Antonio Caretto presidente ADI
Antonio Caretto, Presidente dell’ADI

Il Fatto Alimentare ha pubblicato un articolo in cui si è cercato di individuare quali sono le figure professionali in grado di dare garanzie  nell’ambito dietetico. Abbiamo focalizzato l’attenzione sul medico, sul medico dietologo, sul dietista e sui biologi nutrizionisti. Si è acceso un ampio dibattito soprattutto sul ruolo di queste ultime due figure professionali.

Per avere un quadro più chiaro ed esaustivo sull’argomento Antonio Pratesi ha intervistato il presidente dell’Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica (ADI) Antonio Caretto,  una delle società scientifiche più importanti nel campo della nutrizione in Italia che raggruppa al suo interno medici, biologi e dietisti.

frutta verdura
Il termine “nutrizionista” non è definito dalla legge

Domanda: il medico, specialista o meno, è l’unica figura che può diagnosticare una patologia e prescrivere una terapia. Anche la prescrizione di una dieta è a tutti gli effetti un atto terapeutico e quindi spetta sempre al medico. Il dietista è il professionista sanitario che elabora le diete nella persona  sana o malata previa prescrizione da parte del medico. Quale ruolo può ricoprire la nuova figura del biologo nutrizionista?

Lei ha ben definito le competenze del medico, ma la figura del biologo nutrizionista non  la deve stabilire l’ADI, ma la legislazione con precisa caratterizzazione dei settori applicativi lavorativi. Ad oggi il termine nutrizionista non è definito dalla legge e crea molta confusione nella popolazione che non conosce in effetti il corrispettivo ruolo professionale e soprattutto le sue competenze.

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Dal 2014 i laureati non medici, non sono più ammessi alla scuola di specializzazione in Scienza dell’Alimentazione

Domanda: i biologi nel momento in cui si laureano indipendentemente dal curriculum, si iscrivono all’ordine dopo l’esame di Stato (Albo – Sezione A) e si qualificano come “nutrizionisti”. Seguire dei corsi di dietetica post laurea (master o specializzazioni) è facoltativo. Il Ministero della Salute ritiene “che sia preferibile che il biologo per esercitare l’attività di nutrizionista in ambito privato, abbia conseguito il diploma di specializzazione universitaria in Scienza dell’alimentazione.” Ritiene che il percorso formativo sia adeguato?

Specifichiamo innanzitutto che i corsi post-laurea (master, corsi di aggiornamento o perfezionamento) non sono abilitanti ad alcuna professione. Anche il titolo che si consegue con la scuola di specializzazione in Scienza dell’alimentazione non è un’abilitazione professionale ma un diploma di “specialista in Scienza dell’alimentazione”. Gli specialisti in Scienza dell’Alimentazione nell’arco dei 4-5 anni della formazione acquisiscono conoscenze e abilità di alta qualificazione nel settore delle scienze di base, della prevenzione e della nutrizione in generale, con competenze differenziate per medici e non medici, come definito dal legislatore nel 2005 nel decreto di riassetto delle scuole di specializzazione (Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 258 del 5 novembre 2005, Serie generale, pag. 129-133). In precedenza il percorso formativo degli specializzandi medici e non medici era differenziato negli ultimi anni della scuola in modo da far acquisire ai medici approfondite competenze nell’ambito della nutrizione clinica (cioè diagnosi e cura delle patologie) e ai non medici (inclusi i biologi) competenze di alta qualificazione in particolare nel settore della prevenzione primaria.

Le conoscenze e le abilità degli specialisti in Scienza dell’alimentazione, sia medici che non medici, non sono quindi comparabili a quelle dei laureati che hanno frequentato altri corsi post-laurea. Dal 2014 i biologi, così come altri laureati non medici, non sono più ammessi alla scuola di specializzazione in Scienza dell’alimentazione.

