Il vaccino contro la peste suina africana o ASF, febbre emorragica di origine virale che sta decimando i suini di gran parte dell’Asia e di nove paesi europei, potrebbe essere in arrivo. I ricercatori cinesi dello Harbin Veterinary Research Institute hanno pubblicato su Science China Life Sciences risultati incoraggianti di alcuni studi che autorizzano a sperare.
Come raccontato da Nature, l’approccio su cui hanno puntato i ricercatori cinesi, che avevano a disposizione fondi governativi pressoché illimitati per salvare una delle principali produzioni alimentari del paese, è quello dei vaccini vivi attenuati. La metodologia prevede l’isolamento dell’organismo patogeno, l’individuazione di ciò che lo rende pericoloso, la disattivazione e l’utilizzo di quanto resta come stimolo per il sistema immunitario, affinché impari a difendersi proprio da quel microrganismo.
Si tratta di uno dei metodi usati anche per i vaccini umani, perché quando funziona induce una forte immunità. Ma comporta qualche rischio, soprattutto negli animali, e richiede alcuni controlli in più rispetto ad altri vaccini. La criticità è che l’organismo patogeno resta vivo, e prima o poi potrebbe mutare e diventare nuovamente patogeno, dando luogo alla malattia anziché all’immunità.
Nel caso della peste suina africana, i ricercatori hanno isolato il virus nella milza dei maiali, individuato una sequenza di sette geni responsabili della mortalità del virus, e li hanno disattivati. Quindi hanno inoculato il vaccino in maiali di sette settimane, e confermato l’efficacia salvo registrare una blandissima febbre o, più spesso, nessun sintomo. Se poi si effettua un richiamo, i suini sono protetti per tutta la vita, che però è di circa cinque mesi.
Per verificare che non ci fossero mutazioni pericolose con il susseguirsi delle generazioni, i ricercatori hanno eseguito nuovi controlli mai fatti prima. Per esempio, hanno preso il sangue di maiali vaccinati e lo hanno inoculato ad altri non vaccinati, per verificare se il virus vivi attenuato potesse indurre la malattia. È stato anche controllato se il feto di scrofe incinte e vaccinate avesse tracce del virus, ma finora tutti i test hanno avuto esito positivo. C’è però ancora molto lavoro da fare, perché il vaccino sarà considerato del tutto sicuro solo quando sarà sperimentato su un numero variabile da 10 a 20.000 maiali e perché non esistono cellule in vitro su cui fare parte degli screening necessari.
La buona notizia è che il virus isolato in Cina è pressoché identico a quello che aveva dato inizio a un’altra epidemia, nel 2007, in Georgia, e a quello attualmente presente in nove paesi europei. Quindi, se il vaccino dovesse superare tutti i test, potrebbe rappresentare una soluzione quasi ottimale.
La pese suina in Cina ha causato la soppressione di 440 milioni di suini, pari al 40% della produzione, oltre a decine di milioni di capi soppressi in altri paesi asiatici ed europei, per un totale complessivo ddi circa un quarto della produzione mondiale.
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Giornalista scientifica
Attenzione al finale: la peste suina non ha portato alla morte di 440 milioni, cioè il 40% della popolazione suinicola, ma ha causato il decesso del 40% dei 440 milioni di maiali presenti in Cina. Comunque quando si ha a che fare con la Cina meglio sempre andare cauti con le cifre, dato che le fonti non sempre sono sicure, anzi…