Trattamenti sulle bucce degli agrumi: è giusto indicarne la presenza sugli imballaggi? Intervista a Roberto Pinton, segretario di AssoBio
Trattamenti sulle bucce degli agrumi: è giusto indicarne la presenza sugli imballaggi? Intervista a Roberto Pinton, segretario di AssoBio
Beniamino Bonardi 22 Marzo 2016Recentemente, la Corte di Giustizia Ue ha confermato la necessità di riportare sugli imballaggi di limoni, arance e mandarini indicazioni precise sugli eventuali agenti conservanti o sostanze chimiche utilizzate nei trattamenti effettuati sulla superficie esterna. La Corte ha respinto il ricorso della Spagna, che riteneva la norma discriminatoria rispetto ad altri frutti. La discriminazione in realtà non sarebbe tale poiché gli agrumi vengono spesso trattati con dosi elevate di sostanze chimiche e la buccia viene utilizzata per la preparazione di alimenti e bevande. Per questo motivo è corretto fornire ai consumatori informazioni adeguate. Per approfondire il tema, abbiamo intervistato Roberto Pinton, segretario di AssoBio, l’associazione delle imprese di trasformazione e distribuzione dei prodotti biologici.
Pinton, secondo lei è giusto indicare i trattamenti solo sugli imballaggi di arance, mandarini e limoni?
Il fatto che non ci sia l’obbligo di indicare i trattamenti post raccolta anche sulla frutta a buccia sottile è illogico, come ha rilevato la Spagna nel suo ricorso alla Corte di Giustizia europea. I trattamenti sulla buccia spessa degli agrumi possono essere in quantità superiori rispetto a quelli previsti sui frutti con buccia sottile. Tuttavia nel secondo caso il consumatore, proprio per evitare l’assunzione di residui, la elimina, riducendo così l’apporto di fibre. Altri tipi di frutta come fragole e ciliegie, invece, non subiscono trattamenti, perché le dimensioni rendono difficoltoso metterle a bagno in sostanze insetticide e antimuffa.
Che tipo di trattamenti post raccolta si fanno sulla frutta?
Ce ne sono diversi. In genere si utilizzano derivati petroliferi come le paraffine e il polietilene, ma anche alcune sostanze, come l’ortofenile, il difenile, l’otofenilfenolo e il tiabendazolo, che a certe concentrazioni sono tossiche ed è meglio evitarle. Ci sono poi le cere naturali, come la cera d’api o quelle estratte da piante prevalentemente tropicali, che sono assolutamente innocue e vengono per esempio usate dall’industria per lo strato di copertura delle caramelle. Il trattamento con alcune cere può costituire un problema per i vegetariani: la gommalacca è prodotta dalla secrezione di insetti sacrificati; o per i vegani, nel caso della cera d’api, essendo di derivazione animale. Il regolamento Ue n.1169/20211 prevede che la Commissione europea possa disciplinare le informazioni volontarie relative all’idoneità di un alimento per vegetariani o vegani, ma non si ha notizia di lavori preparatori su questa tematica.
Che funzione ha la gommalacca sulla buccia della frutta?
Prima della diffusione della plastica la gommalacca si usava per patinare oggetti (i mobili “laccati”, per esempio), ma anche per la fabbricazione dei dischi. Nella frutta oltre all’effetto lucidante la gommalacca sigilla i pori della buccia e non permette la respirazione del frutto, rallentando così il metabolismo e prolungando la vita commerciale. Dal punto di vista dei nutrienti, nel tempo ragionevole di stoccaggio domestico non ci sono apprezzabili perdite.
Quindi, gli agrumi non trattati hanno una durata commerciale più breve.
I trattamenti post raccolta servono alla catena distributiva e ai supermercati. Se la catena sbaglia le previsioni e ha una quantità eccessiva di frutta da gestire, la può conservare più a lungo. Per i consumatori, l’utilizzo di trattamenti post raccolta presenta solo aspetti negativi dal punto di vista della qualità alimentare.
Perché può essere utile informare i consumatori della presenza di trattamenti sugli agrumi?
Oltre alla buccia utilizzata per fare il limoncello, la marmellata o la torta a casa (per i quali è bene utilizzare quella di agrumi non trattati), consumiamo senza saperlo anche la buccia delle arance quando beviamo una spremuta al bar (la pressione agisce anche sulla buccia e si rischia di assumere sostanze autorizzate ma solo in virtù del fatto che non vengono consumate, essendo presenti solo sulla buccia).