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La prescrizione della dieta è un atto medico

Domanda: Secondo il Ministero della Salute: “è corretto ritenere che il biologo possa elaborare e determinare diete di soggetti sani, sia di soggetti cui è stata diagnosticata una patologia, solo previo accertamento delle condizioni fisio-patologiche effettuate dal medico chirurgo. Il biologo può autonomamente elaborare profili nutrizionali al fine di proporre alla persona che ne fa richiesta un miglioramento del proprio “benessere”, quale orientamento nutrizionale finalizzato al miglioramento dello stato di salute”. Quale è la posizione dell’ADI in proposito?

Cosa vuol dire “miglioramento del proprio benessere”? È ovvio che per migliorare lo stato di benessere di una persona bisogna averne valutato lo stato di salute, altrimenti non abbiamo la consapevolezza di cosa stiamo andando a migliorare. Quindi per migliorare il benessere di una persona è indispensabile innanzitutto una valutazione clinica del medico; nel caso di presenza di una patologia dopo la diagnosi vi è la conseguente prescrizione medica. La prescrizione della dieta è quindi un atto medico (e sul punto vi è anche un conforto giurisprudenziale), finalizzato a curare la persona con la sua peculiare patologia che può essere per esempio l’obesità o una malattia del metabolismo o un danno d’organo. È ovvio che la prescrizione medica va attuata con l’elaborazione e la compilazione della dieta. Senz’altro si può e si deve migliorare lo stato di benessere della popolazione in generale e della singola persona accertata sana con consigli indirizzanti ad una corretta alimentazione e stile di vita per migliorarne lo stato di salute in termini soprattutto di prevenzione. Cosa vuol dire fare una dieta ad un soggetto sano? Nelle strutture sanitarie assistenziali pubbliche e private, la persona, che si rivolge per una dieta, ha quasi sempre una patologia; un soggetto sano può chiedere consigli generici per una sana alimentazione, ma è la persona affetta da obesità o da qualsiasi altra patologia a richiedere un trattamento dietetico, che fa parte integrante della terapia medica di quella patologia. La risposta alla terapia dietetica va monitorata con rivalutazione delle condizioni cliniche da parte del medico con eventuale prescrizione di esami di laboratorio o strumentali. È evidente, quindi, che il biologo dovrebbe seguire il paziente in stretta collaborazione con il medico che rivaluta periodicamente il paziente.

ADI
Il corso di laurea di Medicina fornisce i prerequisiti per la prescrizione nutrizionale

Domanda: la vostra associazione ha ricevuto delle proteste da parte di diversi associati perché nel post de Il Fatto Alimentare si è scritto che spesso il medico non specialista ha una preparazione in dietetica inferiore a quella di figure professionali che studiano la dietetica in maniera approfondita quali il dietista o il biologo nutrizionista (specializzato in Scienza dell’alimentazione). Ritiene che il corso universitario in medicina (laurea) prepari in maniera adeguata su questo argomento il futuro medico?

In Italia, come in quasi tutti i paesi, la nutrizione clinica e preventiva dovrebbe trovare spazi didattici più adeguati nel corso di laurea in Medicina e chirurgia. Tuttavia negli ultimi anni questo aspetto sta migliorando. Il curriculum degli studi del corso di laurea in Medicina e chirurgia prevede comunque la trattazione di vari settori della nutrizione: dalla biochimica alla fisiologia, alla fisiopatologia, agli aspetti nutripatogenetici, alla terapia medica nutrizionale delle principali patologie. Il corso di laurea di Medicina fornisce, inoltre, i prerequisiti per la prescrizione nutrizionale, cioè le conoscenze, competenze e abilità per diagnosticare, curare e monitorare le diverse patologie e le loro complicanze. I medici che dopo la laurea conseguono il titolo di specialista in Scienza dell’alimentazione (dietologo) acquisiscono conoscenze e abilità per l’esercizio di attività professionali di alta qualificazione nel settore della dietetica e della nutrizione clinica.

