Ogni giorno un americano su due consuma quantità variabili di bevande zuccherate, soprattutto se è adolescente o giovane e oltrepassa molto facilmente i limiti consigliati da tutte le società scientifiche e dalle autorità sanitarie.
Sono davvero allarmanti i dati appena resi noti dal Center for Disease Control and Prevention (Cdc) National Center for Health Statistics sui consumi delle “sodas”, ossia le bevande zuccherate e gassate tipo cola, ma anche i succhi di frutta zuccherati, gli sport e gli energy drinks, le acque aromatizzate, i tè freddi zuccherati e così via, perché fotografano quella che è ormai un’abitudine radicata che sarà assai difficile da modificare, nonostante il dilagare di obesità e diabete.
Gli statistici dei Cdc hanno intervistato 17mila persone sulle loro abitudini alimentari, e hanno così scoperto che ogni uomo assume in media 175 calorie al giorno da una bevanda zuccherata, una donna 94. I ragazzi di età compresa tra i 12 e i 19 anni ne assumono 273 (l’equivalente di due lattine), più di ogni altro gruppo d’età, mentre gli uomini di età compresa tra i 20 e i 39 anni, con le loro 252 calorie giornaliere, si piazzano a secondo posto della poco desiderabile classifica. Da un altro punto di vista, il 25% degli intervistati assume meno di 200 calorie al giorno dalle bibite, ma il cinque per cento ne prende più di 567 (l’equivalente di quattro lattine).
Questi dunque i dati principali, preoccupanti se si pensa che l’American Heart Association ha fissato in 450 calorie alla settimana (e non al giorno) la quantità massima di zuccheri che dovrebbero derivare da una bevanda.
In concomitanza con la loro pubblicazione Los Angeles, Boston, Filadelfia, San Antonio e Seattle hanno annunciato una nuova campagna per la riduzione del consumo di liquidi zuccherati, sulla scorta di quanto già fatto da New York, e le hanno dato un titolo suggestivo: “La vita è più dolce con meno bevande dolci”, nonché alcuni slogan che colpiscono, tra i quali: “Non mangereste mai 22 zollette di zucchero in un giorno. Perché volete berle?”.
Basterà tutto ciò per modificare abitudini diffusissime in tutto il paese e in particolare nelle categorie sociali più disagiate e nei gruppi etnici più emarginati? Presto per dirlo. Ciò che si è subito capito, tuttavia, è che la potentissima American Beverage Association (Aba), che in estate ha fatto causa alla città di New York per le sue iniziative contro le bibite, ha reagito immediatamente. Questo il suo commento: «Contrariamente al messaggio lanciato dal rapporto dei Cdc, il consumo di bevande zuccherate è in calo e non è tra i principali responsabili dell’aumento di obesità e diabete. In base al rapporto del 2010 Dietary Guidelines Committee, solo il 7% delle calorie della dieta media degli americani deriva da questi prodotti, mentre il 93% giunge da altri cibi e bevande. In più, grazie alle innovazioni tecnologiche e allo sforzo messo in atto dall’Aba, tra il 1998 e il 2008 il contenuto calorico medio è sceso del 21%, mentre tra il 1999 e il 2010 le vendite sono diminuite del 12,5%».
Pronta la risposta degli esperti, tra i quali David Katz, direttore del Prevention Research Center dell’Università di Yale: «Un fatto è incontestabile: si ingrassa perché si assumono più calorie di quante se ne spendano. Le bevande zuccherate danno un grande contributo al surplus di calorie incamerate ogni giorno, senza peraltro apportare alcun beneficio dal punto di vista nutrizionale. Le bibite & c. non dovrebbero quindi in nessun caso essere un’abitudine, come invece il rapporto dimostra che sono».
La nutrizionista Samantha Keller, coordinatrice del Center for Cancer Care del Griffin Hospital di Derby, in Connectictu, si concentra sui possibili rimedi. «Perché le persone portano a casa prodotti che non hanno valore nutrizionale ma solo calorico?, si chiede. In gran parte a causa del marketing. I ragazzi le bevono perché ne apprezzano il gusto, si sentono cool e ne traggono un’iniezione di energia, o almeno così pensano, bombardati come sono da pubblicità omnipresenti. Quindi le aziende devono smetterla di fare un marketing così aggressivo. I genitori, dal canto loro, decidono che cosa portare a casa, e per questo dovrebbero capire che è indispensabile far trovare in frigorifero solo succhi di frutta privi di zuccheri, acqua semplice, latte con pochi grassi.
Se vogliono continuare a dare liquidi diversi ai propri figli, possono fare da soli acque e tè senza zucchero ma aromatizzati con fettine di limone, arance e altri agrumi, di pesca, di ginger, che sono ottimi, naturali, privi di calori inutili e contengono anche qualche vitamina in più».
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Giornalista scientifica