È possibile trovare agrumi non trattati?
Sì. Prima di tutto ci sono gli agrumi biologici, che non subiscono lavorazioni dopo la raccolta con sostanze di sintesi e sono certificati da parti terze. Ci sono poi aziende che vendono gli agrumi con le foglie, e questa presenza indica che non c’è stato un trattamento post raccolta ( non sarebbe possibile lavare in vasca, passare sul tapis roulant, spugnare, cerare e spazzolare il frutto, mantenendo la foglia). Infine, ci sono le autodichiarazioni delle aziende, che non vengono certificate da parti terze. Un altro elemento deve essere chiaro, la normativa prevede l’obbligo di dichiarare i trattamenti. Se in etichetta mancano riferimenti, il frutto non è stato trattato con additivi come l’ortofenile, il difenile, l’ortofenilfenolo e il tiabendazolo, che possono essere identificati anche con la lettera “E” seguita dal loro numero. Diverso è il caso delle cere: non è necessario indicarle in etichetta, perché non sono considerate degli additivi ma dei coadiuvanti tecnologici.
I trattamenti vanno sempre indicati in etichetta e sull’imballaggio.
Mentre però le cere e gli agenti di rivestimento sono del tutto innocui, essendo degli additivi alimentari previsti (E900, E904), ad essi possono venire aggiunte sostanze antifungine o conservanti come il tiabendazolo o il difenile.
Tra i trattamenti aggiunti alle cere, però, l’unico che ha effettivamente delle prescrizioni è quello con IMAZALIL: la sua presenza prevede che vada OBBLIGATORIAMENTE riportato in etichetta “BUCCIA NON EDIBILE” o una frase che indichi che la buccia trattata non è più utilizzabile per l’alimentazione.
E creare meno confusione utilizzando parole di uso comune? NON EDIBILE non me l hanno saputo spiegare nemmeno i commessi del supermercato cosa significasse. Certo non pretendo che sulle etichette ci sia scritta una frase tipo NON COMMESTIBILE. Per carità.
x ale:
“buccia non edibile” è la frase che si utilizza di norma anche per i formaggi (“crosta non edibile”), ma non è una dicitura tassativa. Qualsiasi indicazione che abbia lo stesso significato può essere utilizzata, purchè sia sempre presente quando è stato utilizzato l’IMAZALIL.
Io penso che sia giusto sapere se la buccia è esente da sostanze che potrebbero compromettere la nostra salute. Questo perché spesso si usa la buccia grattugiata di limoni in certi piatti e/o dolci.
per avere qualche dubbio in meno, si può provare ad usare qualche prodotto bio certificato, o conoscere qualche produttore locale onesto.
I formaggi trattati in superficie dovrebbero sempre avere la crosta di colore nero, facile da individuare a da togliere. Altrimenti è facile confonderle la crosta con la polpa e mangiarla.,
E’ da sempre che io non consumo bucce di agrumi sapendo queste cose. Uso integralmente in cucina solo limoni e arance biologiche sperando che lo siano realmente. Il problema è che tanta gente non lo sa, o non si interessa, e comunque in ristoranti, bar, gastronomie, laboratori…. nessuno garantisce che vengano usati agrumi non trattati. Per questo evito di consumare prodotti che contengano agrumi fuori casa. Per cui devono rendere assolutamente obbligatorio indicare sulle confezioni il trattamento effettuato con relative avvertenze.
per mia esperienza diretta posso aggiungere che purtroppo non sempre la presenza delle foglie è un indice di assenza di trattamenti. con mia grande sorpresa infatti, da circa un anno a questa parte mi capita spesso di trovare delle partite di agrumi affogliati con la buccia trattata. pensavo anche io che la presenza di foglie e rametti impedisse la lavorazione, evidentemente hanno trovato un metodo per effettuarlo comunque. perciò fare sempre attenzione, le foglie non sono indice di assenza di trattamenti.
Certi agrumi sono immangiabili in seguito al trattamento post-raccolta. Quanta rabbia!