Va ricordato, infine, che in tutte le regioni italiane, la formazione continua obbligatoria dei medici (ECM) offre ampie opportunità di aggiornamento e approfondimento sulle diverse tematiche nutrizionali con corsi, organizzati anche da società scientifiche come l’ADI e altre società che si occupano di nutrizione o di patologie correlate alla nutrizione (obesità, diabete, malattie cardiovascolari, gastroenteriche, renali, tumori etc.).

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Gino
Gino
1 Aprile 2016 20:45

Mia zia era obesa e anni fa è stata seguita da un dottore biologo nutrizionista bravissimo; oggi gode di ottima salute e non ha problemi con il peso corporeo. Lunga vita ai dottori biologi anche per le loro ricerche e per la loro passione.

Michele Sculati
Michele Sculati
2 Aprile 2016 01:07

L’ultima volta che un membro dell’ADI (Eugenio Del Toma) si è espresso sull’argomento, scrivendo su “La Repubblica”, fu portato in tribunale dall’Ordine dei Biologi e vi fu una cospicua richiesta risarcitoria. Tale richiesta fu respinta con la sentenza n. 3527/2011 del Tribunale di Roma, tuttavia si può immaginare che per Del Toma fu una discreta scocciatura avendo semplicemente esercitato il diritto di manifestazione della propria opinione. Anche per tale precedente le risposte del Presidente Caretto sono coraggiose oltre che condivisibili. La rivista dell’Ordine Nazionale dei Biologi ha una tiratura di 45.000 copie, dunque si suppone vi siano circa 45.000 Biologi a cui l’iscrizione stessa all’Ordine consente di usufruire di un titolo professionale, ovvero quello del Nutrizionista. Che il titolo di Nutrizionista sia riconosciuto o meno, la realtà è che il Biologo Nutrizionista opera diffusamente sul nostro territorio, ma la formazione specialistica è “facoltativa”. La parte più bizzarra è il fatto che un titolo professionale sia rilasciato solamente grazie all’iscrizione ad un Ordine e non ad un iter formativo dedicato.

Clara Bì
Clara Bì
Reply to  Michele Sculati
2 Aprile 2016 19:39

Sono una biologa nutrizionista, e prima di cominciare a svolgere la mia professione ho seguito un master universitario annuale (insieme ai medici), con tanto di elaborazione di tesi finale e tirocinio in ambulatorio ospedaliero. Inoltre continuo ad aggiornare le mie conoscenze ogni anno, conseguendo i crediti ECM obbligatori. Sono tuttavia d’accordo sul fatto che bisognerebbe regolamentare meglio la professione del biologo nutrizionista, poiché la sola iscrizione all’albo, anche a mio parere, non è un requisito soddisfacente per poter svolgere questo lavoro. Con un’adeguata formazione, però, le conoscenze che i biologi hanno di biochimica e di fisiologia permettono di conoscere nel dettaglio i meccanismi biochimici e fisiologici di digestione e assorbimento dei nutrienti, i processi metabolici, e gli effetti molecolari e patologici dovuti alla malnutrizione per eccesso e per difetto, permettendo loro di esercitare la professione di nutrizionista..

Cecilia
Cecilia
Reply to  Michele Sculati
3 Aprile 2016 00:28

Non credo basti ricevere la rivista per affermare che tutti i 45.000 biologi iscritti al l’albo esercitino la professione di nutrizionista!!! Quanto alle competenze sappiamo bene che una specializzazione può fornire un titolo ma non certo una professionalità! Sta di fatto che la figura del biologo è riconosciuta dagli organi competenti e il suo ruolo ben definito come riportato anche nell’articolo!

