Trent’anni di fast food: piatti sempre più grandi, calorici e salati. I risultati dello studio sui menu delle 10 maggiori catene americane
Trent’anni di fast food: piatti sempre più grandi, calorici e salati. I risultati dello studio sui menu delle 10 maggiori catene americane
Agnese Codignola 11 Marzo 2019Sarà probabilmente sempre più difficile, per i fast food, scaricare su altri la responsabilità dell’aumento esponenziale di obesità e patologie associate all’eccesso di cibo. Negli ultimi trent’anni le dieci principali catene americane (e quindi mondiali) hanno costantemente aumentato le dimensioni delle porzioni, le calorie e il sale. Anche se questo non significa necessariamente che i clienti abbiano poi consumato tutto, è ben noto e dimostrato che se aumentano le porzioni si tende a mangiare di più, e quindi a ingrassare.
È impietoso il quadro uscito da uno studio pubblicato sul Journal of the Academy of Nutrition and Dietetics dai ricercatori della Tufts University di Boston, che hanno analizzato i menu proposti dalle dieci maggiori catene di fast food (in base al fatturato) nel 1986, nel 1991 e nel 2016, suddividendo le voci in tre categorie: piatti principali, contorni e dessert.
Innanzitutto, in tre decenni è molto cresciuta la varietà dei piatti proposti, addirittura del 226%, ma l’ampliamento delle possibilità di scelta non è risultato associato a una maggiore disponibilità di pietanze sane. Al contrario, le ricette aggiunte sono state quasi sempre meno sane di quelle già presenti, segno di disinteresse verso ciò che via via diventava sempre più chiaro sui rischi di quel tipo di cibo.
Per quanto riguarda le calorie, in trent’anni sono aumentate in tutte le categorie e, soprattutto, nei dessert (186 kcal in più nel 2016 rispetto al 1986), seguite dai piatti principali (90 kcal in tre decadi). Questi incrementi, secondo gli autori, sono dovuti soprattutto al lievitare delle dimensioni delle porzioni, statisticamente significativo sia per i piatti principali (in media 13 grammi in più ogni dieci anni), sia per i dessert (24 grammi in più sempre ogni dieci anni).
L’altro dato che in qualche misura stupisce, vista l’attenzione posta da tempo dalle autorità di salute pubblica di tutto il mondo, riguarda il sale perché la concentrazione è aumentata quasi ovunque.
Tutto ciò spiega perché ormai un pasto in un fast food con un piatto principale e un contorno apporti in media 474 kcal, ovvero circa il 40% delle calorie giornaliere, valore che si avvicina al 50% se è accompagnato da un bicchierone di una bevanda zuccherata.
In un quadro così desolante ci sono due buone notizie: è aumentata la presenza di calcio e ferro, soprattutto nella categoria dei dessert. Questo può contribuire a scongiurare osteoporosi e anemia, anche se gli autori sottolineano con forza che la prevenzione di queste malattie non può essere un alibi per mangiare al fast food, visto che il fabbisogno quotidiano di calcio e di ferro può essere soddisfatto con altri alimenti.
Considerando infine che negli Stati Uniti il 37% degli adulti con più di 20 anni mangia in un fast food almeno una volta al giorno, e che nella fascia di età compresa tra 20 e 39 anni si arriva al 45%, gli autori chiedono azioni più decise rispetto all’indicazione delle calorie nel menu, considerato comunque un primo passo. Sarebbe necessario ridurre le dimensioni delle porzioni e adeguare i prezzi alle porzioni, affinché si rifletta di più prima di ordinare piatti ipercalorici.
© Riproduzione riservata
[sostieni]
Giornalista scientifica
Beh, se uno vuole mangiare di meno, basta vada da quegli chef stellati che insieme al piatto portano la lente d’ingrandimento per capire dove sta la pietanza… Per non parlare delle confezioni degli alimentari, che via via sono sempre più piccole o meno riempite.
Non escluderei che l’aumento delle porzioni sia dovuto anche al fatto che sono più grandi le persone, i giovani, frequentatori tipici, danno diversi cm in più alle generazioni precedenti. Peccato per il sale, d’altra parte con materia di qualità non eccelsa maschera difetti
L’aumento della grammatura può avere diverse cause. Va considerato ad esempio che oggi non si mangia più un pasto completo quando si va fuori; può essere successa la stessa cosa anche ai fast food ovvero la gente non ordina più tutto il menù ma solo pietanze singole.
Non è raro vedere gente che consuma solo il panino o solo il dolce , ecco che per “fatturare di più si aumentano porzioni e prezzi.
Paragonare le porzioni di un fast food a quelle di un ristorante, e non dico uno stellato, ma anche una semplice trattoria, la considero una battuta di spirito, perché è un non senso non hanno niente in comune a partire dalla qualità dei prodotti.
L’aumento delle porzioni invece serve per creare più appeal verso una catena piuttosto che un’altra, nel caso del cibo da fast food vendere un panino in più vuole dire maggiore guadagno e l’incidenza della materia prima cibo e’ minima rispetto a quanto viene speso in marketing e comunicazione.., e nel campo pubblicitario il “più ” in questo caso aiuta, chi mangia ai fast food non è certo un consumatore attento alla salute..per cui il “più’ , e’ ciò che conta, non penso ci si facciano scrupoli di fare porzioni più grandi perché è aumentata la “stazza ” dei consumatori.
La combinazione di grasso/salato e Grasso/dolce è uno stimolo micidiale per il nostro cervello che fa sì che difficilmente quel cibo ci sazi ..anzi molto spesso la cosa che viene tolta dall’hamburgher e’ quella sparuta foglia di insalata ..disturba sulla grassezza