Quando compro gli agrumi guardo sempre l’etichetta e li annuso per capire se sono almeno commestibili. Con tutti questi trattamenti
Concordo con il Signor Binton su diversi punti, ma altri necessitano di essere ripresi e, diciamo così, aggiornati. Molti degli additivi citati difenile, ortofenilfenolo e tiabendazolo sono stati revocati e non sono più in uso da parecchio tempo. Per essere più preciso il TBZ è uscito dal mondo degli additivi ed è rientrato tra le sostanze autorizzate al post raccolta come prodotto fitosanitario peraltro con 30 gg di carenza. Le cere vanno indicate in etichetta come E901, E904, E914 etc etc. a seconda della tipologia usata. E’ vero, come ha ricordato Squillantini che per l’Imazalil, azotorganico imidazolico largamente utilizzato in tutto il mondo, corre una sorta di prescrizione riportata nelle avvertenze dell’etichetta, il non uso per scopi alimentari che è stato poi tradotto come buccia non edibile. Ma troviamo questa avvertenza su tutti i prodotti a base di imazalil? Ahimè no, non la troviamo quando associato ad esempio al Pirimetanil nei trattamenti post raccolta delle pere. Ancora, troviamo la stessa avvertenza sull’Imazalil registrato in Spagna? Sulle etichette spagnole non compare l’avvertenza buccia da non destinare all’uso alimentare. Probabilmente perché le loro etichette sono state aggiornate mentre le nostre si rifanno ancora alla vecchia registrazione. Siamo noi indietro e loro avanti? Bella domanda, fatto sta che se gli spagnoli trattano con Imazalil non sono tenuti ad informare il consumatore che la buccia non è idonea all’uso, noi invece si. Altra cosa è invece quanto previsto dal Reg.543/2011, che rende obbligatoria l’indicazione in etichetta di tutte le sostanze chimiche usate in post raccolta siano essi additivi o prodotti fitosanitari. Ma a questo punto sorge un’altra domanda, a cui non so dare una risposta: perché per kiwi, pere, mele tutti frutti trattati in post raccolta (anche con cere nel caso delle mele) non corre l’obbligo della dichiarazione? E nel caso dell’Imazalil sulle pere perché non corre l’obbligo dell’avvertenza? Tutto ciò dimostra come sia complessa la legislazione e come tutto non dipenda dalla sicurezza alimentare. Sono troppi i controsensi.
L’obbligo dell’indicazione “buccia non edibile” nel caso di trattamento con Imazalil è una prescrizione prevista dall’allegato V del D.M. 27/08/2004 (“La buccia degli agrumi trattati non può essere destinata all’alimentazione”).
Nell’autorizzazione del principio attivo Imazalil è riportato l’obbligo di riportare sull’etichetta del fitosanitario: “Non utilizzare la buccia degli agrumi trattati per scopi alimentari; chi effettua il trattamento è tenuto ad informare l’utilizzatore che le bucce degli agrumi trattati non possono essere utilizzate a scopo alimentare”.
Queste sono normative emesse da parte del nostro Ministero della Salute.
E’ vero che può essere utilizzato in trattamenti post-raccolta di altri frutti, ma la prescrizione è prevista SOLO per gli agrumi (il perchè, però, non lo so…).
Dal momento che l’obbligo della dicitura è dato dall’autorizzazione italiana del Ministero della Salute, ne va da se che in Spagna il loro Ministero avrà dato un’altra autorizzazione che, probabilmente, non contiene la stessa prescrizione.
Però questo non vuol dire che le arance introdotte dalla Spagna trattate con Imazalil possono omettere l’indicazione “buccia non edibile”.
In tal caso infatti risponde di etichettatura carente (per la normativa italiana) la ditta che ha operato l’introduzione (commerciante, distributore).
Sig. Squillantini le deve essere sfuggito che il DM che lei ha citato è ormai defunto passato in giudicato sublimato. Oggi sono in vigore altre normative come i regolamenti europei. Poi c’è anche l’armonizzazione comunitaria, insomma acqua sotto i ponti dopo il 2004 ne è passata tanta. Non posso citare i formulati commerciali, ma la esorto a verificare le etichette di tutti i p.f. contenenti Imazalil registrati in tutto il mondo è vedrà che solo quelli Italiani riportano la restrizione. Se fosse ancora vigente quel DM si dovrebbero rispettare anche i 30 gg di carenza, non crede?
