cuore malattia colesterolo

Per salvaguardare il cuore, oltre a tenere sotto controllo le calorie, è fondamentale prestare attenzione alla qualità di ciò che si mangia e ridurre gli alimenti ultra processati. A parità di apporto energetico e di percentuale di classi di singoli nutrienti, ciò che fa la differenza è il tipo di alimento, che dovrebbe essere il più possibile a base vegetale, con molte fibre, e non ultra processato (UPF).

Resistere agli UPF, tuttavia, non è semplice, perché la loro texture è studiata apposta per facilitare il consumo, e ciò spiega perché si assumano spesso troppe calorie, e di pessima qualità. Analizzano questi due aspetti del ruolo degli UPF i due studi presentati al congresso Nutrition 2025 svoltosi nei giorni scorsi a Orlando, in Florida. E concludono rafforzando ulteriormente il consiglio di cercare di mangiare alimenti poco lavorati, con una prevalenza di proteine, grassi e fibre vegetali.

Ultra processati e cuore

Il primo lavoro, presentato dai ricercatori della Chan School of Public Health dell’Università di Harvard (Boston), si sono analizzati i dati di circa 200.000 persone seguite per diversi decenni, contenuti nei due grandi studi sulle infermiere (condotti tra il 1986 e il 2018) e sul personale medico di sesso maschile (1986-2016). Per molti di essi erano disponibili anche centinaia di esami medici e di laboratorio, e questo ha permesso di valutare, nello specifico, la salute del cuore, mettendola in relazione con le abitudini alimentari.

Per quantificare l’influenza della qualità del cibo, gli autori hanno considerato solo persone che seguivano regimi a basso tenore di grassi e carboidrati, e hanno poi attribuito un punteggio alla loro alimentazione. Se questa prevedeva soprattutto alimenti con vegetali freschi, fibre, frutta a guscio e legumi la dieta era considerata di qualità, se invece i vegetali erano rappresentati dalle patate, le proteine provenivano principalmente da fonti animali ed erano lavorate e le farine erano raffinate, la dieta era valutata di cattiva qualità.

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Negli alimenti industriali spesso sono aggiunti zuccheri, sali, grassi e additivi che non fanno bene al cuore

Scelte consapevoli

Associando le abitudini alimentari con le condizioni del cuore, il risultato è stato che chi era rientrato nel gruppo della dieta migliore aveva avuto una riduzione di circa il 15% del rischio di avere una patologia coronarica, e indici metabolici decisamente migliori rispetto a chi, invece, aveva seguito una dieta che, pur rispettando le limitazioni di calorie, grassi e carboidrati, era stata di qualità scadente.

Il consiglio degli autori è quindi quello di seguire con il maggiore scrupolo possibile le indicazioni delle linee guida, che prevedono il tipo di alimentazione che anche loro hanno classificato come migliore. In particolare, invitano a fare attenzione agli UPF e a leggere le etichette, perché negli alimenti industriali spesso sono aggiunti zuccheri, sali, grassi e additivi che non fanno bene al cuore, e che sarebbero, se non da evitare, da ridurre drasticamente.

Le sirene della texture

Sfuggire agli ultra processati, tuttavia, non è per niente facile, perché molti prodotti industriali sono appositamente studiati affinché il consumatore ne mangi di più nel più breve tempo possibile, cioè per avere un elevato eating rate. Questo parametro – che misura, in grammi per minuto, la quantità assunta di un certo alimento – è stato al centro del secondo studio, presentato al congresso questa volta dai ricercatori dell’Università di Wageningen, nei Paesi Bassi, cui hanno preso parte circa 40 persone.

I volontari dovevano seguire una tra due tipi di dieta, costituite da alimenti molto simili, al 90% da ultra processati, e identiche per quanto riguardava le porzioni e la densità calorica (cioè le calorie per grammo), ma diverse in un aspetto cruciale: la texture. In una delle due, infatti, i prodotti ne avevano una studiata per una masticazione lenta, per assaporare il gusto, mentre nell’altra avevano ne avevano una che doveva favorire l’assunzione di più cibo nel minor tempo possibile.

I partecipanti hanno preso parte a uno dei due gruppi, poi sono stati due settimane in pausa; quindi, per altre due settimane, sono stati inseriti nel gruppo opposto. I pasti sono stati consumati solo nell’apposita unità dell’Ospedale, in modo da avere un controllo molto serrato di ciò che veniva scelto. In ogni pasto, le persone potevano mangiare tutto quello che volevano, anche se erano state invitate a nutrirsi fino a sentirsi ragionevolmente sazie, senza eccessi.

Ciotola di patatine chips alla paprika, circondata da peperoni rossi, ultra processati
La texture degli ultra processati è importante ai fini del consumo totale di un certo alimento

I risultati

Alla fine, la differenza tra le due tipologie di UPF è apparsa evidente: il gruppo con la texture “lenta” ha assunto in media 369 calorie in meno rispetto al gruppo di quella con un elevato eating rate, pari a circa 5.000 calorie in meno nelle due settimane. Per quanto riguarda le opinioni, i volontari non hanno riferito particolari differenze né sul senso di sazietà né sul livello di soddisfazione, a conferma di quanto insidiosi siano i prodotti con elevato eating rate, e quanto sia difficile individuarli.

Lo studio conferma quindi quanto la texture sia importante, ai fini del consumo totale di un certo alimento. Da un punto di vista propositivo, gli autori invitano le aziende a dare più spazio agli UPF migliori, con texture che garantiscano lo stesso gradimento, ma non stimolino a mangiare di più in meno tempo. Questo però significa, per i produttori, vendere di meno, e non è quindi molto probabile che la richiesta sia accolta.

© Riproduzione riservata. Foto: Depositphotos.com IA

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Manuela
Manuela
17 Giugno 2025 13:43

Sarebbe curioso sapere quali sono questi alimenti con un elevato eating rate

gianni
gianni
17 Giugno 2025 16:53

Gli esperti lo chiamano ” punto di beatitudine–bliss point “……oggetto di ricerca accurata di tutte le industrie alimentari quando creano gli UPF.
La definizione può essere difficile da formulare essendo in vendita una miriade di cibi che impersonano il concetto ma grazie a un normalissimo motore di ricerca sul web attraverso le immagini che appaiono digitando appunto —bliss point—il consumatore vede con i propri occhi di cosa parla l’articolo.

giova
giova
8 Luglio 2025 10:38

Alcuni esperti in tecnologia alimentare ritengono il termine ultra processato un po’ generico, andrebbero fatti dei “distinguo”.
http://www.sisa.it/upload/GIA_2024_n1_6.pdf

giova
giova
8 Luglio 2025 11:27

Venirne fuori da questo “vicolo cieco”, dove solo l’educazione alimentare unita al buon senso sembrerebbero gli unici ingredienti veramente indispensabili, non sarà per niente semplice.

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