Cala il numero di vegani e crescono i vegetariani. Difficoltà nei pasti fuori casa per chi rinuncia ai prodotti di origine animale. La fotografia di Eurispes 2018
Cala il numero di vegani e crescono i vegetariani. Difficoltà nei pasti fuori casa per chi rinuncia ai prodotti di origine animale. La fotografia di Eurispes 2018
Giulia Crepaldi 8 Febbraio 2018Continua il calo dei consumatori che si dichiarano vegani o vegetariani, come rivelano i risultati del Rapporto Eurispes 2018. Nell’anno corrente le persone che scelgono questi regimi alimentari sono il 7,1%, in leggero calo rispetto al 7,6% di 12 mesi fa e l’8,1% del 2016. A cambiare ancora sono gli equilibri all’interno della categoria: aumentano i vegetariani, che salgono al 6,2%, mentre i vegani crollano allo 0,9%. Un trend esattamente opposto rispetto allo scorso anno, quando i vegani erano aumentati dall’1% al 3% a scapito dei vegetariani, passati dal 7,1% al 4,6%.
Secondo Eurispes, queste oscillazioni periodiche segnalano il carattere spesso transitorio di alcune scelte alimentari e l’alternanza tra periodi di vegetarianesimo e veganesimo, con persone che passano periodicamente da un regime all’altro. C’è anche chi all’interno di questa fascia di consumatori si sposta verso una dieta ancora più restrittiva: un terzo degli intervistati sceglie un regime crudista, il 23% è fruttariano, mentre poco meno del 13% dichiara di adottare una dieta di tipo paleolitico senza carne e pesce. Alcune persone invece, dopo aver abbracciato per un po’ di tempo lo stile di vita veg, tornano a una dieta di tipo onnivoro.
Secondo l’indagine Eurispes, la maggior parte dei vegani e dei vegetariani, soprattutto uomini e over 65, ha fatto queste scelte per ragioni salutistiche (38,5%), mentre uno su cinque lo ha fatto per il benessere degli animali, in particolare donne e giovani. Solo una piccola percentuale (meno del 4%) ha aderito a questi modelli per ragioni di carattere ambientale.
Un dato interessante è la presenza sul territorio di ristoranti italiani in grado di offrire menu vegetariani (23,4%) e vegani (17,2%), anche se ci sono ancora difficoltà per chi fuori casa sceglie di non mangiare prodotti di origine animale. Oltre la metà dei soggetti intervistati dichiara di avere problemi a trovare cibi adatti. Tre persone su quattro, dichiarano di trovarsi in grosse difficoltà durante i viaggi (treni, aerei, navi, autogrill), altri hanno problemi durante cerimonie, feste e ricevimenti (67,6%). Se la cavano meglio le mense scolastiche e quelle nei posti di lavoro, dove il 44% dei fruitori dichiara di non avere difficoltà.
L’indagine Eurispes ha analizzato anche le opinioni della popolazione generale su vegani e vegetariani. La fotografia è di un paese spaccato a metà tra chi ritiene questi stili di vita rispettabili o ammirevoli (50,6%), e chi giudica le diete veg meno positivamente o, addirittura, estreme e radicali (49,4%).
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.
Vegana da sempre, da più di mezzo secolo, la carne ci è imposta dalla potente federconsorzi e allevatori, in realtà il consumo di carne sostiene le multinazionali farmaceutiche, le multinazionali della chimica. d’altronde il popolino non ama pensare, é troppo faticoso, e così la disinformazione forma le opinioni.
Da più di centomila anni l’essere umano si ciba di carne. L’homo sapiens è un animale onnivoro.
Certo che se l’alternativa è pensare delle stupidaggini come quelle che la carne è imposta da allevatori e case farmaceutiche, allora forse preferisco il popolino non pensante.
Ben venga la riduzione del consumo di proteine animali, e ben vengano anche le diete vegetariane e vegane (se fatte bene e con consapevolezza non sono dannose per la salute) purché fatte senza rompere le scatole al prossimo che mangia secondo natura, e soprattutto senza raccontarsi la frottola che sia il modo migliore e più naturale di mangiare.
