A partire dal 2015, otto città statunitensi hanno introdotto una tassa per le bevande zuccherate, la sugar tax (o soda tax). Da allora si sono condotti diversi studi che hanno confermato l’efficacia della tassazione, per esempio sull’indice di massa corporeo di ragazzi e bambini, che ha iniziato a mostrare un’inversione di tendenza rispetto al costante aumento visto in precedenza. Ora un altro studio, pubblicato su Health Economics, analizza le conseguenze della sugar tax dal punto di vista economico, cioè di ciò che i consumatori che vivono in quelle città acquistano, con particolare attenzione alle fasce più deboli della popolazione.
Lo studio sulle sugar tax
I ricercatori della Washington University hanno preso in esame gli acquisti delle bevande effettuati nell’arco di un anno da circa 400 persone residenti a Seattle, San Francisco, Oakland e Filadelfia, controllandole grazie a uno specifico scanner dato loro e verificando i codici dei prodotti con quelli contenuti nel database Nielsen. I dati, messi a confronto con quello degli acquisti medi di altre tre città vicine, nelle quali soda tax non c’era, hanno mostrato tutta l’efficacia della tassazione specifica, soprattutto tra coloro che hanno più bisogno di ridurre gli acquisti, e cioè le persone a reddito più basso, meno istruite e attirate dalle offerte al massimo ribasso.
Tra queste persone, definite meno abbienti in base a un parametro di povertà fissato dalle autorità federali (nel caso specifico: con un reddito di 200 volte inferiore a tale parametro), la diminuzione degli acquisti è stata di circa il 50%, mentre tra le persone con più mezzi (cioè tra coloro che hanno un reddito superiore di 400 volte il limite della povertà) il calo è stato del 18%.
Rapportata al reddito e alle spese totali per il cibo, e come visto anche in un lavoro precedente dello stesso gruppo di ricercatori, la tassa ha costituito un esborso superiore del 22% per i più poveri, e dell’11% per i più ricchi. Anche questo spiega perché le persone meno abbienti abbiano rinunciato a comprare le bevande tassate: per loro, l’influenza sulla spesa di un costo maggiore è più pesante, e si fa sentire molto di più.
Le conseguenze
L’analisi dei codici ha poi rivelato che chi rinuncia ai marchi tassati cerca comunque di acquistare bevande non tassate, e cioè non sostituisce i drink con altri alimenti ad alto contenuto di zuccheri. Inoltre non arriva a spingersi al di là dei confini della città per poter comprare le bibite che ama senza il sovrapprezzo della soda tax.
C’è infine un ulteriore beneficio. In base a quanto emerso anche negli anni scorsi, grazie alla soda tax si sono destinati più dollari al finanziamento di programmi sociali rivolti alle comunità a basso reddito. Il beneficio netto annuo per quelle famiglie è compreso tra i 5,3 milioni a 16,4 milioni di dollari all’anno in tre città. La soda tax spinge quindi le persone che più ne hanno bisogno a rinunciare a parte delle bevande zuccherate che, negli Stati Uniti, rappresentano un autentico flagello, nonché la principale fonte di zuccheri quotidiani, e ha anche un effetto secondario sulla consapevolezza, che aumenta anche in chi ha un livello inferiore di istruzione.
Infine, il fatto che l’effetto sia particolarmente marcato tra le persone con i tassi di obesità maggiori, significa che la soda tax aiuta a diminuire le disuguaglianze sociali, migliorando la salute di coloro che hanno meno mezzi per curarsi.
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Giornalista scientifica
E da noi quando si comincia? Il fatto che il governo ceda alla lobby dei produttori e continui a rimandare l’entrata in vigore di questa tassa mi sembra particolarmente squallido.
Vero
E daiie con sto governo, è appena in carica da due anni e poi lo facessero lavorare, come se si sapesse solo ora che lo zucchero nuoce alla salute, quelli di prima ne avrebbero avuto di tempo, con o senza lobby.
Ottimo articolo che lo zucchero in eccesso faccia male è risaputo… ma lo zucchero si trova dappertutto in quel che mangiamo..pasta..pizza ..patate. Legumi pane tutto si trasforma in zucchero.. bisogna mangiare pochissimi carboidrati.. ECC ecc..il discorso è lungo…noi siamo quello che mangiamo..i ragazzi e i bambini sono i primi che mangiano e bevono bevande spazzatura..