Francesco
io ad una certa “confusione originaria di bruxelles” c’ero già arrivato…… (confusione solo per essere delicato..)
per la pasta ci sono certe regole (obblighi ? si ma in quale paese ??) ..per l’olio altre .. per il vino ..se è “bio” alcune ..se non è bio altre
ma questa distinzione addirittura sulle singole tipologie di frutta ….no. non riesco mai a finire di stupirmi
e poi dicono che dobbiamo sostenere l’unione europea … mahhh
se poi ci vogliamo aggiungere le “campagne” che sono piu a favore delle grandi industrie con attacchi a quei pochi che cercano di tutelare le “piccole produzioni locali”
facciamo due conti ….e vediamo cosa ci resta da poter scegliere/mangiare
Ho letto il vostro articolo sui trattamenti effettuati in superficie suglia agrumi in seguito alla segnalazione di un collega. La sua lettura ha suscitato quaoche perplessità. Sicuramente il segretario Pinton ha una elevata conoscenza sui fungicidi e gli insetticidi che si utilizzano nel biologico (seppur di origine “”naturale”” anche nel biologico si usa questa tipologia di prodotti) ma la sua conoscenza sui prodotti che si utilizzano nel post-raccolta presenta qualche lacuna. Ma andiamo per ordine :
1) “ Gli agrumi vengono spesso trattati con dosi elevate di sostanze chimiche”
Chi ha scritto l’articolo e chi ha risposto si è mai preso la briga di consultare la lista dei pesticidi autorizzati su agrumi e confrontarla con quella di quelli autorizzati su altri frutti come ad esempio pere, mele , vite o fragole? Per gli agrumi abbiamo una lista ridottissima anche perché come ben sa un buon Agronomo questi non sono soggetti a grosse avversità come invece altri frutti. Per gli altri frutti menzionati la lista è lunghissima. Quindi bisogna ribadirlo chiaramente, gli agrumi sono fra i frutti meno trattati e più puliti.
2) “”I trattamenti sulla buccia spessa degli agrumi possono essere in quantità superiori rispetto a quelli previsti sui frutti con buccia sottile”…Altri tipi di frutta come fragole e ciliegie, invece, non subiscono trattamenti, perché le dimensioni rendono difficoltoso metterle a bagno in sostanze insetticide e antimuffa””.
Non capisco cosa significhi questa affermazione. I trattamenti su qualsiasi tipo di frutta vengono fatti in base alle avversità, i principi attivi ammessi, e i dosaggi massimi stabiliti per legge. Per il resto vale quanto detto al punto 1. Per quanto riguarda le ciliegie ….chi ha scritto forse non sa che tutta la lavorazione in post-raccolta avviene in linea a bagno d’acqua.
3) “”In genere si utilizzano derivati petroliferi come le paraffine e il polietilene, ma anche alcune sostanze, come l’ortofenile, il difenile, l’otofenilfenolo e il tiabendazolo”” Paraffine, difenile ? Attualmente sulla lista summenzionata solo due prodotti sono autorizzati in Italia: il polietilene ossidato (non è il polietilene delle buste) e il tiabendazolo che da diversi anni non appartiene più alla famiglia dei conservanti ma è stato classificato come fungicida e che non viene in pratica utilizzato perché ha un tempo di carenza di 30 giorni.
4) “”I trattamenti post raccolta servono alla catena distributiva e ai supermercati. Se la catena sbaglia le previsioni e ha una quantità eccessiva di frutta da gestire….”” I trattamenti post-raccolta servono per proteggere la frutta soprattutto durante le fasi trasporto e conservazione in celle frigorigere e permettono di coprire mercati altrimenti non raggiungibili. Sono meno utili nelle “filiere corte” e totalmente inutili per il mercato locale. D’altronde la fase post-raccolta e maggiormente curata e studiata in paesi in cui l’export è importate come Spagna e USA.
5) “”Oltre alla buccia utilizzata per fare il limoncello, la marmellata o la torta a casa (per i quali è bene utilizzare quella di agrumi non trattati), consumiamo senza saperlo anche la buccia delle arance quando beviamo una spremuta al bar”. Quello che in realtà il consumatore non sa è che in Italia nella lavorazione degli agrumi l’unico fungicida utilizzato in post-raccolta è l’Imazalil che, in base al regolamento UE di commercializzazione degli agrumi, deve essere dichiarato in etichetta con l’aggiunta della indicazione di non edibilità della buccia. I consumatori non sanno che altri fungicidi (incluso l’Imazalil in EU) vengono utilizzati in post-raccolta su mele e pere ma il regolamento di commercializzazione di pere e mele non prevede la loro indicazione in etichetta. Come mai questo doppio binario da parte della UE?. Come mai le mele trattate con imazalil non prevedono l’indicazione di buccia non edibile?
