Altro che concerti heavy metal: sbalordisce molto di più il fragore sulle etichette alimentari a Strasburgo. Di ritorno dal Parlamento europeo dopo la discussione sulle etichette alimentari mi trovo sbalordito e confuso direbbero gli inglesi “dazed and confused”. Purtroppo nessun aiuto mi viene dalle “press release” celebrative, distribuite per l’occasione ai partecipanti. La sensazione è quella di avere assistito a lunghi dibattiti sul problema dell’obesità e di avere quasi sbagliato sala visto che ad un certo punto il dibattito è stato focalizzato dai semafori sulle confezioni dei cibi da adottare per indicare i profili nutrizionali”. Molti parlamentari convinti di risolvere il problema dell’obesità affidandosi ai bollini colorati sui cibi, portavano avanti con vigore l’ipotesi delle etichette multicolori. La discussione poi è spaziata sull’origine obbligatoria di whiskey, latte e altri prodotti.
Anche se il dibattito è stato focalizzato da questi temi la legge in discussione risulta molto ampia perchè riguarda il complesso delle notizie che devono essere fornite in etichetta e sulla pubblicità. A questo punto con buona pace del Mercato unico e della libera circolazione delle merci qualcuno propone la possibilità degli Stati membri di pretendere in etichetta informazioni obbligatorie diverse da quelle generali, che verrebbero usate in molti casi come un ostacolo alla libera circolazione delle merci.
Anche sulla tabella nutrizionale che dovrebbe diventare obbligatoria per molti prodotti va fatta una riflessione . E’ giusto rendere obbligatoria un’etichetta con ben 10 valori, inclusi gli acidi trans-grassi naturali e artificiali riferiti a 100 g o ml ? Questo standard proposto su una merendina di 30 g risulta inevitabilmente molto diverso rispetto a quanto assume la persona. Poi sono previste anche notizie supplementari per le carni derivate da macellazione rituale, e ripetizioni di notizie già presenti in altre parti dell’etichetta (come la presenza di edulcoranti).
E’ davvero questo che i consumatori d’ogni parte d’Europa possono o vogliono comprendere?
Dario Dongo