La Fisiologia è solo un poco più complessa…
Mi verrebbe da dire, che questa tassa come si è visto nelle città americane, fa più bene ai poveri anziché ai ricchi.
Almeno c’è qualcosa di buono anche nella povertà, scherzi a parte, chi ha meno possibilità comunque in ogni caso si alimenta peggio rispetto ai più ricchi.
C’è anche da dire che gli alimenti molto zuccherati creano dipendenza psichica: la serotonina, uno dei principali neurotrasmettitori che veicolano nel cervello gli stati mentali positivi (il buonumore), se introdotta come tale nell’organismo non riesce ad entrare nel cervello, perché è una molecola troppo grande, per cui deve essere prodotta direttamente nel contesto cerebrale. Per fare questo però ha bisogno del precursore triptofano che è presente in molti alimenti: tuttavia questo, a sua volta, per entrare nel cervello necessita di livelli adeguati di glicemia, e la frequente assunzione di alimenti zuccherati assicura questa fornitura in modo pressoché continuativo, mantenendo una condizione psicologicamente gratificante e appagante. Da qui la dipendenza.
È vero, è da qui che hanno inizio le dipendenze ai dolciumi,zuccheri semplici come il saccarosio,il glucosio,canna da zucchero,e molti altri anche se vietati come l’aspartame e la saccarina li trovi come dolcificanti ‘light’,dando un senso di dolce sapore, che viene metabolizzato innescando con il tempo malattie come il diabete, obesità, sia infantile e adolescenziale,non che negli adulti il fenomeno sia da meno,l’introduzione della sugar-tax è una conseguenza di un uso smodato di una società sempre più propensa al junk-food piuttosto che un frutto, carboidrati (zuccheri complessi),riso e soia che essendo amidi non hanno in assenza di patologie che ne precludono l’assunzione, nessun problema con l’obesità e diabete di qualsiasi tipo.
Aggiungo che, essendo la dipendenza da zuccheri una dipendenza psichica con conseguenze sociosanitarie devastanti, la “sugar tax ” si colloca a buon diritto tra altre tasse finalizzate al contenimento di altre dipendenze come le tasse sul fumo del tabacco e sull’alcool, legittimandosi socialmente. Penso però che una tale imposta non dovrebbe gravare solo sul consumatore ma anche sugli utili dei produttori, poiché il consumo di questo tipo di alimenti si configura come una forma di inquinamento del corpo umano.
L’articolo dimostra chiaramente che purtroppo sono le classi più povere e meno colte a soccombere alla pubblicità e alla scarsa conoscenza di pratiche nutrizionali corrette.
Bene una tassa sulle bevande e sui cibi troppo ricchi di zuccheri, ma la chiave di svolta sarebbe una adeguata e martellante pubblicità sui pericoli dell’eccesso di assunzione di zuccheri in generale. Ancor più se già nelle prime classi della scuola ci fossero materie scolastiche ben studiate per rendere edotti i bambini riguardo ad una adeguata assunzione dei cibi in generale.
Educazione civica ed educazione alimentare porterebbero ad una migliore conoscenza dei pericoli comportamentali ed avrebbero importanti risultati sia per il risparmio nelle spese sanitarie che nei rapporti civili tra le persone.
Troveremo mai un governo che si dia da fare in questa direzione?
Grazie
Sono totalmente d’accordo, ma purtroppo temo che i governi perseguano principalmente finalità proprie ed in ogni caso difficilmente andrebbero contro gli interessi di settori rilevanti (e potenti) dell’industria. Per quanto riguarda il coinvolgimento della scuola (sacrosanto) questo vuoto formativo dei giovani si affianca alla mancanza di diffusione delle scienze sociali e pedagogiche come materie di insegnamento che, oltre a prevenire anomalie comportamentali (bullismo, violenze, tossicodipendenze ecc.) promuoverebbero comportamenti etici e transazionali tra le persone, che integrerebbero la comprensione e il valore di una corretta educazione alimentare, completando il quadro della formazione civile.