Lascio ad altri l’onere di dare e darsi una risposta.
Saluti
La recente sentenza ha confermato che gli imballaggi di alcuni agrumi devono recare indicazioni che precisino gli agenti conservanti utilizzati nei trattamenti post raccolta (non i presidi fitosanitari utilizzati in produzione), confermando la sentenza del 2014 nella causa T-481/11 secondo la quale “L’etichettatura concernente l’eventuale trattamento post-raccolta degli agrumi è necessaria ad assicurare una tutela adeguata dei consumatori. Inoltre, tale livello uniforme ed elevato di tutela dei consumatori contribuisce alla conservazione e al rafforzamento della loro posizione sui mercati internazionali. Esso rientra in un’immagine di qualità e di affidabilità dei prodotti provenienti dall’Unione”.
Non rileva molto che talune delle sostanze altrove utilizzate non siano d’uso sulla produzione italiana: sul mercato nazionale si trovano, appunto, agrumi di produzione spagnola, del Marocco, dell’Egitto eccetera (teniamo fuori i pompelmi di origine israeliana, qui non considerati agrumi): così non fosse stato, della questione non meritava nemmeno parlare.
Dai dati del dossier pesticidi di Legambiente (elaborazione dei dati Arpa, Asl, Izs ) emerge che nel 2015 Tiabendazolo è stato rilevato in pera, mela, banana e limone (in un campione assieme a residui di Carbendazim, Imazalil e Pyrimetanil).
Sul fatto che sia lecito non indicare in etichetta i trattamenti in post raccolta su altra frutta penso tutto il male possibile (risposta: “Il fatto che non ci sia l’obbligo di indicare i trattamenti post raccolta anche sulla frutta a buccia sottile è illogico, come ha rilevato la Spagna nel suo ricorso alla Corte di Giustizia europea”).
Sempre dall’elaborazione Legambiente risulta che 4 dei 585 campioni di agrumi analizzati erano irregolari per superamento del LMR (0.7%), 173 (29.6%) presentavano residui di un pesticida entro i limiti, 173 (29.6%) residui di più pesticidi e 235 (40.2%) non presentavano residui oltre il limite di rilevazione.
Per mele, pere, pesche, uva e fragole considerate assieme, su 1374 campioni 9 (0.7%) erano irregolari per superamento del LMR, 279 (20.3%) presentavano residui di un pesticida entro i limiti, 775 (56.4%) presentavano residui di più pesticidi, 311 (22.6%) non presentavano residui oltre il limite di rilevazione.
La situazione dei residui di pesticidi sugli agrumi è migliore rispetto a quella dell’altra frutta, giustificando il favore dei consumatori, ma costituendo anche motivo per mantenere (e migliorare) questo profilo, informando il consumatore di (eventuali) trattamenti superficiali che rendano non commestibile la buccia.
scusate avrei una domanda forse banale, ma chi come me acquista gli agrumi e tutta la frutta nei mercati rionali come deve comportarsi?
ciao Donatella , se posso permettermi ,,,,, dovresti iniziare a leggere quanto più possibile è scritto sulle confezioni e a mio parere predilingendo la “filiera corta” ovvero i prodotti che sono stati colti quanto più vicini alla tua zona di residenza
per il resto …..è una giungla ……
vorrei porre al Sig. Maurizio la seguente riflessione :
buono sapere che con certi prodotti (gli agrumi ed altri) c’è minore necessità di “pesticidi, aggiunte varie, & co.” ma non mi piace pensare che ……”siccome ce ne sono altri che in teoria ne possono contenere di più ……allora gli agrumi “sono migliori” anche perchè dipende sempre dalla provenienza degli stessi
più arrivano da lontano …….. e più c’è maggiore necessità . . .
mi torna in mente adesso la questione sull’indicazione dell’origine fatta mesi fà….
Colgo l’occasione per segnalare che le sostanze contemplate dal “RegCE 1333/2008 – Allegato II – Parte E – Punto 04.1.1 Ortofrutticoli freschi interi” come additivi per il trattamento superficiale, proprio in quanto additivi, devono essere dichiarate.
