Si chiama Tritordeum ed è un cereale compatibile con la sindrome del colon irritabile (Ibs), per la quale invece è generalmente consigliata una dieta povera di cereali, in quanto alcune componenti, come il glutine e i fruttani, sono responsabili della sintomatologia. Il Tritordeum è una pianta creata in Spagna, coltivata anche in Puglia, che si caratterizza per versatilità in cucina, virtù salutari e sostenibilità ambientale. Non si tratta di un Ogm (da un punto di vista puramente legale), anche se è stata ottenuta in laboratorio sommando l’intero patrimonio genetico del grano duro (Triticum durum) e dell’orzo selvatico (Hordeum chilense).
Le farine che se ne ottengono si prestano a molte preparazioni e sono adatte per realizzare tutti gli impasti e i lievitati dolci o salati e persino bevande vegetali, a cui conferiscono un sapore dolce con note di frutta secca e un colore dorato, insieme a una byona digeribilità. Dal punto di vista nutrizionale, il Tritordeum si distingue dal frumento classico (grano tenero) e dal farro (grano spelta), per un più alto contenuto di fibre alimentari, antiossidanti e proteine, ma un minore apporto di glutine. Per questo, oltre a rivelarsi utile a mantenere una dieta equilibrata, è adatto anche al consumo da parte di chi è sensibile al glutine, ma non dei celiaci.
In più, secondo un recente studio condotto dall’Unità di ricerca sui disturbi funzionali gastrointestinali dell’Irccs Saverio De Bellis di Castellana Grotte (Bari), introdurre il Tritordeum nell’alimentazione quotidiana, in sostituzione di altri cereali, permetterebbe di mitigare notevolmente i sintomi della sindrome del colon irritabile. I ricercatori dell’Irccs De Bellis, l’unico in Italia specializzato in gastroenterologia, hanno selezionato con appositi questionari un gruppo di 20 pazienti di età compresa tra i 18 ed i 65 anni affetti da questo disturbo e hanno indagato gli effetti di un’alimentazione con pane, pasta e prodotti da forno a base di Tritordeum in sostituzione di altri cereali.
Come spiegano Gianluigi Giannelli, direttore scientifico dell’istituto che ha svolto la ricerca e Francesco Russo, coordinatore delle studio «dopo tre mesi i partecipanti hanno registrato una riduzione dei sintomi gastrointestinali, come dolori addominali, crampi, diarrea, gonfiore, digestione rallentata, meteorismo e senso di malessere generale». Il merito è della particolare composizione proteica del glutine presente nel Tritordeum, che «contiene meno gliadina, fruttani e carboidrati, ma più fibre dall’effetto probiotico e, oltre a ridurre l’infiammazione della mucosa intestinale, contribuisce a correggere, senza l’utilizzo di alcun farmaco o integratore, gli squilibri della flora batterica responsabili della fermentazione alla base dei sintomi più fastidiosi della sindrome del colon irritabile».
I risultati di questo studio pilota, pubblicati anche su Frontiers in Nutrition, «aprono la strada a ulteriori ricerche, che coinvolgeranno un maggior numero di pazienti, allo scopo sia di comprendere meglio gli effetti della reazione infiammatoria intestinale, sia di valutare come i cambiamenti dello stile dietetico possano avere un impatto sulla salute. Il tutto allo scopo di individuare nuovi modi per migliorare la qualità della vita di chi soffre di intolleranze alimentari e disturbi gastrointestinali cronici» concludono i ricercatori. Infine, un aspetto positivo da non sottovalutare è la sostenibilità. Il Tritordeum è infatti un cereale rustico, resistente agli effetti del cambiamento climatico.
© Riproduzione riservata; Foto: Terra e vita, Fotolia, Irccs De Bellis
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