Gli antidiabetici della classe dei cosiddetti agonisti del GLP-1 (di cui l’Ozempic è quello, al momento, più noto) assicurano un beneficio strettamente legato all’assunzione del farmaco. Appena si sospende la cura, nel giro di pochi mesi il peso perso si riacquista in gran parte. E questo pone almeno due ordini di problemi. Innanzitutto, nessuno sa che cosa comporti assumere queste terapie per tutta la vita. Secondariamente, si tratta di cure costose, il cui prezzo varia tra i mille e i duemila euro al mese circa, e che quindi non sono alla portata di tutti.
Che l’efficacia degli agonisti di GLP-1 fosse dipendente dall’assunzione lo si era già visto con i due farmaci già approvati contro l’obesità, il semaglutide e il liraglutide di Novo Nordisk, ma ora è arrivata una conferma molto solida sul nuovo antiobesità tirzepatide di Eli Lilly (nome commerciale: Zepbound), approvato solo tre settimane fa dalla Food and Drug Administration. Il tirzepatide assicura una perdita di peso superiore rispetto agli altri due (che può arrivare attorno al 25% del peso di partenza). Per questo il nuovo farmaco è stato oggetto di uno studio durato un anno e tre mesi, svoltosi in 70 siti tra Stati Uniti, Argentina, Taiwan e Brasile, tra il 2021 e il 2023.
Lo studio su Zepbound
I quasi 800 partecipanti, tutti obesi (con indice di massa corporeo uguale o superiore a 30) oppure in sovrappeso, ma con patologie a rischio (con indice di massa corporea superiore a 27), sono stati inizialmente trattati con la dose massima tollerata di farmaco (10 o 15 milligrammi) per 36 settimane. Quindi, metà ha continuato con il tirzepatide, e metà ha ricevuto un placebo, per altre 52 settimane. Come è stato poi illustrato su JAMA, alla fine della prima fase tutti avevano perso in media il 20,9% di peso.
Alla fine della seconda, chi aveva assunto ancora l’antidiabetico aveva perso un ulteriore 5%, ma chi aveva assunto un placebo aveva riacquistato il 14% del peso. Vista in un altro modo, quasi il 90% dei trattati aveva mantenuto l’80% del risultato ottenuto, contro solo il 16,6% di coloro che erano passati al gruppo del placebo: una differenza molto chiara. Alla fine, i trattati con tirzepatide avevano perso, in media, più del 25% di peso, gli altri solo il 9,9%.
Farmaci e interessi
Questi dati sono usciti in contemporanea con una lunghissima ed esclusiva inchiesta dell’agenzia di stampa Reuters, che riprende, in parte, quanto già emerso sulle cene ai medici pagate da Novo Nordisk. Illuminante il titolo: Il produttore di semaglutide e liraglutide ha inondato con una pioggia di denaro gli specialisti dell’obesità. Infatti negli ultimi dieci anni, l’azienda danese ha speso oltre 26 milioni di dollari per opinion leader cooptati affinché convincessero i colleghi, quasi sempre invitati in appositi meeting in luoghi accattivanti, a prescrivere.
E infatti la cifra è andata primariamente agli speaker (12,3 milioni di dollari), poi in cene (7,8 milioni), viaggi e alberghi (3,3 milioni) e consulenze (2,2), con alcuni casi clamorosi come quello di Lee Kaplan, esperto di obesità, che pare abbia ricevuto in dieci anni più di un milione di dollari (1,4) e una sessantina di altri colleghi che ne hanno ricevuti più di 100.000.
Questo atteggiamento iper-aggressivo di Novo Nordisk (per ora non è emerso nulla del genere per Eli Lilly), getta molte ombre sulla vera natura e sulla collocazione appropriata di questi farmaci nella cura dell’obesità. Anche perché, via via che passa il tempo, emergono effetti collaterali non di poco conto, a loro volta riassunti in un articolo di JAMA.
Fragilità di mercato
Va infine ricordato i diabetici stanno incontrando difficoltà enormi a reperirli proprio perché la richiesta è enorme. Infatti alcuni paesi come il Belgio e la Gran Bretagna hanno vietato la vendita ai non diabetici, anche se il problema, per ora, non è stato risolto, perché esiste un fiorente mercato nero.
I dubbi avanzati da diversi esperti sono riassunti in un commento raccolto dalla Reuters, di Courtney Younglove, direttrice medica della clinica Heartland Weight Loss di Overland Park, in Kansas. “Senza una supervisione medica appropriata e un sostanziale intervento sullo stile di vita, questi farmaci potenzialmente possono costituire rischi non indifferenti per la salute”.
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Giornalista scientifica