Maurizio Fadda
Maurizio Fadda
2 Aprile 2016 22:01

Vorrei fare un po’ di chiarezza su questo argomento. In tutti i paesi del mondo, ad eccezione dell’Italia, le uniche due figure professionali autorizzate ad occuparsi di Dietologia e Nutrizione Clinica sono il laureato in Medicina e Chirurgia, specificamente specializzato o no (in effetti solo in Italia esiste la Specialità in Scienza della Alimentazione) ed il Dietista. Negli ultimi anni, gli spazi lavorativi per la figura del Biologo si sono molto ristretti sia nei laboratori analisi a livello ospedaliero e/o extra ospedaliero sia nei laboratori di ricerca o in ambito universitario. L’ordine dei Biologi ha così spinto la figura professionale ad occupare molto abilmente, un ambito specialistico che presentava un evidente vuoto legislativo e che è da sempre stato un ventre molle delle specialità mediche, la Dietologia, in quanto altre specialità molto più agguerrite avrebbero respinto l’attacco facilmente e con evidenti perdite. Si è così creata la figura del biologo nutrizionista, utilizzando una dicitura, quella del nutrizionista, che, come dice giustamente il Prof. Caretto, non definisce un bel nulla a rigore di legge e quindi chiunque può aprire uno studio definendosi “infermiere nutrizionista” piuttosto che “agronomo nutrizionista”. Quando iniziai a lavorare come dietista, più di 30 anni fa, in una delle più prestigiose strutture di Dietetica e Nutrizione Clinica italiane, se avessi chiesto ad un biologo del mio ospedale se voleva fare il nutrizionista, mi avrebbe guardato come si guarda un decerebrato e poi sarebbe scoppiato a ridere. E’ paradossale che ora, tutti i biologi, vogliano fare il mio mestiere, anche se io continuo a non aver voglia di fare il loro. Sono abbastanza vecchio e filosofo per aver compreso che questa è sostanzialmente una guerra fra poveri e, un modo per arricchire le Università e le società di provider che sfornano Master di I e II livello in Nutrizione Umana, Dietetica, e materie affini facendoli pagare a caro prezzo e facendo balenare una scintillante e remunerativa carriera come professionista della salute, anche se gli spazi sono sempre più saturi sia a livello pubblico che privato. Sono invece preoccupato che questa onda dei biologi, si stia trascinando dietro tutta una serie di figure: chimico, farmacista, tecnologo alimentare, ecc… che vogliono diventare anche loro “nutrizionisti” ultimamente si sono ipotizzati anche cuochi nutrizionisti, e tutta una serie di categorie che terminano in …isti. Il mio personale parere è che sia già tremendamente difficile fare bene una professione, figuriamoci due, e tutto questo rischi di trascinarci nel solito pasticcio all’italiana fatto di approssimazione e pressapochismo. Non dobbiamo poi dimenticare quelli che sono gli attori principali, loro malgrado, di tutto questo, cioè i pazienti che hanno il diritto di essere curati al meglio anche dal punto di vista nutrizionale. Non sempre i nostri pazienti sono semplicemente pazienti che vogliono perdere 3 o 4 kg, ma principalmente sono pazienti affetti da pluripatologie gravi, necessitanti di specifici interventi dietetico-nutrizionali o addirittura di integratori specifici o nutrizione artificiale. Speriamo che in futuro il legislatore sia in grado di chiarire una volta per tutte “chi fa cosa” e con quale percorso formativo.

Clara
Clara
Reply to  Maurizio Fadda
3 Aprile 2016 19:23

I biologi nei loro percorsi di studio affrontano la chimica e la scienza degli alimenti, la fisiologia e la biochimica, a differenza dei chimici, dei farmacisti o qualsiasi altro corso di laurea. Non abbiamo le competenze per diagnosticare nulla e non vogliamo sostituirci a nessuna figura professionale, ma se esiste una specialistica in Scienze degli Alimenti che ci dà delle conoscenze, attinenti agli studi che facciamo, che ci permettono poi di esercitare una professione, non capisco perché bisogna montare sempre polemiche. Inoltre questi corsi di studio esistono anche all’estero e non è vero che all’estero sono riconosciuti solo il dietologo ed il dietista come professionisti della nutrizione: negli Stati Uniti “osteopaths, physician assistants, chiropractors and naturopathic doctors” possono essere nutrizionisti.