La carne ci è imposta dal nostro organismo, che necessita di amminoacidi essenziali non presenti in maniera affidabile e completa in nessun alimento vegetale: alcuni sono presenti in certi alimenti vegetali, altri in altri, e la necessità di integrare attentamente tali fonti rende estremamente faticosa (in termini di energie spese nella ricerca e raccolta) ed estremamente a rischio di carenze una dieta esclusivamente vegetale. NESSUN primate, e sottolineo NESSUNO, nemmeno i più frugivori (orango e gorilla, scimmie arboricole amazzoniche e sim.) ha una dieta ESCLUSIVAMENTE vegetale, praticamente tutti integrano almeno con insetti di vario tipo o uova di uccelli e rettili.
Inoltre quasi nessun alimento vegetale ricco di proteine le contiene allo stesso livello di “concentrazione” (grami di proteine per 100 grammi di parte edibile dell’alimento) degli alimenti animali, oppure le rende altrettanto facilmente digeribili ed assimilabili. E’ vero che alcuni legumi o semi possono contenere alte percentuali di proteine, ma è anche vero che difficilmente una porzione di legumi o semi è uguale a una di carne (per intenderci, 100 g di lenticchie secche contengono sì 26 g di proteine, mentre 100 g di carne di manzo magra ne contengono circa 20 g, ma è molto più facile mangiare in un’unica porzione 100 g di carne che 100 g di lenticchie secche), senza poi considerare che la lessatura dei legumi in acqua fa perdere loro quasi l’80% del contenuto proteico, che invece viene mantenuto quasi intatto in una fettina di 100 g di carne scottata in padella. Certo, è possibile lessare i legumi a vapore, ma la procedura richiede MOLTO più tempo della cottura di una fettina di carne di 1 cm di spessore.
Inoltre negli alimenti di origine vegetale sono spesso presenti, per la natura stessa degli organismi vegetali, sostanze non edibili, a volte anche tossiche (quasi tutte le piante mettono in atto qualche tipo di forma di difesa contro gli organismi erbivori), le uniche parti libere da esse sono, nelle piante che usano gli animali per la disseminazione, i frutti (al cui interno ci sono i semi che pero, dovendo restare intatti per essere disseminati, sono indigeribili o tossici). Il che quindi esclude semi (compresi i legumi e i cereali, che infatti per diventare digeribili devono essere necessariamente cotti) e foglie.
QUello che ci è stato imposto da un certo modello culturale è l’ECCESSO di carne nella dieta, e per di più carne di un certo tipo (quasi esclusivamente bovino), che richiede alti costi in termini ambientali. Eliminare la carne dalla dieta non è una scelta “in armonia con la natura”, se per natura intendiamo le caratteristiche biologiche della specie umana. Può essere una scelta etica (rispetto per altri animali, o minori impatto ambientale), ma non necessariamente valida dal punto di vista biologico e scientifico.
Oddio!!! non ero conoscenza di questo complotto planetario! Mio zio alleva 2-3 manze l’anno, sono chianine, non immaginavo che potesse essere al soldo delle multinazionali farmaceutiche. Posso pensare quindi che mio zio sia un propagandista dell’antibiotico anche quando non serve e dei famigerati vaccini. Oddio che tragedia, io credevo che avesse continuato l’attività di mio nonno e fosse rimasto sull’appennino con grandi sacrifici per non abbandonare la sua terra spopolata e per questo causa di frane e alluvioni, che furbetto, è invece uno sfruttatore del popolo bue che non non crede alla carne che uccide? Continuava a dirmi che in Italia l’aspettativa di vita è a 83 anni mentre nei paesi che vivono quasi esclusivamente di vegetali come l’india è di 69 meno ancora delgli ‘USA dove è 78 nonostante il consumo di carne sia 10 volte che in Italia e forse 100 volte che in India. Grazie Sandra dell’illuminazione.
