foodwatch

“Con aggiunta di vitamina A e C”, oppure “con calcio e vitamina D”, e ancora  “contiene probiotici, fibre e vitamine”. Quante volte abbiamo letto queste parole sulle confezioni dei prodotti esposti sugli scaffali del supermercato? Ma siamo sicuri che i prodotti  con queste diciture siano salutari solo perché contengono una manciata di vitamine? Una recente inchiesta pubblicata dall’associazione non-profit europea foodwatch, ha dimostrato come la gran parte dei prodotti alimentari che vantano proprietà salutistiche grazie all’aggiunta di vitamine sono tutt’altro che salubri.

foodwatch succhi
La maggior parte dei prodotti bocciati nel test sono succhi di frutta e bibite

Foodwatch ha analizzato 644 prodotti arricchiti di vitamine venduti sugli scaffali di supermercati e discount tedeschi e olandesi, prendendo come riferimenti nutrizionali  i profili nutrizionali stilati dagli uffici europei dell’OMS. L’analisi delle etichette ha evidenziato che l’80% dei prodotti non rispetta i parametri minimi per essere considerati un cibo adatto al consumo quotidiano, nell’ambito di una sana alimentazione. I motivi sono quasi sempre l’eccesso di: zuccheri, sale e grassi. Non sorprende che la maggior parte dei prodotti bocciati nel test (oltre 300), siano succhi di frutta e bevande, anche se nel gruppo si trovano diversi tipi di yogurt e cereali per la prima colazione.

Secondo Foodwatch, l’aggiunta di vitamine ai prodotti per pubblicizzarli come salutari per l’organismo è una tecnica consolidata e vincente dal punto di vista del marketing, perché i consumatori ci credono. Le aziende alimentari sfruttano in modo opportunistico una lacuna nella legislazione europea che regolamenta i claims nutrizionali e salutistici (European Nutrition and Health Claims Regulation EC 1924/2006 o NHCR). La norma, creata appositamente per porre fine al far west di rivendicazioni salutistiche sulle confezioni dei prodotti alimentari, presenta però vistose lacune. La normativa consente l’utilizzo di claim di carattere nutrizionale scientificamente dimostrati per i prodotti effettivamente salutari. La criticità della norma è che per selezionare i prodotti “salutari” bisogna avere avere come riferimento dei profili nutrizionali. I profili, che dovevano entrare in vigore nel 2009, non sono mai stati definiti. Il risultato è che oggi sulle confezioni di molti prodotti sono presenti diciture salutistiche prive di senso, in quanto associate a alimenti molto poco indicati per una sana alimentazione.

foodwatch yogurt
Anche alcuni yogurt  e cereali per la colazione sono presenti nella lista dei prodotti bocciati

La ricerca di Foodwatch evidenzia la necessità di stabilire i profili nutrizionali per implementare la normativa NHCR e difendere i consumatori dall’aggressività di una pubblicità ambigua e ingannevole. Purtroppo il Parlamento Europeo, andando in direzione opposta, ha appena approvato (12/04/16), nella risoluzione REFIT, la proposta di escludere i profili nutrizionali dal regolamento sui claim salutistici. Per ora nulla di vincolante, ma sicuramente una presa di posizione scoraggiante da parte dell’Europa.

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Olly
Olly
19 Aprile 2016 09:35

Credo che la migliore difesa del consumatore siano cultura e intelligenza.
E’ giusto che ci siano organi di vigilanza (e sarebbe bello che fossero un po’ più funzionali) ma non si può delegare sempre tutto agli altri, a partire dalla propria salute.
Leggere le etichette, informarsi e trarre le proprie conclusioni, è già possibile farlo anche senza attendere che si muovano enti, associazioni, ministeri e compagnia bella.

ezio
ezio
20 Aprile 2016 11:20

Il fatto anomalo è che le istituzioni si muovono prima di noi, ma in direzione opposta alle nostre necessità di consumatori e facendo spesso prevalere altri interessi.
A noi rimane prima scoprire gli inganni, poi rimediare personalmente per non essere danneggiati.
Ci dobbiamo difendere da tutti, anche da quelle istituzioni che sono deputate a questi fini.
Chi riesce a mantenersi informato e critico si difende, ma tutti gli altri sono vittime di questo andazzo, perché non si può essere specialisti in tutto.