La dieta senza glutine non fa dimagrire, ma neanche ingrassare. Uno studio su 600 prodotti mette le caratteristiche nutrizionali di gluten-free e convenzionale a confronto
La dieta senza glutine non fa dimagrire, ma neanche ingrassare. Uno studio su 600 prodotti mette le caratteristiche nutrizionali di gluten-free e convenzionale a confronto
Giulia Crepaldi 28 Novembre 2017La dieta senza glutine non fa dimagrire, ma non fa nemmeno ingrassare. A sfatare entrambi i miti ci ha pensato l’Associazione italiana celiachia che, nel corso di un convegno tenutosi a Genova il 3 novembre 2017, ha presentato i risultati di uno studio che ha confrontato le caratteristiche nutrizionali di 600 tra prodotti convenzionali e analoghi senza glutine. Ma andiamo con ordine per capire come sono nati i due miti opposti sull’alimentazione gluten-free.
Un’alimentazione priva di glutine è indispensabile per i celiaci. Tuttavia negli ultimi anni è cresciuto esponenzialmente il numero di persone che hanno intrapreso una dieta gluten-free senza una diagnosi di celiachia. Alcuni sono convinti di essere intolleranti al glutine, altri credono che questo regime alimentare sia più salutare. Vi è però anche chi sostiene che la dieta senza glutine faccia anche perdere peso, come le celebrità Victoria Beckham e Gwyneth Paltrow. Ovviamente, senza alcuna prova scientifica.
Sul fronte opposto, invece, c’è chi sostiene che la dieta senza glutine faccia ingrassare. In passato si era diffusa la notizia che i prodotti gluten-free fossero di qualità nutrizionale peggiore rispetto ai convenzionali, a causa di un maggiore contenuto di calorie, grassi e zuccheri e uno minore di proteine e fibre, e che per questo potessero portare a un aumento di peso. A diffondere la notizia è stato il Daily Mail, citando uno studio britannico.
Con lo studio dell’Aic, invece, si conferma che i prodotti senza glutine sono del tutto paragonabili a quelli convenzionali per caratteristiche nutrizionali. Per arrivare a questo risultato, sono stati selezionati 349 prodotti e 235 analoghi senza glutine, scelti tra le marche più diffuse. Le categorie di alimenti incluse nello studio comprendevano pane e sostituiti, biscotti e merendine, pasta e mix di farine. Le differenze nutrizionali rilevate tra senza glutine e convenzionale non sono significative. Anche la questione della carenza di proteine va ridimensionata. I prodotti senza glutine sono veramente meno proteici dei loro analoghi convenzionali, ma il fabbisogno quotidiano di proteine viene comunque soddisfatto dalle principali fonti di questi nutrienti (carne, pesce, uova, latte e latticini, legumi). Lo stesso discorso vale per la fibra.
“La forza dell’indagine – dichiara Susanna Neuhold, responsabile dello studio – sta soprattutto nei numeri: abbiamo analizzato poco meno di 600 prodotti, i risultati sono perciò solidi e devono tranquillizzare i pazienti. I cibi senza glutine possono comporre una dieta sana ed equilibrata, non mettono a rischio la salute generale per colpa di un apporto inadeguato di nutrienti poco salutari”. Insomma, per quanto riguarda i prodotti industriali, tra gluten-free e convenzionale le differenze nutrizionali sono veramente poche e facilmente compensabili all’interno di una dieta equilibrata. Perché è questo il messaggio da portare a casa: una dieta senza glutine ben bilanciata non fa dimagrire, né ingrassare.
(*) Note: tabelle di Clara Gasparri
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.
C’è da dire che la “moda” senza glutine ha senza dubbio favorito la diffusione di prodotti dei grandi marchi e contribuito ad un generale abbassamento dei prezzi dei produttori storici senza glutine, aumentando la possibilità di scelta ed il potere di acquisto dei celiaci (ed in questo senso bisognerebbe rivedere al ribasso la disciplina dei buoni). Tuttavia ho notato un generale peggioramento dell’offerta della ristorazione (in generale, quindi anche bar, pasticcerie ecc.) dove accanto ai sempre sicuri operatori certificati AIC si affiancano (non sempre, per carità!) soggetti improvvisati che non danno alcuna sicurezza o garanzia al celiaco; ad esempio sulla contaminazione, nonostante anche la normativa sull’utilizzo del claim “senza glutine” sia chiara, spesso alcuni nonostante dichiarino il piatto senza glutine sul menù o sulla lista degli allergeni poi precisano che lo è all’origine ma non garantiscono sulla contaminazione in cucina (successo personalmente, svariate volte, in posti diversi in città diverse). Direi quindi che la prossima frontiera è questa.
Per il resto bravo Il fatto alimentare e brava AIC, finalmente una presa di posizione seria in merito a questa “moda”.
All”attuale inaccettabile e falso discredito del più identitario dei prodotti nazionali, la PASTA , si aggiunge ben più grave, e su scala mondiale, una crescente riduzione della fiducia nel metodo scientifico di ricerca della verità. Argomentazioni spesso prive di alcun riscontro reale ma ricche di fascino di ciò che ci si vuol sentir dire dai preconcetti della post-verità attesa e di comodo sono rapidamente e viralmente diffusi da una Rete web incontrollata e carismatica.
E quindi ben poco importa se migliaia di lavori scientifici internazionali sottolineino da anni le grandi valenze nutrizionali, salutistiche e dietetiche della pasta, perché basta una star hollywoodiana per allarmare le coscienze del mondo sulla generale pericolosità della più antica proteina figlia della prima domesticazione delle piante selvatiche e progenitrice dell’agricoltura e quindi di ogni successivo progresso umano.