Vegano da 30 anni . Mi chiedo come sia possibile avere delle percentuali precise ? Come fanno a sapere quanti siano veramente i vegani . Solo dagli acquisti ? Non penso . Chiunque può essere un vegano . senza informare nessuno
Potreste affrontare anche la questine “costi” di coloro che scelgono di mangiare veg. Credo che l’accessbilità al cibodovrebbe essere anche in base al costosostenibile dal fruitore. Grazie
La riduzione del numero di persone che sceglie una dieta vegana è finalmente una buona notizia per l’ambiente.
La carne, e mi riferisco a quella ormai quasi ‘dimenticata’ in Italia ovvero anatra, coniglio, colombo, capra può essere prodotta in quantità non impattanti a tutte le latitudini a km0 senza cereali e fornire carne anche nei mesi invernali senza conservazione, senza serre riscaldate o container di prodotti che vengono da migliaia di km di distanza per ‘alimentare’ la dieta vegana d’inveno.
Per non nominare l’impatto positivo che avrebbe il ritorno a materiali biodegradabili di origine animale sostituiti da materlali non biodegradabili come il Pile e gli altri tessuti sintetici le cui fibre che si staccano con l’usura, finiscono nella nostra acqua potabile come dimostrano studi recenti.
Chi non riesce a cibarsi di un animale ha tutta la mia compresione, chi crede di farlo per fare qualcosa di buono per l’ambiente temo che sbagli.
Quello che ha creato il problema non è la carne, ma la rischiesta di carne di pochissime specie animali, in quantità industriali ed a basso costo, problema che è identico per l’agricoltura (vedi olio di palma per esempio)
Il rapporto Eurispes è fuorviante in quanto applicato ad un gruppo di utenti notevolmente basso e senza distinguere bene le categorie. Ciò dimostra ancora una volta come lo sviluppo esponenziale del veganismo faccia paura, e parecchio. Si vede che non considerano la crescita dei consumi in questo nuovo trend del 20%.
Sono vegano da 18 anni ma nessuno mi ha mai chiesto niente. Non si sa per quale motivo è necessario discutere di tali dati senza per altro considerare che non è mai stato fatto un censimento reale, e che si tratta appunto di stime senza riferimenti reali.
Riguardo ai problemi elencati non mi ci riconoscono nemmeno lontanamente, perché non ho mai fatto la fame da nessuna parte. Non che si possa mangiare ovunque tutto quello che si trova (ma questo concorderete con me che è meglio evitarlo anche da onnivori), ma se veramente ci fossero dei problemi non sarebbero certo quelli descritti dall’indagine Eurispes. :-))
Claudia, gentilmente si qualifichi considerate le sue aberrazioni scientifiche.
Grazie.
Per Sara che forse con l’idea del complotto degli allevatori e federconsorzi intendeva parlare di un business più che un’imposizione alimentare, per il resto ho letto nei commenti molte ragioni condivisibili alle quali vorrei aggiungerne una mia.
La biodiversità è l’elemento caratterizzante sia del mondo animale sia in quello umano e dipende dalle caratteristiche genetiche del proprio sistema digerente e fisiologico.
Infatti molte specie animali sono vegetariane da sempre con ottimi risultati di vitalità longevità ed evoluzione, così come per gli esseri umani che possono vivere bene in salute e longevità con una dieta vegetariana.
Quello che non quadra sono le scelte ideologiche forzate e fanatiche che non tengono conto della propria natura individuale, come anche le “diete” carnivore iperproteiche industrializzate, dannose sia per la salute sia per l’ambiente, per individui sedentari a basso consumo energetico e calorico.
Quindi viva lo zio di Notorius che mantiene una sana tradizione famigliare e le indicazioni di Mario sulla saggia differenziazione delle fonti proteiche animali minimamente impattanti, ma rispetto reciproco per le scelte vegane di chi ha individuato la giusta alimentazione per la propria fisiologia con buoni risultati come Sandra e Luigi.