Molti ingredienti degli ultra processati (UPF) sono nocivi per la salute. Di più: aumentano il rischio di morte. O, quantomeno, una loro assunzione regolare e sostenuta è associata a un peggioramento degli indici di mortalità, fatto che li colloca tra i primi sospettati dei danni alla salute associati a questi prodotti. Lo dimostra un grande studio pubblicato sulla rivista del gruppo Lancet eClinical Medicine, nel quale i ricercatori dell’Università di Gießen, in Germania, hanno adottato un approccio diverso da quelli abituali in questo tipo di studi: hanno analizzato il ruolo di decine di ingredienti singoli quali zuccheri e dolcificanti, coloranti, aromi e gelificanti, chiamati anche “marcatori di ultraprocessamento” (MUP). Secondo alcune tra le possibili definizioni, un ultra processato è tale se contiene almeno una di queste categorie di ingredienti: da qui l’importanza di analizzarli classe per classe.
I dati della UK Biobank
Per avere un numero adeguato di partecipanti, i ricercatori hanno attinto al grande database britannico UK Biobank, e controllato i dati medici e quelli sulle abitudini alimentari di oltre 186.700 persone di età compresa tra i 40 e i 75 anni all’inizio delle rilevazioni, tutte seguite per un minimo di 11 anni. In quell’intervallo di tempo, nel campione si sono verificati circa 10.200 decessi. Andando a quantificare la presenza, nella dieta, di 37 tra i più diffusi marcatori di ultraprocessamento, sono emerse diverse relazioni positive, e qualcuna negativa (e quindi protettiva rispetto al rischio di morte).
Per quanto riguarda le prime, cinque categorie di sostanze hanno mostrato una relazione lineare con l’incremento del rischio di morte: gli aromi, gli esaltatori di sapore, i coloranti, i dolcificanti e diversi tipi di zuccheri. Oltre alle cinque classi, altre 13 sostanze simili hanno mostrato un rapporto di qualche tipo, rispetto ai decessi, e cioè: glutammato, ribonucletide, acesulfame, saccarina, sucralosio, agenti agglomeranti, rassodanti, addensanti e gelificanti, e poi fruttosio, zucchero invertito, lattosio e maltodestrina. Su tutti, solo i gelificanti sembrano avere un effetto protettivo, mentre tutti gli altri aumentano la probabilità di morte.
Le ipotesi
La dimostrazione di un possibile effetto sulla mortalità, secondo gli autori deve avere due scopi: contribuire a focalizzare gli studi dei prossimi anni sugli ingredienti peggiori, ed eventualmente aiutare a stabilire le priorità in caso di decida di vietare, limitare o anche solo segnalare una certa classe, o un singolo marcatore.

Ma che cosa si sa sul perché ciascuno dei fattori studiati influenza il rischio di morte? In realtà poco. Per esempio, per quanto riguarda gli aromi, si pensa che contribuiscano a distruggere un meccanismo fisiologico chiamato flavour-nutrient learning, grazie al quale il cervello impara a distinguere la qualità nutrizionale di un alimento anche attraverso l’aroma. Se però il cervello viene continuamente ingannato con odori artificiali e forzati, finisce per non riuscire più a distinguere, e quindi per non esercitare più il controllo su ciò che si mangia.
Per quanto riguarda i coloranti, alcuni sono stati associati a rischi di tipo allergenico e oncologico, e a disturbi nello sviluppo neurologico dei bambini, anche se in casi molto limitati e specifici. Inoltre, i dolcificanti mandano in tilt il sistema di regolazione della glicemia e i messaggi associati al gusto dolce, che dovrebbero aiutare a capire quando è il caso di fermarsi, mentre gli zuccheri contribuiscono a sovrappeso e obesità.
Non tutti gli additivi sono dannosi
I gelificanti, e in primo luogo la pectina, potrebbero invece avere un effetto protettivo grazie alle fibre che spesso contengono. Infine, lo studio rivela che altre categorie come le proteine, le fibre, gli oli modificati e altre sostanze utilizzate nelle lavorazioni non sembrano avere alcun tipo di azione. Gli autori sottolineano comunque che non si deve pensare che un singolo ingrediente possa provocare un aumento del rischio di morte. È l’insieme di questo tipo di ingredienti e l’abitudine ad assumerne troppo spesso che potrebbe fare la differenza.

Ultra processati troppo pervasivi
Ciò che preoccupa è la crescente pervasività degli ultra processati, che rappresentano ormai una quota rilevante delle calorie quotidiane. Secondo l’ultimo rapporto dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC) USA, nel periodo 2021-2023, gli statunitensi adulti hanno assunto più del 53% delle calorie quotidiane tramite gli ultra processati (con un calo, rispetto alla rilevazione precedente, che fissava la percentuale al 56%), i bambini il 62% (rispetto al precedente 66%). Si registra quindi una lieve tendenza alla diminuzione in tutte le fasce d’età. Ma resta il fatto che gli UPF sono più della metà di ciò che mangia ogni cittadino statunitense (e non solo: i dati di molto Paesi sono in linea). Tutti i giorni.
Il mercato degli ultra processati è immenso, e le aziende principali hanno bilanci superiori a quelli di molti stati. Tra questi Coca-Cola Company (45 miliardi di dollari), PepsiCo (91 miliardi), Nestlé (103 miliardi), Mondelēz International (36 miliardi), Kellogg Company (miliardi di dollari) e General Mills (20 miliardi). Nessuna sorpresa, quindi, sulla loro capacità di penetrazione dei mercati.
La direzione del futuro prossimo, quantomeno negli Stati Uniti, si capirà anche in base alle decisioni della Food and Drug Administration, che non ha ancora adottato una definizione univoca per gli ultra processati. Dovrebbe farlo a breve, ma in questo momento l’agenzia è strumento di alcune delle battaglie ideologiche del Segretario alla salute Robert Kennedy jr, che potrebbe non distinguere e adottare provvedimenti in base a convinzioni di qualche funzionario, e non a dati scientifici.
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Giornalista scientifica



” battaglie ideologiche ” ” convinzioni di qualche funzionario” “… non a dati scientifici” Vi seguo e leggo da anni ed anche se mi arrogo sempre il diritto di controllare le fonti ed avere uno spirito critico vi ritengo un elemento importante della divulgazione nell’ambito alimentare,Sono però indignata per le espressioni che avete utilizzato nei confronti del lavoro del Dr Robert Kennedy Jr Il vostro lavoro e’ divulgare informazioni corrette e stimolare il lettore ad approfondire e o avere consapevolezza nelle scelte alimentari Non e’ certo fare propaganda Per altro lecchina verso …chi e’ dotato di spirito critico, coraggio e potere di cambiare le cose che , come voi stessi ammettere, non sono fatte nell’interesse dei consumatori né tantomeno nella promozione della salute pubblica , ma sfacciatamente per il Dio Denaro. Spero che non iniziate a fare pr9paganda. La gente deve imparare a documentarsi , ma deve farlo con spirito critico e libertà di consultare le fonti senza sentirsi dire da nessuno ” a chi devono dare ascolto. Le informazioni scientifiche sono valide solo sino a quando sono sufficientemente ben dimostrate e solo sino a prova contraria! Nessuno ha titolo per direcosa e’ scientificamente valido e cosa no solo in funzione della propria competenza Nella scienza conta solo la dimostrazione ripetibile Mai chi la ipotizza!
Articolo molto circostanziato e interessante, può contribuire a fare chiarezza su ciò che assumiamo, soprattutto in una alimentazione “mordi e fuggi”.