RegCE 1333/2008 – Allegato I
17. Gli «agenti di rivestimento» (inclusi gli agenti lubrificanti) sono sostanze che, quando vengono applicate alla superficie esterna di un prodotto alimentare, gli conferiscono un aspetto brillante o forniscono un rivestimento protettivo.
grazie Antonio
a me non sembra di averlo mai letto ……….. sopratutto su quegli ortofrutticoli che sembrano “brillanti e perfetti” …….. sarà che dipende dai mille rivoli in cui si perdono le leggi europee e nazionali?
come è possibile? reg.ce 2008 ?
mahh
@marco : naturalmente le mie considerazioni sulla sicurezza si riferivano ad agrumi di provenienza Italiana.
@Antonio Seppi: penso che stia facendo un po di confusione i “lubrificanti” si utilizzano nei motori non sulla frutta.
Inoltre, è vero che gli additivi devono essere dichiarati in etichetta in quanto per legge sono degli ingredienti a tutti gli effetti. La legge di riferimento però non è il Reg. CE 1333/2008 che si riferisce agli additivi ma la Direttiva 2000/13 CE: “relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità”
Se si ha la briga di studiare la legge, come ho dovuto fare io per il mio lavoro , si scopre che ci sono delle esenzioni.
Per esempio sapevate che per gli additivi che si usano nel vino non c’è obbligo di dichiarazione?.
Relativamente all’ortofrutta la Direttiva 2000/13 così recita : “L’indicazione degli ingredienti non è richiesta nel caso:
a) — degli ortofrutticoli freschi, comprese le patate, che non siano stati sbucciati, tagliati o che non abbiano subito trattamenti analoghi,”.
Ergo l’obbligo di indicazione degli additivi sugli agrumi (che reputo giusta ) non scaturisce dalla 2000/13 ma dal loro regolamento di commercializzazione.
Quello che mi chiedo e che vorrei porre all’attenzione di tutti è : perchè in altri regolamenti di commercializzazione di frutta che viene trattata in post-raccolta non vi è questo obbligo? Su questi ultimi proprio per l’esenzione inserita nella 2000/13 non vi è l’obbligo di dichiarare in etichetta gli additivi.
Spero che il mio pensiero sia stato chiaro.
Ignoro la genesi del caso specifico, ma in numerosi altri casi l’adozione di norme di dubbia trasparenza per i consumatori discende dall’attività di lobbying delle organizzazioni agricole, di quelle dei produttori di fitofarmaci e di quelle della distribuzione.
Anche se la corretta informazione del consumatore postula la sua conoscenza esatta del contenuto del prodotto, assai di frequente prevale l’intenzione di favorire la libera circolazione degli alimenti nel mercato interno e la realizzazione degli interessi economici.
@Maurizio C.
– il termine “agenti lubrificanti” è ripreso tq copia/incolla dal RegCE 1333/2008
– hai ragione per quanto riguarda l’omissione dell’elenco degli ingredienti per: “gli ortofrutticoli freschi, comprese le patate, che non sono stati sbucciati o tagliati o che non hanno subito trattamenti analoghi”; il cui riferimento non è più la DirCE 13/2000, ma il RegUE 1169/2011 (art. 19), che l’ ha abrogata con l’art. 53 a decorrere dal 13/12/2014
si Maurizio , io , a proposito del vino , e non solo, ne sono già a conoscenza
cosi come sono a conoscenza che occorrebbe molto tempo di studio per un semplice consumatore dover approfondire le varie (e diverse) leggi sul singolo prodotto che si trova davanti
vuoi che si tratti di arance , di limoni, di vino, grano, etc
e nell’ambito dello stesso prodotto occorre anche poi dettagliare se si tratta di: biologico , (in alcuni casi “naturale”), convenzionale ..etc perchè anche li i reg. cee variano …
il punto è proprio questo. … la confusione totale e la non omogeneità
se poi infine ..aggiungiamoci anche l’origine …. esempio agrumi italiani ..e pere e fragole straniere e che non per tutti i prodotti è obbligatorio indicare (es. se l’olio non è italiano ..puo esser e cee o extra cee … ma …sarà spagnolo , greco, turco?)
a proposito di olio.. sapete che la tunisa avrà una bella e importante presenze al prossimo Vinitaly?
giusto perchè cosi riesce a trovare maggiori sbocchi commerciali qui in italia
spero solo che venga “dichiarato” . . .