ricorre al cibo pronto. Oggigiorno ci vogliono due redditi pieni per pagare il costo di vita di una famiglia (o un reddito di un tempo pieno per una persona) e quindi c’è meno tempo da dedicare a fare la spesa e preparare un pasto. Non si può solo parlare di convenienza bensì di necessità di fare economia col tempo. Bisogna anche notare il divario del tempo che dedicano le donne al lavoro non retribuito in casa rispetto alle ore che gli uomini dedicano a questi lavori.
Un’altra cosa: “sostituire” (non mi piace la parola per la ovvia somiglianza con la teoria della grande sostituzione) dei pasti tradizionali con quelli di altri paesi non è una cosa negativa di per sé. Cosa c’è di male se mangio un piatto di couscous o un riso con del tofu? Ampliare gli orizzonti culinari non fa male agli italiani. Ovviamente se si mangiano cibi altamente processati con cattive proprietà nutritive non può essere positivo.

Fabrizio Manca
Fabrizio Manca
14 Maggio 2024 08:24

Interessanti osservazioni che condivido, io amo cucinare avendo tempo grazie a Dio.
Tuttavia non mi piacciono le due foto che illustrano famiglie non certamente italiane, la prima con una zucca in cucina che da noi praticamente non compare mai e la seconda con un bollitore sui fornelli per il tè e cucina con mattoni a vista. Queste foto non rispecchiano il titolo. Fabrizio, Genova

giova
giova
Reply to  Fabrizio Manca
16 Maggio 2024 12:12

Accompagnare il contenuto con delle immagini che rimandano a un significato opposto – quando la contradditorietà è palese, come in questo articolo – ne rafforza il contenuto; “giocando” proprio sulla contradditorietà.

Valeria Nardi
Reply to  Fabrizio Manca
16 Maggio 2024 12:43

Gentilissimo, nel 2024 ci sono anche italiani e intere famiglie di italiani che non hanno i tratti somatici caucasici o “mediterranei”. Inoltre è una scelta fortemente voluta della redazione scegliere delle immagine inclusive, quando le riusciamo a trovare sulle piattaforme di immagini. La zucca, seppur arrivata dall’America insieme a pomodori, patate, mais e peperoncini…. è diventata un alimento molto usato nella cucina italiana, tanto che quella Mantovana è addirittura un PAT, prodotto agroalimentare tradizionale della Regione Lombardia. Riguardo al bollitore, non so che dire. ci sono persone che l’hanno sempre usata e altre no, come la maggior parte degli utensili in cucina.

Giovanna
Giovanna
14 Maggio 2024 10:07

Trovo di una tristezza infinita l’ immagine dell’ umanita’ che esce da queste poche chiare pennellate di un mondo senza piu’ identita’ personale, familiare, sociale, locale, culturale e materiale….temo per le mie splendide nipotine gemelle e per tutti i bambini attuali dell’ eta’ scolare, temo per i loro ricordi, la loro identita’ , il loro essere unici in mezzo a tanti altri individui unici, condannati invece ad essere tutti uguali e quindi nessuno di loro portatore di cultura, di storia, di tradizioni e di memoria.
Temo per il loro futuro che purtroppo, già si vede, sara’ troppo diverso e lontano dal nostro passato.
Un futuro voluto fortemente da un sistema che vuole solo consumatori, molti consumatori sempre più distratti, senza alcuna pretesa, senza alcuna conoscenza, senza storia e senza speranza, purche’ consumino qualunque cosa a qualunque costo mentre una reminiscenza della loro infanzia li fara’ disperatamente rincorrere un anelito di tempo, un attimo di quell’ eternita’ perduta per sempre, perduta senza quasi averla conosciuta.

Sonia
Sonia
14 Maggio 2024 11:28

Ringrazio per l’interessante “fotografia” tristemente attuale, mi permetto di dire che, ben vengano le influenze più o meno esotiche, fintantoché ci consentono di variare le scelte e di sperimentare nuovi piatti o metodi di preparazione. Tutto ciò che favorisca la curiosità, la fantasia e la voglia di mettersi in gioco con la preparazione in cucina. A volte ciò che blocca sono le aspettative esagerate, grazie (anche) alla mia professione rilevo invece che vanno rieducate le persone a pensare e mangiare semplice, soprattutto tenendo conto delle variabili tempo e risorse economiche, cosa non da poco. Una cosa molto curiosa alla quale non ho ancora trovato una spiegazione: passiamo sempre meno tempo a cucinare, ma guardiamo un sacco di programmi e ricette, in TV e sui social media. Nei social è molto frequente trovare utenti che commentano le ricette, interagiscono, ma non le fanno. Sarà una sorta di compensazione? Mah

paolo
paolo
14 Maggio 2024 11:28

L’articolo non tocca il problema “dietetico”: i piatti pronti molto spesso contengono troppo sale, grassi, zuccheri semplici; la scelta della qualità delle materie prime è delegata al produttore; molto spesso leggendo gli ingredienti non capiamo di cosa si tratti e da dove provengano.

Anna
Anna
14 Maggio 2024 12:43

La pubblicità dei pre panati filemi e del pesto in barattolo non sono un po’ un controsenso in un articolo che evidenzia le problematiche di non cucinare più a casa?

Valeria Nardi
Reply to  Anna
14 Maggio 2024 12:54

Gentilissima, i nostri inserzionisti non possono intervenire sulla nostra linea editoriale e, a salvo di clamorosi messaggi non consentiti, noi non interveniamo sulle loro inserzioni.

giova
giova
Reply to  Anna
17 Maggio 2024 12:41

Basta un po’ di conoscenza alimentare, che tra i frequentatori di questo sito abbonda, per evitare la suggestione pubblicitaria (necessaria al finanziamento della piattaforma, credo, peraltro)

Valeria Nardi
Reply to  giova
17 Maggio 2024 12:49

Questa rivista si basa sulla pubblicità (così come i quotidiani, le riviste e la tv), ma lo fa dopo aver fatto firmare un contratto agli inserzionisti per cui non possono intervenire nella linea editoriale e devono rispettare la libertà e la professionalità della redazione. Purtroppo al momento non ci sono alternative agli inserzionisti. Il servizio ai lettori è gratuito, e non prevede un abbonamento. Sovvenzioni dallo Stato non ci sono. Le donazioni dai privati, anche se molto apprezzate non sono sufficienti.

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