Nicola
Nicola
Reply to  Maurizio Fadda
11 Aprile 2016 22:55

Sarà, ma nel corso di studi della laurea magistrale in medicina chirurgia non ci sono esami o corsi obbligatori in nutrizione , che un laureato in medicina non specialista in scienza dell’alimentazione possa prescrivere diete lo consente la legge, come lo faccia è un’altra storia. Uno specialista in scienza dell’alimentazione, se competente, sia esso medico o biologo dovrebbe essere la figura di riferimento.
Indubbiamente è un nuovo sbocco professionale, comprensibile che i medici vedano ridotto la loro influenza e monopolio. Chi è più bravo e professionale lavora di più’. Per altro, i biologi, non prescrivendo farmaci sono , come dire, esenti dalla tentazione di somministrare farmaci o sostanze anoressizzanti o che agiscono sul metabolismo.

Giancarlo
Giancarlo
3 Aprile 2016 11:22

Leggendo questa ricerca indicata sulla home page di una Associazione di Dietisti (ANDID), rimango un po’ perplesso nel leggere come l’olio di mais analizzato in questione sia poi proprio quello di un noto marchio. Mi viene allora spontaneo chiedermi se questa diatriba sui “veri dietisti” non abbia anche un sottobosco di motivazioni che potrebbero interessare (eventualmente in futuro) le tematiche di cui si occupa l’Antitrust. Mah!

http://www.cuorenutritionacademy.it/studi-scientifici/studi-scientifici-olio-cuore/effetti-dell'olio-di-mais-e-dell'olio-di-oliva.aspx
Effetti dell’olio di mais e dell’olio di oliva extravergine sui lipidi plasmatici in soggetti ipercolesterolemici: uno studio randomizzato e controllato
(Plasma lipid effects of corn oil and extra-virgin olive oil in hypercholesterolaemic subjects: a randomised, controlled trial. Mediterr J Nutr Metab 2009; 1: 187-92).
(…vengono omessi gli autori)

Premessa
Numerosi studi controllati hanno dimostrato come l’olio di mais sia in grado di ridurre la concentrazione plasmatica del colesterolo totale ed LDL (LDL-c), grazie essenzialmente all’elevato tenore in acidi grassi polinsaturi della serie n-6 (soprattutto l’acido linoleico) ed ai fitosteroli naturalmente presenti nell’olio (1, 2, 3, 4).

Obiettivo
Valutare l’effetto dell’assunzione di Olio Cuore (circa 30 g/die) sui livelli plasmatici del colesterolo totale e di LDL-c, in confronto con quello di un olio di oliva extravergine o di un mix libero di grassi alimentari, a scelta del paziente.

Protocollo sperimentale
Soggetti di entrambi i sessi (n=44), con LDL-c basale compreso tra 130 e 190 mg/dL, sono stati assegnati, in modo randomizzato, dopo un periodo di un mese di “stabilizzazione” con una dieta ipolipidica, ad un trattamento con Olio Cuore (gruppo “Cuore”), con olio di oliva extravergine (gruppo “Oliva EV”), o all’uso di condimenti a scelta da parte del paziente (gruppo “Libero”). Le diete di base seguite dai tre gruppi erano isocaloriche, ed analoghe tranne che per l’apporto dei vari acidi grassi (saturi, monoinsaturi e polinsaturi), che variava a seconda dell’olio consumato. Il profilo lipidico dei soggetti arruolati (colesterolo totale, LDL-c, Trigliceridi, HDL-c) è stato controllato prima dell’inizio della somministrazione degli oli, dopo 15 giorni ed al termine dello studio (dopo 45 giorni).

Risultati
I livelli plasmatici del colesterolo totale ed LDL-c si sono ridotti in tutti e tre i gruppi, documentando l’efficacia, in tal senso, del controllo dietetico. Le variazioni osservate durante lo studio sono state tuttavia significativamente maggiori nel gruppo “Cuore” (Colesterolo totale: – 9,9%; LDL-c: -13,9%) rispetto ai gruppi “Oliva EV” (Colesterolo totale: – 5,3%; LDL-c: -5,8%) e “Libero” (Colesterolo totale: – 6,8%; LDL-c: -7,5%). I risultati sono presentati nella Figura 1.

