Giovane donna che soffre di dolori addominali su sfondo a colori

La sindrome del colon irritabile o IBS (irritable bowel syndrome) è la più diffusa tra le malattie dell’asse intestino-cervello e colpisce il 4% circa della popolazione mondiale. Si stima però anche che, pur senza essere catalogate come malate di IBS, il 40% delle persone soffra di disturbi gastrointestinali. I sintomi più comuni, notoriamente dovuti alla fermentazione degli zuccheri, sono gonfiore, malessere, nausea, dolore e la flatulenza. 

Per questo il NICE (National Institute for Health and Care Excellence) britannico suggerisce da tempo l’adozione di una specifica dieta chiamata FODMAP, personalizzata e finalizzata a ridurre la presenza di zuccheri di vario tipo (oligo-, di- e monosaccaridi e polioli fermentabili). In questo modo, infatti, si limita la formazione di gas prodotto da diverse specie batteriche. Ne esiste poi una versione chiamata low FODMAP che si concentra sulla riduzione del lattosio e del fruttosio, sulla diminuzione dei fruttani (zuccheri della frutta), dei galattoligosaccaridi (zuccheri del latte) e dei polioli (in diversi vegetali). Entrambe escludono glutine e lattosio e richiedono l’adesione rigorosa alla dieta fornita dal gastroenterologo. Per questo non sono facili da seguire per periodi di tempo lunghi e possono esporre chi le segue a carenze alimentari.

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Le diete Fodmap non sono facili da seguire per tempi lunghi e possono esporre chi le segue al rischio di carenze alimentri

Ora però, grazie a uno studio pubblicato su Nutrients il 9 settembre 2024, sembra esserci un’alternativa più semplice. Il punto di partenza è che la predisposizione a sviluppare un colon irritabile sia legata al cattivo funzionamento di alcuni enzimi che metabolizzano gli zuccheri. Da qui l’idea di verificare l’effetto di una riduzione generalizzata di zuccheri e amidi già sperimentata per la prima volta tra il 2018 e il 2019 su un centinaio di persone. In quella sperimentazione, durata un mese, i partecipanti avevano ridotto al massimo l’assunzione di saccarosio e amidi e avevano evitato alimenti ultraprocessati come i piatti pronti. Questo regime, denominato starch and sucrose-reduced diet (SSRD), aveva determinato un miglioramento dei sintomi. 

La riduzione di zuccheri e amidi

Forte di quel risultato, la nuova indagine ha messo a confronto la SSRD con la low FODMAP su circa 150 pazienti. Metà di loro ha seguito quanto previsto dalla low FODMAP, mentre agli altri sono stati forniti consigli generali affinché mantenessero un’alimentazione a basso tenore di zuccheri e amidi, evitando gli alimenti contenenti saccarosio. Si consigliavano, invece, un incremento di grassi e proteine e una masticazione prolungata, per migliorare l’azione dell’amilasi della saliva sull’amido e ritardare il trasporto gastrointestinale.

mandorle sgusciate rovesciate da un sacchetto di carta
Frutta secca e semi sono consigliati in sostituzione ai dolci

Nel dettaglio, erano consentite una porzione al giorno di pane integrale o porridge di avena e riso o pasta integrali oppure ottenuti da farine ad alto tenore di fibre. Mentre, per coloro che non tolleravano le fibre, erano permesse piccole quantità di riso e pasta classici. A colazione, i pazienti dovevano scegliere cereali integrali invece dei prodotti da colazione trasformati. Il consumo di maiale, manzo, agnello, pesce, tacchino, pollo e uova era senza restrizioni, come quello di sale, pepe ed erbe fresche. I salumi dovevano essere evitati se contenevano zucchero o amido. Erano ammessi i latticini, ma non il latte d’avena e di soia, che quasi sempre contengono zuccheri aggiunti. Il consumo di burro e olio era illimitato, ma la margarina era vietata. Erano poi consigliati frutta secca e semi al posto dei dolci. Ai pazienti, infine, erano forniti elenchi della frutta e verdura con minor quantità di amido, affinché privilegiassero i vegetali più adatti.

I risultati dell’esperimento

Tutti hanno seguito la dieta assegna per un mese e sono stati poi monitorati per altri cinque. Sono stati controllati non solo i sintomi, ma anche altri parametri, come il peso, la pressione e il desiderio di assumere zuccheri. Il risultato ha indicato una sostanziale sovrapponibilità dei due regimi. In entrambi i casi, tra il 75 e l’80% dei pazienti ha avuto un miglioramento e la dieta SSRD è risultata associata a una perdita di peso superiore e a un minore desiderio di zuccheri. Con l’ulteriore vantaggio che è facile da seguire, lascia spazio ai gusti personali e non richiede di rinunciare a glutine e lattosio, riducendo il rischio di un impoverimento qualitativo dei nutrienti assunti. 

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