L’alimentazione dei bambini e ragazzi britannici a scuola è da ripensare quasi totalmente, se si vuole che i più piccoli acquisiscano abitudini alimentari corrette e, soprattutto, non si trovino, fin dai primi anni di vita, a dover combattere con sovrappeso e obesità. Stando a quanto emerso in uno studio coordinato dal National Institute for Health and Care Research e pubblicato su Nutrients, infatti, tre quarti delle calorie assunte durante il pranzo a scuola proviene da alimenti ultra-trasformati, pieni zeppi di zuccheri, grassi, sale e additivi.
Il risultato – in parte inatteso, nelle sue dimensioni – arriva dall’analisi di ciò che i ragazzi delle scuole primarie e medie hanno consumato a scuola tra il 2008 e il 2017, in base a quanto riportato nel National Diet and Nutrition Survey, che ha coinvolto poco meno di 1.900 bambini di età compresa tra i 4 e gli 11 anni e 1.400 di età compresa tra i 12 e i 18 anni. In totale, mettendo insieme i pasti mangiati nella mensa della scuola e quelli di preparazione domestica, è emerso che circa il 75% delle calorie proveniva da cibi e bevande ultra-trasformati, con una percentuale che arrivava al 82% nel cibo portato da casa, mentre si fermava (si fa per dire) al 64% in quelli della ristorazione scolastica.
Inoltre, i ragazzi più grandi assumevano quasi il 78% delle calorie attraverso ultra-trasformati, mentre i bambini il 73%. Ancora, protagonisti dei pasti portati da casa erano alimenti poco lavorati quali formaggi e latticini, carne, pane, ma soprattutto alimenti ultratrasformati come i prodotti da forno industriali, così come gli snack salati e dolci, i piatti pronti, le bevande gassate, che tendono aumentare con l’età. Come atteso, poi, sono stati gli allievi delle zone economicamente più disagiate a mangiare peggio, e visto che il costo della vita è in aumento sensibile anche nel Regno Unito, secondo i nutrizionisti è importante agire proprio su questi bambini e ragazzi, altrimenti destinati a mangiare sempre peggio, ricorrendo ad alimenti dalla scarsa qualità nutrizionale, ma più convenienti.
La fotografia di quanto accade nelle mense non stupisce, se si pensa che i ragazzi britannici sono i maggiori consumatori di junk food d’Europa (rispetto ai coetanei). Eppure, in base a un altro studio, questa volta condotto dai ricercatori dell’Università scozzese di Edimburgo e dai colleghi americani di Yale, i bambini e non solo loro, posti di fronte a una scelta tra alimenti che considerano naturali e una versione più artificiale degli stessi, non hanno dubbi: scelgono sempre quelli che ritengono siano naturali. I ricercatori lo hanno dimostrato in due serie di esperimenti. Nel primo a 137 bambini di età compresa tra 6 e 10 anni sono state proposte tre mele: una proveniente da un albero, una creata da un laboratorio (cioè coltivata in vitro, secondo quanto è stato detto loro) e una prodotta da un albero dentro un laboratorio. La scelta è caduta nettamente sulla prima mela, per quanto riguarda gusto ipotizzato, sicurezza e desiderio di mangiarla.
Nel secondo test, a 85 bambini di età compresa tra i 5 e i 7 anni e a 64 adulti è stato chiesto di scegliere uno tra quattro succhi d’arancia: uno spremuto dalle arance in una fattoria, uno privo di informazioni, uno con sostanze chimiche aggiunte e uno in cui era specificato che erano state tolte. Come riferito su Developmental Psychology, tutti, bambini e adulti, hanno preferito il succo della fattoria, percepito come più sano, più gustoso e più sicuro. Secondo gli autori, l’implicazione è ovvia: assecondare la predisposizione dei bambini e non solo verso alimenti semplici e naturali dovrebbe rendere gli interventi nutrizionali (per esempio nelle mense) più facili, e anche più razionali. Gli studenti amerebbero il cibo migliore, se solo fosse loro proposto.
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Giornalista scientifica