Gli alimenti ultra-trasformati piacciono sempre di più, almeno agli americani, anche se continuano a emergere i loro effetti negativi sulla salute. La tendenza all’aumento del consumo è emersa in uno studio per il quale sono stati utilizzati i dati di 41 mila cittadini statunitensi che, tramite la compilazione di un diario alimentare, nel periodo tra il 2001 e il 2018 avevano preso parte all’indagine nazionale su salute e nutrizione (National Health and Nutrition Examination Survey). I ricercatori della New York University che hanno realizzato lo studio, pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition hanno suddiviso gli alimenti in quattro grandi categorie: i cibi processati solo in minima parte come frutta, verdura, cereali, carne e latte e latticini; gli alimenti processati con la preparazione domestica, cioè con l’aggiunta di sale, burro, olio d’oliva o zucchero; gli alimenti processati come formaggi, pesce o legumi in scatola e, infine, quelli ultraprocessati come pizze surgelate, bibite, cibo da fast food, snack salati, dolci, zuppe in scatola e molti cereali per la colazione. Poi hanno calcolato dai diari alimentari la calorie consumate per ogni categoria di alimenti. Dallo studio emerge che, nei 18 anni presi in esame, il consumo relativo di ultra-trasformati è aumentato, passando dal 53,5 al 57% delle calorie assunte ogni giorno, mentre è calato specularmente quello dei cibi della prima categoria, i meno lavorati (passati dal 32,7 al 24,7% delle calorie).
Le tipologie di alimenti che hanno riscosso il maggiore successo sono state quelle dei pasti pronti mentre, per la prima categoria, si è registrata in particolare una diminuzione del consumo di carne e di latte e latticini. Il gruppo di persone che ha incrementato più di ogni altro il consumo di ultraprocessati è stato quello degli over 60. All’inizio dell’indagine gli anziani erano coloro ne consumavano di meno, mentre alla fine sono risultati essere quelli che ne consumavano di più. La conclusione degli autori è che è necessario fare molto di più per invertire la tendenza. Sarebbe per esempio utile introdurre limiti alla pubblicità, adeguare le linee guida ufficiali in senso più restrittivo, migliorare le etichette e introdurre tasse sulle bevande gasate e sugli alimenti ultraprocessati. Parallelamente, bisognerebbe incentivare il consumo di alimenti freschi e poco lavorati anche attraverso leve fiscali e sconti, rivolti in modo preferenziale alle fasce di popolazione più povere, troppo spesso attirate dal basso costo degli ultra-trasformati.
Del resto, continuano ad aumentare le conferme del fatto che questi alimenti, per motivi non ancora del tutto chiari, siano nocivi. L’ultima notizia, in ordine di tempo, è uno studio sui ratti condotto dai ricercatori dell’Università dell’Ohio e pubblicato a metà ottobre. Gli animali sono stati alimentati con una dieta che riproduceva quella umana a elevato contenuto di alimenti ultra-trasformati (19,6% di calorie provenienti dalle proteine, 63,3% da carboidrati altamente raffinati, tra i quali maltodestrine, sciroppo di glucosio e saccarosio e 17,1% da grassi), con o senza l’integrazione dell’acido grasso omega-3 Dha, oppure con una dieta normale (32% da proteine, 54% da carboidrati provenienti da cereali e 14% di grassi).
Come riferito su Brain, Behavior, and Immunity, dopo sole quattro settimane, gli animali anziani a cui era stata somministrata la dieta con gli ultra-trasformati hanno avuto un notevole incremento dell’infiammazione in alcune aree del cervello, correlato, dal punto di vista comportamentale, a manifestazioni di perdita della memoria, mentre i ratti anziani a cui era stato dato anche il Dha non hanno registrato questi problemi, anche se entrambi hanno guadagnato molto peso. Gli animali nutriti con una dieta più equilibrata e quelli giovani non hanno mostrato segni evidenti di effetti sul cervello.
Secondo gli autori l’effetto sulla memoria è il risultato dell’infiammazione indotta dagli ultraprocessati che compare assai precocemente e che il Dha può contrastare. Ciò non significa però che si possa continuare a mangiare cibo ultra-trasformato in quantità se si assumono omega-3. La soluzione migliore è infatti sempre quella di puntare su un regime alimentare più sano, attento alle fibre e alla qualità dei carboidrati. C’è dunque molto lavoro da fare, con una particolare attenzione alle persone più anziane, anche perché la tendenza non sembra andare verso la diminuzione, anzi. Secondo le prime rilevazioni, durante i mesi più duri della pandemia, il consumo di questa tipologia di alimenti è ulteriormente aumentato, sia per la difficoltà o il timore di recarsi nei negozi e nei supermercati, sia perché molti di questi cibi sono percepiti come comfort food e sono stati quindi cercati soprattutto nei momenti di depressione, ansia e, in generale, di disagio psicologico.
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Giornalista scientifica
E stato accertato che i cibi”,processati “o ultralavorati hanno la capacità di abbassare le difese del sistema immunitario. Quindi, attenzione.
secondo me, bisognerebbe acquisire l’abitudine di leggersi la lista degli ingredienti (e relative quantità) e saper riconoscere quelli non salutari. ma mi rendo conto che suona come una predica nel deserto…
Si può usare l’app Yuka, la stessa che usa il Fatto Alimentare di tanto in tanto nei vari articoli. Tale app da una valutazione sulla qualità degli ingredienti usati (alimentari e cosmetici)
La pubblicità è il mezzo più persuasivo per indurre i consumatori ad adottare una dieta sana, quindi è auspicabile che il Governo e la Rai attuino una campagna televisiva e radiofonica per indirizzare a una scelta più salutare nell’alimentazione.