Figura 1
Figura 1: Effetto dei tre trattamenti sperimentali sulla colesterolemia totale ed LDL.
L’effetto di Cuore sul colesterolo LDL è circa doppio di quello dell’Oliva EV, che non è invece distinguibile dal gruppo “Libero”

Conclusioni
L’assunzione di Olio Cuore, nell’ambito di un regime dietetico controllato, induce una riduzione significativa, e rilevante in termini clinici, del colesterolo totale e di LDL-c. Tale riduzione è superiore a quella osservata con un olio di oliva extravergine o con una dieta libera.

Elisabetta
Elisabetta
3 Aprile 2016 17:40

In realtà l’esigenza del biologo nutrizionista è relativa agli ultimi anni di scoperte in campo nutrizionale/molecolare. Si stanno sviluppando in maniera sempre più incisiva scienze come la nutrigenomica, nutrimicrobiomica, l’epigenetica e i biologi (e biotecnologi) sono gli unici ad avere le competenze per conciliare queste competenze alla corretta alimentazione. I dietisti non si occupano di geni che io sappia. È poi ovvio che quando si tratta di patologie è necessaria la figura del medico, ma comunque mi preoccuperei maggiormente delle diete propinate da personal trainer, istruttori in palestra, famosi chimici farmacisti e rivenditori di prodotti dietetici (non servono nomi…). Lì sì che manca un’adeguata legislazione.

Cristian
Cristian
3 Aprile 2016 18:00

Attenzione il registrered dietitian Nutritionist in uk e usa ha una formazione diversa dal dietista italiano. Esso RDN ( acronimo identificativo) ha minimo una laurea quadriennale o quinquennale con un bachelor in biology ed un master in humam nutrition più residency in hospital. Alcuni hanno il PhD. sono molto preparati uguali ai vostri biologi nutrizionist ( molti sono.dottorati) non ai dietisti italiani che hanno solo una triennale ( sebbene molto preparati e bravi anche essi) La nutrizione umana appartiene al settore della biologia nn dimenticatelo e colui il quale ha inventato la dieta mediterranea era un biologo. Gli americani puntano molto sui biologi Ancel Keys era dell altro secolo. Dunque un biologo italiano talvolta è anche specializzato come i medici….personalmente i biologi sono di ottimo livello dato che parliamo di in settore in cui ognuno di voi nn può conoscere la nutrizione senza la biologia, la biochimica la fisiologia e la patologia.

Fabio
Fabio
4 Aprile 2016 09:55

La professione di Biologo Nutrizionista è una stupenda professione con precisi riferimenti normativi e legali. La nutrizione umana è un settore della biologia non di altre discipline (farmacia etc etc). Come fate a parlare male dei biologi ? Solo sul colesterolo e aterosclerosi sono stati insigniti di 6 premi nobel!!!! La dieta mediterranea ?? Il Biologo Keys! Potrei rimanere ore e ore. I biologi hanno un minimo di laurea magistrale , alcuni sono specializzati in scienze dell’alimentazione come i medici (le hanno chiuse per una questione economica), alcuni sono dottori di ricerca altri sono perfezionati o hanno masters. Vanno da un minimo di 5 anni ad un massimo di 13/14 anni di laurea. Sono dei responsabili importanti anche nel SSN Scherziamo?! All’estero? A nessun biologo verrà negata la possibilità di lavorare come nutrizionista.

