L’editing genetico fermerà la strage dei pulcini maschi? È la soluzione proposta da una start up israeliana, EggXYt, che ha sviluppato un metodo bastato sull’ormai celebre Crispr per individuare le uova che contengono embrioni maschili subito dopo la deposizione. Si tratta di un notevole vantaggio rispetto altre tecniche emerse negli ultimi anni che permettono di identificare il sesso solo dopo alcuni giorni di incubazione. Ma l’etichetta di Ogm che è stata attribuita ai prodotti derivanti dall’editing genetico, porta con sé il rischio di insuccesso commerciale, almeno in Europa.
Ogni anno, secondo le stime del Dipartimento dell’agricoltura americano, in tutto il mondo vengono soppressi circa sei miliardi di pulcini maschi a distanza di 1-2 giorni dalla nascita. Sono il prodotto indesiderato della filiera delle uova dove i pulcini femmina vengono allevati per diventare ovaiole, mentre i maschi non sono adatti per la produzione di carne (*) e vengono soppressi. Ma la crescente attenzione dei consumatori nei confronti del benessere animale e delle questioni etiche hanno fatto nascere nel tempo diverse tecniche per individuare il sesso dei pulcini prima della schiusa per evitare una strage continua di maschi.
A questo scopo, EggXYt ha deciso di usare l’editing genetico per inserire nel DNA dei maschi delle galline ovaiole una sequenza che codifica per un marcatore fluorescente. In questo modo le uova che contengono embrioni maschili possono essere individuate con un semplice scanner subito dopo la deposizione, con un risparmio economico per le aziende che non devono più occupare per diversi giorni gli incubatoi con uova da scartare.
Lo svantaggio evidente, più che altro per il futuro successo commerciale del sistema, è legato alla percezione pubblica delle uova da esso derivate, che potrebbero essere considerate Ogm. Per lo meno in UE, dove una sentenza della Corte di giustizia europea del 2018 ha equiparato le specie ottenute con le new breeding techinques (come l’editing genetico) agli Ogm, e ha stabilito che devono essere sottoposte alle leggi e ai regolamenti in materia. Tuttavia, non è ancora chiaro se in Europa queste uova saranno effettivamente etichettate come Ogm. Come spiega a FoodNavigator Yehuda Elram, amministratore delegato di EggXYt, “solo le uova maschili sono bio-marcate, quelle femminili non sono toccate e il loro DNA è 100% identico al DNA delle attuali ovaiole”.
Altri gruppi di ricercatori e imprese invece hanno puntato su tecniche diverse, riassunte in un articolo di Science del 2019. Per esempio, l’azienda Seleggt, nata dall’unione tra università tedesche e start up olandesi, ha sviluppato un metodo di sessaggio in ovo basato su un ormone prodotto solo dalle femmine a partire dal nono giorno di incubazione, l’estrone solfato. Per la rilevazione, un robot pratica con un laser un foro microscopico e preleva una microgoccia, che viene analizzata. Le uova prodotte dall’azienda sono in commercio in Germania con il marchio Respeggt dal 2019.
Sempre in Germania, un altro gruppo di ricercatori ha sviluppato una tecnica che anticipa la selezione delle uova al quarto giorno di incubazione. Questo metodo è basato sulle differenze nella maturazione del sangue, diversa tra maschi e femmine. Anche in questo caso, però, l’analisi prevede un foro nel guscio attraverso cui, usando un laser, misurare la fluorescenza emessa dai diversi tipi di cellule.
Un’azienda texana, la Ovabrite, invece ha messo a punto un metodo che, senza forare il guscio, utilizza la spettrometria di massa per analizzare le sostanze volatili emesse dalle uova, diverse tra maschi e femmine. In Turchia, invece, si sta provando a individuare le uova che contengono embrioni maschili facendo analizzare a un’intelligenza artificiale le differenze nella forma, mentre un altro gruppo di ricercatori tedesco sta studiando la possibilità di utilizzare la risonanza magnetica.
(*) Ad eccezione delle razze dual purpose (a doppia attitudine, nel linguaggio zootecnico italiano), impiegate sia per la produzione di uova che di carne
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.
Il benessere animale non c’entra nulla. Il problema è la diminuzione dei costi. Poter vendere le uova anzichè aspettarene la schiusura e dover sopprimere i pulcini è un notevole vantaggio economico.
Se interessasse veramente il benessere animale basterebbe allevare solo le razze sia per produzione di carne che di uova.
Sicuramente il recupero del 50% delle uova attualmente destinate all’incubazione per ottenere future galline ovaiole sarebbe un importantissimo vantaggio economico ma placherebbe anche lo scontro con le associazioni che si occupano, a mio avviso giustamente, del benessere animale. Non capisco, invece, la proposta conclusiva di Augusto giacché, in effetti, è quello che egli propone già si fa, con una importante differenza: non si usano razze ma ibridi, per sfruttare il noto fenomeno dell’eterosi.
Senza voler togliere alcunché ai meriti dell’Autrice dell’articolo ma semplicemente desideroso di collaborare mi permetto di segnalare che, nel linguaggio zootecnico italiano, “dual purpose” si traduce “a duplice attitudine”.
Grazie mille della segnalazione.