Allerta alimentare: dal 1 gennaio 2017 il Ministero della salute doveva mettere in rete l’elenco dei prodotti richiamati, ma tutto tace
Allerta alimentare: dal 1 gennaio 2017 il Ministero della salute doveva mettere in rete l’elenco dei prodotti richiamati, ma tutto tace
Roberto La Pira 8 Febbraio 2017Il Ministero della salute ha annunciato di voler pubblicare sul proprio sito, a partire dal 1 gennaio 2017, l’elenco dei prodotti ritirati dal mercato italiano. La notizia è sorprendente e arriva con qualche anno di ritardo rispetto a quanto avviene negli altri paesi europei. Il Fatto Alimentare, per sopperire a questa grave lacuna delle autorità sanitarie, pubblica ogni settimana l’elenco dei prodotti ritirati o richiamati dal mercato a causa di contaminazioni batteriche, presenza di corpi estranei, eccessiva presenza di pesticidi, errori in etichetta, mancanza di avvertenze sulla presenza di allergeni, errori nella data di scadenza, ecc… All’inizio la ricerca dei prodotti era difficile, poi abbiamo convinto le più importanti catene di supermercati a diffondere in rete gli avvisi dei prodotti ritirati dagli scaffali, in linea con quanto prevedeva il regolamento comunitario 178/2002, e il lavoro è stato semplificato.
Grazie a questa iniziativa, alle lettere che riceviamo dai lettori e a un’attenta supervisione delle segnalazioni diffuse in Europa dagli altri Stati, l’anno scorso Il Fatto Alimentare ha segnalato 69 prodotti ritirati dalla vendita al dettaglio. Il Ministero della salute pur avendo a disposizione tutti gli elementi e i documenti relativi a questi richiami, ha dato notizia solo di un numero ridicolo di prodotti, sulla base di scelte e criteri sconosciuti. I responsabili del Ministero giustificano questa reticenza con argomenti improbabili, visto che molti Paesi che aderiscono come l’Italia al Sistema rapido di allerta (Rasff) ogni settimana diffondono i nomi, le marche e le foto dei prodotti oggetto di richiamo e di allerta.
Il tema non è sconosciuto al Ministero della salute che il 19 maggio 2016, rispondendo a un’interrogazione parlamentare del Movimento 5 stelle sulla corretta informazione dei cittadini in merito ai rischi dei prodotti alimentari oggetto d’allerta, annunciava “uno studio di fattibilità riguardante la possibilità di pubblicare sul portale del Ministero, in una pagina web dedicata, tutti i provvedimenti di richiamo […]”. Il documento continua promettendo per il 2016 un sistema operativo informatizzato per la pubblicazione dei richiami da parte delle aziende. La nota finale ha il sapore amaro perché Lorenzin dice che sono state pubblicate “comunicazioni dai toni allarmistici, che potrebbero creare preoccupazioni e agitazione nei consumatori come nel caso delle notizie apparse sul “blog” “Il Fatto Alimentare”, relativo a presunti provvedimenti di richiamo, erroneamente definiti allerta dal “blogger”, che non sono correlati ad allerta gestite dal sistema RASFF”.
La dichiarazione del Ministro lascia l’amaro in bocca, perché in questi anni abbiamo sostituito le istituzioni segnalando ai consumatori centinaia di prodotti ritirati e richiamati, è perché le pochissime informazioni diffuse dal Ministero al riguardo, risultano spesso lacunose e in ritardo. In ogni caso stiamo parlando di un Ministero che negli ultimi dieci anni ha dimostrato un’incapacità esemplare nel gestire la comunicazione del rischio, soprattutto nei casi di allerta alimentare. Basta ricordare i rari comunicati per l’epidemia dei frutti di bosco che ha causato 1.756 ricoveri in ospedale, e il ritardo di 4 giorni per comunicare un sospetto caso di botulino per alcuni lotti di pesto distribuiti in diverse regioni del nord-Italia a migliaia di persone. La triste realtà di oggi è è che a distanza di 40 giorni dall’avvio del servizio che doveva mettere in rete le allerta alimentari, il servizio è bloccato e nessuna spiegazione viene data dagli uffici di Roma.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
Se questo servizio fosse finalizzato alla raccolta delle tasse di noi cittadini e/o delle imprese, sono certo che sarebbe stato reso funzionante nei termini previsti.
Purtroppo in Italia la macchina dello Stato funziona meglio quando deve ricevere, non altrettanto quando deve dare (soldi, servizi pubblici, ecc.), ma di queste lentezze i vertici non rispondono mai e continuano a percepire i loro lauti stipendi, vitalizi e chi ne ha più ne metta.
mi sento un po’ spaesato, vista la martellante campagna di comprare Italiano, quando si verificano due cosette abbastanza preoccupanti:
-tutti i prodotti che riportano l’etichetta del made in Italy troppe volte passano per l’Italia ma provengono da altri luoghi non sempre sani.
– non viene assicurata dal ns. brillante ministero della salute un servizio adeguato d’informazione riguardo la salubrità dei prodotti in commercio. C’è qualcuno che mi da una risposta????