Per la prima volta da quando il virus della peste suina africana è stato identificato, circa un secolo fa (nel 1921) appunto in Africa, un Paese, il Vietnam, approva due vaccini e inizia una campagna di immunizzazione di massa per animali che, per l’economia locale, sono cruciali. Da anni la malattia colpisce duramente il mercato globale delle carni suine (che vale circa 250 miliardi di dollari). Il virus è stato isolato in 50 Paesi e dal 2021 a oggi è stato responsabile della perdita di 1,3 milioni di capi. Nella stagione considerata finora la peggiore, quella dell’inverno 2018-2019, si stima che metà dei suini cinesi siano morti per la malattia o per gli abbattimenti preventivi, con una perdita netta di 100 miliardi di dollari per quello che è il primo produttore al mondo. In Italia i casi sono in aumento, e dal gennaio 2022 si contano quasi mille cinghiali morti in sette regioni 2023.
Come ricorda anche la Reuters, finora ci si è limitati ad abbattere gli animali a rischio, selvatici e allevati, ma presto tutto potrebbe cambiare, perché per la prima volta sono disponibili due vaccini, messi a punto da ricercatori vietnamiti e statunitensi, e già sperimentati con successo sui maiali di 40 province vietnamite, a cui sono state somministrate oltre 600mila dosi. Inoltre, anche l’Agenzia nazionale francese per la sicurezza alimentare, ambientale e del lavoro (Anses) sta lavorando a un suo vaccino contro il ceppo prevalente in Europa, chiamato Georgia 2007/1, e i primi risultati sarebbero incoraggianti.
I vaccini vietnamiti sono due. Il primo, chiamato NAVET-ASFVAC (nato dalla collaborazione tra l’azienda vietnamita Navetco e dallo Usda, il Dipartimento statunitense dell’Agricoltura), è basato su virus vivi attenuati ed è stato oggetto di un approfondito studio sulla sicurezza, dopo che era stato somministrato non correttamente su animali non destinati alla vaccinazione come le scrofe incinte. Dopo mesi di verifiche, i dati sono chiari: i vaccini sono sicuri e, quel che più conta, garantiscono una forte immunizzazione contro il virus, perché il 95% degli animali vaccinati sviluppa una forte risposta anticorpale specifica.
Il secondo, chiamato AVAC ASF LIVE, è stato sviluppato sempre in collaborazione con ricercatori dello Usda, questa volta da un’azienda chiamata Avac. Anche in questo caso, il principio è quello dei virus vivi attenuati e la somministrazione è stata anche più estesa rispetto a quella di NAVET-ASFVAC, ma i dati non sono stati ancora resi noti.
Gregorio Torres, capo del dipartimento scientifico dell’Organizzazione mondiale della sanità animale (Woah), l’organismo delle Nazioni Unite che si occupa di salute animale, li ha definiti molto promettenti e ha previsto che si possa presto giungere a un’approvazione a livello mondiale, per favorire così l’avvio di grandi campagne nazionali.
Per quanto riguarda il vaccino francese, è anch’esso a base di virus vivi e attenuati, cioè non capaci di indurre la malattia, ma solo di scatenare una potente riposta immunitaria. La somministrazione sarebbe orale o intramuscolare e l’agenzia sta già lavorando a metodi di produzione che possano permettere di ottenere grandi quantità di vaccini in tutta sicurezza, nella speranza di poter vaccinare numeri elevati di suini, a cominciare dai cinghiali selvatici, per poi proseguire, via via, con la maggior quantità possibile di suini di ogni tipo.
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Giornalista scientifica