Negli Stati Uniti, si prevede che nel 2016 le vendite di alimenti senza glutine raggiungeranno i 15,6 miliardi di dollari, il 48% in più rispetto al 2013. Negli USA i celiaci e gli intolleranti al glutine sono circa tre milioni e le diagnosi sono in continuo aumento. Tuttavia, sono sempre più i consumatori convinti che questa proteina, presente nel frumento e in altri cereali, sia dannosa per la salute, anche per chi non soffre di celiachia o d’intolleranza al glutine.
Circa l’11% delle famiglie americane segue una dieta senza glutine e il 25% degli americani ritiene che questa dieta sarebbe opportuna per tutti. Infatti, solo un quarto di coloro che vivono in famiglie dove si usano cibi senza glutine ritiene che la ragione sia dovuta principalmente alla celiachia. Tra le altre ragioni addotte dagli intervistati si parla di dieta che migliora la salute dell’apparato digerente ed elimina le tossine dal corpo. La metà delle persone che sceglie volontariamente prodotti gluten-free, alla fine torna alla dieta tradizionale, perché insoddisfatto del gusto degli alimenti.
La ragione principale di chi vorrebbe seguire una dieta senza glutine, ma non lo fa, è per i prezzi elevati. Lo rileva un’indagine condotta dalla società di ricerche di mercato NPD, i cui analisti suggeriscono di tenere presente queste motivazioni, per calibrare i messaggi rivolti ai consumatori, cercando di abbassare i listini e di migliorare il gusto.
Beniamino Bonardi
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Buongiorno dr. Bonardi.
Potrei chiederle di menzionare la fonte del dato relativo al valore del mercato USA nel 2013 (da Lei indicato come circa 7B$)?
Grazie
Attenzione ad avallare le “mode”: “senza glutine” è dannoso alla diversificazione dell’apporto proteico, come al portafoglio del consumatore. La celiachia va verificata con seri protocolli medici.
Lo stesso dicasi della “moda” “senza lattosio” in campo lattiero-caseario: a parte rarissimi casi clinici, le deficienze lattasiche non sono mai totali e spesso sono transitorie, e la lattasi ancora prodotta dai villi intestinali deve esser fatta lavorare, meglio quindi latte “a ridotto contenuto di lattosio” , e , dopo un po’ riprovare il latte normale . Il messaggio avalla invece la credenza che la deficienza sia un’allergia, il che è profondamente errato.
Quanto è imputabile alla selezione di grano per resa maggiore e aumento della componente proteica per l’industria alimentare?
E’ bene non confondere una moda all’insegna del salutismo con una esigenza dettata da oggettivi e documentabili motivi di salute, da una condizione terapeutica.
E’ bene tuttavia che i prezzi degli alimenti senza glutine possano essere riveduti nei costi, forse non del tutto giustificati.
Per non parlare poi di qualità, di packaging, ecc.