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Smart farmer with notes walking and checking quality in organic farm pig. Agriculture and livestock industryPer ora non ci sono pericoli immediati di un passaggio all’uomo, ma alcune caratteristiche del ceppo influenzale presente in Cina tra i maiali, isolato già qualche anno fa e diventato dominante a partire dal 2016, giustificano un’attenzione particolare. Questa, in sintesi, è l’opinione espressa dall’Agenzia per la sicurezza alimentare francese (Anses), che si unisce così agli altri pareri resi noti da esperti di diversi paesi che negli ultimi giorni hanno posto l’accento sulla necessità di un monitoraggio efficiente del virus e, parallelamente, della ricerca di un vaccino.

La segnalazione di un ceppo di virus influenzale potenzialmente pericoloso diventato predominante tra i maiali è arrivata alla fine di giugno dalla pagine di PNAS, su cui un gruppo di ricercatori cinesi dell’Accademia delle scienze e della facoltà di agraria di Pechino ha riferito che cosa ha scoperto controllando migliaia di maiali in moltissime province tra il 2011 e il 2018 e isolando ben 179 virus influenzali. Tra questi c’era anche quello chiamato “G4 ricombinante EA H1N1”, scoperto nel 2013 e in crescita costante dal 2016, al punto che oggi è appunto quello prevalente. Si tratta di un virus che nel tempo ha incorporato porzioni di materiale genetico di altri ceppi responsabili sia dell’influenza suina che di quella umana e, in particolare, di uno denominato H1N1pdm, responsabile della pandemia influenzale del 2009; per tale motivo di ritiene che il G4 sia particolarmente pericoloso: potrebbe facilitare il passaggio all’uomo e la trasmissione da persona a persona. La conferma del rischio, del resto, è giunta anche da esperimenti fatti sui furetti, modelli animali molto usati per studiare l’influenza umana: se messi a contatto con il ceppo G4, vengono infettati con molta facilità.

Al momento il nuovo ceppo di influenza presente nei maiali in Cina non è ancora un pericolo per l’uomo

Al momento, ricorda l’Anses solo due lavoratori sono stati contagiati, nessuno ha avuto gravi conseguenze e non ci sono prove di trasmissione da uomo a uomo. Ma in base ai test condotti sempre dai ricercatori di Pechino, circa il 10% dei lavoratori degli allevamenti testati è positivo agli anticorpi, cioè è entrato in contatto con questo specifico ceppo virale. Anche per questo si ritiene che sia cruciale continuare a controllare strettamente la situazione e mettere a punto un vaccino (prima che sia tardi). 

È infatti possibile che altri lavoratori si infettino, così come che qualche maiale sia contagiato da virus influenzali presenti negli addetti: ciò potrebbe innescare situazioni molto pericolose e scatenare nuove epidemie. Chiari i consigli per chi lavora con i suini:

  • fare una doccia e cambiare i vestiti sia prima che dopo essere stati a contatto con i maiali;
  • indossare una maschera protettiva a misura di volto e lavarsi sempre le mani, quando gli animali (o essi stessi) mostrano sintomi simil-influenzali;
  • impedire l’accesso agli allevamenti a chiunque abbia l’influenza.

Per quanto riguarda la Francia, la situazione è monitorata dall’apposito laboratorio dell’Anses, ovvero l’unità di virologia e immunologia porcina del Laboratorio di Ploufragan-Plouzané-Niort, e i dati sono a disposizione dei ricercatori sulla specifica piattaforma Épidémiosurveillance en Santé Animale (ESA) e, in particolare, nella sezione Résavip, la rete nazionale di sorveglianza dell’influenza suina A. Già dal 2009 i programmi di sorveglianza e ricerca sono stati intensificati.

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