Liviiano
Liviiano
4 Aprile 2016 11:28

Finchè il Legiislatore non si deciderà ad intervenire una volta per tutte, la vessata questio è destinata a trascinarsi all’infinito. Purtroppo i pesi contrattuali delle professioni sanitarie sono molto diversi e gli interessi di categora molto forti, avendo una sanità ancora fortemente ‘medicocentrica tuttologico-taumaturgica’. Sarebbe ora di dare spazio all’autonomia delle altre figure professionali e, semmai, farle collaborare in sinergia au pair per il bene delle persione anzichè incapponirisi alla Carlo Magno su competenze che andrebbero adeguate ai tempi moderni. Ma quando il problema è cultural-economico, Tolomeo è duro a morire.

Manuela
Manuela
4 Aprile 2016 11:57

Buongiorno a tutti, leggendo quanto si scrive in merito a chi ha o non ha il diritto di elaborare/prescrivere/consigliare diete, è evidente che emergono rancori e competizioni di ogni genere. Ma scusate se cerco di spostare l’attenzione su un’altra questione molto più importante! Mentre noi ci facciamo la guerra il vero problema per la salute della gente è che imperversano realtà di abusivismo molto pericolose. Sarebbe a queste che in comune accordo dovremmo rivolgere l’attenzione.
Io sono biologa nutrizionista e NON ho nessun problema, né difficoltà a chiedere la collaborazione di diverse figure professionali. Siamo onesti, non esiste in campo nutrizionale un factotum. La nutrizione spazia in campi molto vasti, anche in quelli psicologici. Dunque alle volte è necessario chiedere la collaborazione di un allergologo, oppure di un gastroenterologo o ancora di nefrologo, oppure di uno psicologo, ecc… Se di salute davvero si vuole parlare sarebbe bene parlare di lavoro in equipe. Ognuno con le sue diverse competenze è poi in grado di dare il suo contributo. Basterebbe distogliere l’attenzione dal proprio orticello e puntare l’attenzione sull’obiettivo vero…combattere complicanze dovute alle diverse malattie e soprattutto puntare a prevenirle. La ricerca procede molto velocemente e tante sono le nuove scoperte, riuscire a concretizzare dei percorsi terapeutici e di prevenzione è poi compito delle persone che con devozione hanno studiato e si sono specializzate in uno specifico settore (non solo con l’esperienza accademica, ma anche con l’esperienza sul campo) e che non portano rancore verso il proprio collega, ma che anzi ne apprezzano le diverse competenze e ricercano il loro prezioso contributo.

FILIPPO INVERSI
FILIPPO INVERSI
4 Aprile 2016 15:19

Buongiorno, non voglio assolutamente entrare in questo stantio dibattito, anche perché le domande dell’intervista, come il commento finale, sembrano alquanto mirate ad ottenere risposte, che, a quanto pare, non sono arrivate nella forma desiderata!

Invito quindi a leggere il parere emanato da Dipartimento della programmazione e dell’ordinamento del Servizio Sanitario Nazionale, Direzione Generale delle professioni sanitarie e delle risorse umane del servizio sanitario nazionale del Ministero della salute.

http://www.onb.it/wp-content/uploads/2013/10/n_ln_parere_min_salute_tecnologi_alimentari-1.pdf

nella nota, in risposta ad un quesito posto dall’Ordine Nazionali dei Tecnologi alimentari, nel terzo paragrafo, seconda pagina, vengono ben evidenziati i ruoli delle varie figure professionali italiane che operano nel settore della nutrizione umana.

Una attenta lettura evidenzierà certamente le “discrepanze” tra la realtà normativa e alcuni commenti sottoscritti.