Il gluten-free è infatti ormai incontrollata moda mondiale, sebbene di nessuna valenza scientifica e utilità salutistica e nutrizionale se non per quell’1% sfortunatamente affetto veramente da celiachia, ma che invece si vuol furbescamente far crescere a dismisura per scopi meramente commerciali e ripiego su preparazioni alimentari sicuramente più elaborate e care, molto più remunerative per i finti benefattori.
Da questi presupposti non potevano che nascere ipotesi fantasiose come la più volte smentita maggior incidenza della celiachia dovuta alla diversa composizione glutinica delle moderne (quindi “cattive” a priori?) varietà, quando il miglioramento genetico ha invece da anni lavorato sulle glutenine, responsabili della qualità tecnologica dei frumenti, ma non sulle gliadine, principale causa accertata invece della grave sindrome autoimmune.
E anche le vecchie varietà, seppure nobilitate da un fascinoso quanto scorretto uso del termine “antico”, contenevano e contengono gliadine, a volte anche più delle moderne come dimostrato da lavori scientifici internazionali di recente pubblicazione.
Impensabile – MA STA SUCCEDENDO – che conoscenza illuminista e progresso (e benessere) dell’umanità possano tornare indietro. Non a caso qualcuno per definire questa epoca storica ha creato il neologismo di Cialtronevo.
Difficile contrastare le tendenze di massa.
Più utile e scientifico comprenderle e prevenirle in modo adeguato, ad esempio scoprendo l’impatto e la reale incidenza delle intolleranze, intese come difficoltà digestive e non reazioni immunitarie di natura allergica.
Lattosio docet.
Il commento “tra gluten-free e convenzionale le differenze nutrizionali sono veramente poche ” pare basato su confronto di contenuto di elementi nutritivi, cioè dal solo confronto delle % di proteine, grassi, carboidrati ecc.
Nulla si dice invece e si considera sul diverso indice glicemico degli alimenti senza glutine, in particolare di quelli presi in considerazione nello studio ovvero prodotti prettamente costituiti da carboidrati; nulla si prende in carico della capacità saziante di questi alimenti così come della resa in cottura ( 80g di pasta secca senza glutine non portano allo stesso volume di pasta nel piatto di 80 g di pasta secca con glutine, ad esempio). Qui sta la differenza!
Di fatto oggi si può certo osservare con soddisfazione che moderne tecnologie e competenze cresciute consentono ai prodotti senza glutine di avere proporzioni di nutrienti simili ai prodotti convenzionali, senza eccedere nell’uso di grassi concreti, di leganti e umettanti non troppo “buoni” (cellulose, gomme, gelificanti ed emulsionanti vari) sì da avere etichette abbastanza “pulite” dal punto di vista ingredientistico.
Senza entrare nel merito del commento, vorremmo sapere chi è “ancora io”, perché potremmo essere tutti, dandoci così la possibilità di rispondere direttamente al commento del commentatore e non a tutti. Grazie
Sono celiaca e, quindi, consumo prodotti gluten free, di conseguenza li conosco bene, anche perché sono forse tra le poche persone – non solo celiache – che prima di acquistare un prodotto legge attentamente l’elenco degli ingredienti e le informazioni nutrizionali. In virtù di ciò devo dire che lo studio promosso dall’Aic (che peraltro ha tutto l’interesse a conservare i suoi sponsor…) non mi convince affatto. I prodotti gluten free sono eccome più grassi e calorici! Si considerino, per es. i biscotti: quelli senza glutine sono praticamente tutti frollini, non c’è scelta! E se esistono biscotti secchi senza glutine, quei pochi – pochissimi – hanno comunque più grassi e additivi di quelli tradizionali.
E a proposito di additivi… Qui sta la vera nota dolente dei prodotti gluten free! Lo studio in questione non ne tiene minimamente conto, ma tali alimenti dietetici sono pieni zeppi di additivi chimici, persino la pasta, a cui alcune marche (peraltro le più note) aggiungono emulsionanti sintetici! Per non parlare dell’idrossipropilmetilcellulosa (il termine fa un po’ paura eh!?), presente quasi ovunque.
Ne deriva che la maggior parte dei prodotti gluten free sono oggettivamente meno salutari di quelli convenzionali, ed infatti sappiate che i nutrizionisti/dietologi più avvertiti consigliano ai celiaci di consumarne il meno possibile.
Quando un giorno sarà compiuto uno studio completo e veramente approfondito, che tenga conto anche degli additivi chimici e sia condotto da un ente al di sopra di ogni sospetto, allora ne riparleremo…
PS: se leggeste qualche forum o simile dedicato alla celiachia trovereste inoltre numerosissime testimonianze di persone celiache ingrassate da quando hanno iniziato la dieta e, quindi, il consumo degli alimenti gluten free. Io stessa, ahimé, sono ingrassata, pur non essendo una persona che mangia molto, anzi.
Un consiglio semplice, ma che può ridurre gli effetti collaterali della dieta dei celiaci, è quello di consumare più alimenti integrali che hanno un ridotto indice glicemico e possibilmente biologici.
Perché il disciplinare bio non ammette additivi chimici, ma solo qualche addensante di origine naturale e naturalmente bio.
Rispondere ad “ancora io” penso si possa, in ogni caso mi identifico. Saluti
Mi chiedo se l’aumento di peso riscontrato da qualcuno con una dieta gluten free non sia dovuto a un migliore stato di salute dell’intestino e quindi a un migliore assorbimento dei nutrienti nei soggetti celiaci
Tutto dipende da dove si mettono i kg in più, una volta superato lo stato di magrezza patologica.
Ma anche dai parametri metabolici più sensibili come glicemia, colesterolo e trigliceridi.