In Italia, tre quarti della produzione di frutta e verdura deriva da piante nate in vivaio. Oggi, infatti, la maggior parte degli agricoltori non coltivano più in campo le piante direttamente dal seme, ma comprano piantine già grandicelle “fabbricate” a milioni in vivaio. Lo spiega Duccio Caccioni in un video di Coltura & Cultura.
La produzione di piantine da parte dei vivaisti si è diffusa perché offre diversi vantaggi pratici. Per prima cosa, le piantine sono seminate e cresciute nell’ambiente riparato delle serre: di conseguenza sono protette dagli attacchi di malattie e parassiti e da condizioni climatiche sfavorevoli e eventi meterologici violenti, come grandine e nubifragi. Inoltre, mettendo in campo piantine già grandicelle, alcuni agricoltori riescono a fare anche due raccolti l’anno.
C’è un ultimo grande vantaggio correlato alla coltivazione nei vivai: le nuove varietà di frutta e verdura possono essere riprodotte e diffuse in tutto il mondo in poco tempo. Per esempio, è in questo modo che la mela Ambrosia, dolce e croccante, è arrivata in Italia solo dieci anni dopo la sua scoperta casuale in Canada, racconta Caccioni. Una rapidità che contrasta fortemente con il secolo che ha impiegato per arrivare dal Brasile l’arancia Navel, prima dell’avvento delle “fabbriche di piante”.
In questo modo però gli agricoltori dipendono completamente dai vivaisti che quindi possono selezionare le sementi a loro piacimento. Nei prodotti ortofrutticoli questo ha portato alla dipendenza del coltivatore dai vivaisti che selezionano sementi da cui si sviluppano piante che per la maggior parte non producono semi utili ad essere riseminati.
Allo stesso tempo sempre più velocemente si diffondono varietà che, forse, non sono state testate per anni in diverse condizioni pedoclimatiche e possono quindi più facilmente esporre a morie di massa se esposte a rari, ma ricorrenti eventi meteorologici avversi.
Purtroppo stiamo registrando in molti rettori delle attività umane, il fallimento su tutti i fronti della globalizzazione selvaggia ed incontrollata, quindi meno enfasi e maggiore prudenza per tutto ciò che stravolge in pochissimo tempo, l’evoluzione adattiva degli organismi viventi e la catena alimentare.