Come salvare i denti dalla carie? È possibile dimezzando lo zucchero che si assume attraverso i cibi e le bevande: dal 10% al 5% come quantità massima al giorno. È questa la conclusione di uno studio pubblicato su BMC Public Health dal World Health Organization Nutrition Guidance Advisory Group, il gruppo dell’OMS che si occupa di fornire le indicazioni alimentari in relazione alla salute.
Il gruppo definisce gli zuccheri come “i mono e disaccaridi aggiunti agli alimenti dai produttori, da chi cucina o da chi mangia, e gli zuccheri naturalmente presenti nel miele, negli sciroppi, nei succhi e nei concentrati” , dai quali – stabilisce il gruppo – possono derivare al massimo il 3% delle calorie assunte in un giorno. Tradotto in grammi, se prima la quantità massima era di 50 grammi, e l’obbiettivo era di 25, ora il massimo dovrebbe essere di 25, e l’obbiettivo di 15 grammi.
La stretta deriva dai dati sulla diffusione della carie, prima malattia non trasmissibile al mondo per incidenza, ottenuti analizzando ampi database di molti paesi: una percentuale di bambini in età scolare compresa tra il 60 e il 90 (negli Stati Uniti il 92%) ha una carie, e lo stesso vale per la stragrande maggioranza degli adulti in età compresa tra i 20 e i 64 anni. Per quanto riguarda i costi per i servizi sanitari, ciò significa che nei paesi industrializzati tra il 5 e il 10% di ciò che gli Stati spendono per la salute dei cittadini se ne va in cure odontoiatriche.
L’analisi dei dati, poi, ha fornito la prova inoppugnabile del fatto che la responsabilità della carie è da attribuire quasi ed esclusivamente agli zuccheri aggiunti.In Giappone per esempio si è avuto un crollo della carie durante la seconda guerra mondiale e negli anni seguenti, quando di fatto non era disponibile lo zucchero; l’incidenza ha ripreso a salire quando lo zucchero è riapparso sui banchi dei supermercati e nelle aziende alimentari. Oggi, in Nigeria, dove il consumo medio è bassissimo, attorno ai 2 grammi al giorno, solo il 2% della popolazione è colpito da una carie.
Che fare? Secondo gli autori, non bisogna cercare la soluzione magica che, con un solo provvedimento, risolva il problema. Per esempio, non ha senso pensare di vietare l’aggiunta di zuccheri ai cibi industriali. Bisogna invece mettere in campo una serie di misure su più fronti, e reimpostare le raccomandazioni alimentari fino a modificare la dieta. Per esempio, è necessario far capire ai genitori che i succhi di frutta non aiutano i bambini a crescere, ma possono far male, e porre dei limiti, nelle mense e caffeterie scolastiche, agli alimenti e bevande con zuccheri aggiunti, che non dovrebbero mai superare il 2,5% dell’apporto calorico.
Poi bisogna eliminare i distributori automatici da tutti i luoghi pubblici, perché gli Stati e i governi non devono in alcun modo favorire la diffusione di prodotti che comunque esistono e continueranno a esistere e che sono causa diretta, oltreché di carie, anche di obesità, diabete e molte altre patologie. Per quanto riguarda le aziende, va detto loro che, nel tempo, devono iniziare a riformulare i prodotti in modo da abbassare molto il contenuto in zuccheri, con l’obiettivo di eliminarli del tutto.
Le nuove etichette nutrizionali, poi, dovranno indicare qualunque quantitativo di zuccheri superiore al 2,5% del totale delle calorie con la dicitura “alto quantitativo di zuccheri”. Inoltre, anche la catena alimentare andrebbe rivista, perché la produzione è eccessiva e spinge verso la vendita di zucchero a costi bassi, fatto che stimola le aziende a usarlo sempre di più. Se non si può fare a meno di produrlo, esso dovrebbe essere convertito in alcol per la carburazione, come accade in Brasile. Bisogna trovare un accordo a livello europeo, e far sì che lo zucchero prodotto dalle barbabietole sia utilizzato totalmente in Europa, perché questa produzione non è necessaria né mai lo è stata. I produttori di zucchero di canna dei paesi meno sviluppati immettono sul mercato quantità più che sufficienti per il consumo anche di tutti gli altri. Allo stesso modo, bisogna che Stati Uniti ed Europa stringano accordi commerciali volti a impedire la promozione dell’export di zucchero americano oltre che riuscire a ridure la produzione negli USA.
Infine, la questione della tassazione, che dovrebbe essere introdotta e dovrebbe essere correlata in modo progressivo al il contenuto in zuccheri, tanto sui cibi quanto sulle bevande. Il prezzo al dettaglio dovrebbe aumentare di almeno il 20% per ottenere un effetto sui consumatori. La tassazione dovrebbe essere decisa dai singoli legislatori, ma a giudizio del gruppo non dovrebbe essere inferiore al 100%. La guerra totale allo zucchero è cominciata.
Agnese Codignola
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Giornalista scientifica