allevamenti maiali

Diversi studi lo confermano: i consumatori europei vogliono che gli animali da allevamento siano trattati meglio possibile, e che le confezioni rechino in etichetta informazioni specifiche. Secondo un sondaggio effettuato dall’organizzazione di consumatori europei BEUC, reso noto a inizio 2024, per esempio, oltre il 90% dei cittadini supporterebbe nuove leggi finalizzate a migliorare il benessere animale. E ora la Francia, attraverso la sua agenzia per la sicurezza alimentare ANSES, fa un passo in questa direzione, pubblicando le linee guida per una sorta di di Nutri-Score dedicato, con lettere dalla A alla E, e colori dal verde all’arancio.

Un’etichetta complessa

L’idea è quella di un’indicazione il più possibile completa, e cioè che non tenga conto, come accade ora nella maggior parte dei casi commerciali, solo del sistema di allevamento (con diciture che sottolineano: a terra, all’aria aperta e così via). In concreto, ciò significa valutare le situazioni nella loro complessità, attraverso 14 parametri in sei ambiti per le tre fasi fondamentali (allevamento, trasporto e macellazione) della vita degli animali. Il tutto alla luce di ciò che dicono gli studi scientifici, e avendo sempre presente la definizione di benessere data dalla stessa agenzia nel 2018: “Il benessere di un animale è lo stato mentale e fisico positivo legato alla soddisfazione dei suoi bisogni fisiologici e comportamentali, nonché delle sue aspettative. Questo stato varia a seconda della percezione che l’animale ha della situazione.”.

Le valutazioni sul benessere, inoltre, dovrebbero esser estese anche alle produzioni non destinate direttamente all’alimentazione come, per esempio, quelle a fini riproduttivi o quelle finalizzate al miglioramento delle razze, così come alle generazioni precedenti quella in esame, perché se c’è stato maltrattamento vi possono essere conseguenze sulle generazioni successive. Ogni fase della vita di un animale è caratterizzata da esigenze diverse.

La fase in cui si trova l’animale, a sua volta, è influenzata da fattori genetici, dalle condizioni di allevamento, ma anche dalle competenze specifiche degli allevatori nella gestione della crescita, nell’alimentazione, nel trasporto e nella macellazione. Infine, tutto dipende da ciò che viene fatto attivamente per mantenere o migliorare il benessere, e ridurre al minimo indispensabile le pratiche dolorose. Le variabili in gioco sono dunque numerose, e tutte importanti.

Bovini o mucche da latte mangiano fieno in un allevamento
Il benessere di un animale è lo stato mentale e fisico positivo legato alla soddisfazione dei suoi bisogni fisiologici e comportamentali, nonché delle sue aspettative.

Il rapporto con le leggi europee

Come ricorda il sito Food Navigator in un articolo dedicato alla proposta, qualora il Nutri-Score del benessere dovesse essere introdotto in Francia, ci sarebbero ricadute anche negli altri Paesi, già oggi obbligati a rispettare alcune norme comunitarie.

Inoltre, il punteggio ufficiale aiuterebbe gli allevatori a uniformarsi, avendo un quadro di riferimento chiaro. Chi decidesse di applicarlo offrirebbe qualcosa in più ai propri clienti, senza conflitti con le regole europee, già incluse. Per questo, un allevatore che rispettasse solo i requisiti europei, non andrebbe oltre la valutazione minima, ossia la E, mentre qualora non rendesse disponibili le informazioni sulle pratiche per tutelare il benessere animale, non potrebbe superare la C. Se invece aderisse a quanto previsto, potrebbe arrivare alla B, o alla A.

Il sistema anticipa quanto potrebbe succedere a Bruxelles. Anche se c’era stato un impegno a regolamentare il settore entro la fine del 2023, non se ne è fatto nulla, ed è quindi tutto rimandato alla prossima legislatura. Ma gli europei sarebbero ben contenti di avere un sistema unico: solo il 23% crede agli attuali claim, ma circa uno su due ne tiene conto, quando decide che cosa comprare.

polli allevamento avicolo
Qualora il Nutri-Score del benessere dovesse essere introdotto in Francia, ci sarebbero ricadute anche negli altri Paesi

I costi

Introdurre nuove pratiche e nuove etichettature, infine, avrebbe costi non trascurabili che, secondo l’ANSES, dovrebbero essere condivisi. Ancora secondo il sondaggio della BEUC, i consumatori europei pensano che non dovrebbero essere tutti a carico dei soli allevatori. Per il 73% dei mille intervistati in Belgio, Italia, Ungheria e Paesi Bassi, qualora fossero implementate regole più stringenti, le istituzioni comunitarie dovrebbero farsene carico e finanziare le modifiche necessarie. Inoltre, sette consumatori su dieci sarebbero disposti a pagare qualcosa in più, e una percentuale anche superiore vorrebbe che eventuali norme di questo tipo fossero applicate anche agli alimenti animali importati.

© Riproduzione riservata. Foto: Depositphotos.com

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Osvaldo F
Osvaldo F
13 Giugno 2024 16:46

A mio parere infilare questa cosa nelle etichette è inutile. La soluzione è solo normativa, politica. Semplicemente non è accettabile che quello che si vede in certi filmati di allevamenti, sia a norma di legge. Non è possibile poter tenere una scrofa in uno spazio sostanzialmente pari alla sua dimensione, dove non può praticamente muoversi. Stesso discorso per tanto sistemi di tanti altri animali.

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