Monica
Monica
4 Aprile 2016 16:05

Ancora una volta leggo con dispiacere come anche nell’ambito della nutrizione si ha, come sempre, a cuore la difesa della propria casta piuttosto che il bene del paziente; infatti non importa se medici senza specializzazione o con specializzazione diversa da Scienza dell’Alimentazione si occupino dell’argomento, magari diventando famosi per diete che non hanno alcuna base scientifica, oppure che durante una presentazione dicono che “i LARN sconsigliano l’uso del fruttosio…perché ha due molecole di glucosio invece che una…”, ma combattiamo i biologi perché che non appartengono alla casta dei medici e magari possono diminuirne i vantaggi , poco importa se a hanno conseguito la stessa specializzazione dei medici dietologi ed in alcuni casi possiedono un dottorato di ricerca e pubblicazioni scientifiche, o se rispettano le loro competenze (al riguardo ci sono diverse leggi che specificano quali competenze i biologi abbiano e quali no).
Personalmente ritengo che tanto un medico quanto un biologo che non abbiano nessuna formazione in ambito nutrizionale, non possano PERMETTERSI di svolgere la professione di dietologo/nutrizionista come entrambi i professionisti con la formazione adeguata possano svolgere la propria professione nell’ambito delle competenze stabilite e regolate dalle leggi vigenti, con rigore scientifico e con la massima attenzione al rispetto del paziente.

lello
lello
4 Aprile 2016 20:13

Assistiamo in televisione e non solo aglishow di Marco Bianchi si e’ autonominato chef scienziato nella pubblicita’ della De Rica ha scritto dei libri e’ da’ consigli intelevisione anche alle donne incinte.
Non ha nessun titolo zero tituli zero lauree
Invece di fare la guerra frai laureati fatela a questi personaggi

Donato
Donato
4 Aprile 2016 22:34

Il mio medico di famiglia non sa neanche cosa sia il seitan quindi mi chiedo se effettivamente un medico possa seriamente occuparsi di diete dal momento che nel corso di laurea in medicina non si studia nulla di alimentazione mentre i laureati in scienze della nutrizione umana devono obbligatoriamente iscriversi all’albo dei biologi per poter esercitare la professione.

ezio
ezio
5 Aprile 2016 18:13

Quanti orticelli da difendere!
La passione e la formazione meticolosa individuale del professionista può superare sicuramente gli steccati legislativi, ma non si può generalizzare.
In tema di dieta terapeutica per patologie, l’intervista al presidente dell’ADI non è solamente chiarissima ed inequivocabile, ma anche completamente condivisibile.
Un atto medico di diagnosi e cura è solamente di pertinenza medica e la dieta terapeutica dello specialista medico dietologo.
Tutto il resto è nutrizione generica e chi più ne ha più ne metta, ma non chiamatela dieta ma stile di vita e prevenzione salutistica.

Michele
Michele
6 Aprile 2016 12:28

Dieta é stile di vita nella sua accezione etimologica. Sono i medici che l’hanno trasformata in una medicina.

ezio
ezio
7 Aprile 2016 11:00

Nell’antico passato e nelle antiche civiltà, medicina, dieta e psicologia erano un’unica disciplina, gestita da un’unica figura che oggi definiremmo medico naturopata plurispecializzato.
Ma i tempi sono cambiati e la rivoluzione scientifica ha separato e specializzato ogni funzione ed apparato fisiologico, tanto che per avere una risposta completa, ci dobbiamo avvalere di diversi specialisti e nessuno poi che sappia unire le diagnosi, per un corretto e coerente approccio terapeutico.
Altra cosa perduta è la prevenzione, che oggi definiamo stile di vita, quindi alimentazione corretta ed integrazione, ma anche tutte quelle attività quotidiane, che andrebbero riviste in funzione della fisiologia individuale e che nel passato erano un’unica disciplina medico/dietetica/psicologica.
Quindi le disquisizioni intorno a chi è autorizzato alla prescrizione di diete, si specializza in presenza di patologie e diventa atto medico terapeutico, che richiede una diagnosi medica preventiva ed individuale.
Per la prevenzione tutto si estende allo stile di vita e comprende senza limitazione alcuna, l’alimentazione, le abitudini quotidiane, ma anche la gestione psicologica dei rapporti umani e delle emozioni.
Quindi in questo ambito, vale proprio il principio che chi più ne ha più ne metta, per sostenere il benessere della collettività e le esigenze personali del singolo, che sono diverse per ognuno di noi (genetica, famigliarità, sviluppo fisico-psicologico e culturale).