Il caffè più caro al mondo, e anche quello più discusso, il kopi luwak ottenuto dagli zibetti comuni (o civetta delle palme – Paradoxurus hermaphroditus), che costa anche migliaia di dollari al chilogrammo, ha meno segreti. E questa è una buona notizia, perché si avvicina forse il momento in cui, anziché dando la caccia agli zibetti o, peggio, allevando questi ultimi con modalità quasi sempre considerate inaccettabili, si potrà ottenere anche in laboratorio, modificando i chicchi classici fino a renderli molto simili a quelli ricavati dalle feci di questi animali.
Una storia che arriva da lontano
Quella del kopi luwak è una storia che ha più di un secolo, e un luogo di origine: l’Indonesia. Fu infatti in quel paese, allora colonia olandese, che nel XIX secolo i lavoratori delle piantagioni di caffè iniziarono a raccogliere le bacche escrete dagli zibetti e a consumarle, dal momento che era stato loro vietato di utilizzare il caffè che raccoglievano e lavoravano. Presto però anche i colonizzatori si accorsero delle speciali caratteristiche organolettiche di quei chicchi, e iniziarono a loro volta ad apprezzarli, facendo nascere un mercato che oggi è diffuso in molti paesi europei e in Nordamerica, anche se i consumi principali sono tuttora nel Sud Est asiatico.

Il caffè digerito
Il kopi luwak è uno dei diversi caffè ottenuti dalle bacche parzialmente digerite da animali, ed è il più pregiato. Anche se non tutti concordano sul fatto che abbia un aroma particolarmente intenso e gradevole, negli ultimi decenni ha conquistato un mercato di alta gamma, arrivando a costare 75 dollari la tazzina e anche più di mille dollari al chilo, per la difficoltà della raccolta in ambienti naturali e le rese inevitabilmente bassissime.
La richiesta ha quindi fatto nascere una rete di allevamenti estesa in tutto il Sud Est asiatico che, secondo numerose ONG come la The Civet Project britannica, sfugge a ogni controllo e costringe gli animali a vivere in gabbie molto piccole, a essere alimentati con mangimi non adatti e ad ammalarsi di continuo: una situazione che richiama quella dei polli in batteria. La mortalità sarebbe altissima, e anche per questo marchi come Harrod’s nel Regno Unito e diversi rivenditori online hanno esplicitamente rinunciato a commercializzare il kopi luwak.
Gli studi
La ricerca sulle sostanze chimiche e sui processi fisici che rendono quelle bacche così particolari è iniziata diversi anni fa e, come riferisce anche un articolo su Nature ha portato, nel 2004, a capire che i chicchi parzialmente digeriti sono molto più morbidi e con meno noccioli di quelli normali, per azione dei succhi gastrici dello zibetto. Poi, nel 2019, un altro studio ha mostrato, su chicchi tostati, che cambiano le proporzioni tra grassi e proteine: rispetto ai chicchi classici, nel kopi luwak aumenta la concentrazione dei primi e diminuisce quella delle seconde.
Lo studio appena pubblicato sulla rivista del gruppo Nature Scientific Reports ha voluto fare un passo ulteriore, e cioè ha analizzato la composizione dei chicchi di Robusta provenienti dagli zibetti o dalle piante subito dopo il raccolto, prima della tostatura, per essere il più vicino possibile alla situazione di partenza, naturale.
A tale scopo, i ricercatori della Central University of Kerala, in India, hanno raccolto 68 campioni di Robusta dello zibetto nel distretto sudoccidentale del Kodagu, in cinque piantagioni che producono Robusta appunto, insieme a numerose bacche delle piante, e le hanno analizzate con la gascromatografia e altri metodi analitici. Hanno così confermato che il kopi luwak ha un quantitativo totale di grassi più elevato.
Dagli zibetti al laboratorio
In più, però, hanno visto anche che contiene esteri degli acidi caprilico e caprico, cioè sostanze volatili che si ritrovano anche nelle fermentazioni dei prodotti caseari. Sarebbe l’insieme delle due caratteristiche a conferire un aroma e un gusto più rotondi e gradevoli, neutralizzando il retrogusto, anche se ovviamente la tostatura interviene a sua volta modificando le caratteristiche organolettiche. Se fosse confermato che le peculiarità di questo caffè sono da attribuire a quelle sostanze in quelle proporzioni, si potrebbe tentare di riprodurre le medesime condizioni in laboratorio, anche se è probabile che il quadro sia più complesso di così.
Secondo le previsioni riportate nello studio, nel 2032 il mercato dei kopi luwak frutterà più di 11 miliardi di dollari, e il tasso di crescita annuale, del 4,43% gli sta facendo conquistare rapidamente posizione nel già affollato mercato dei caffè e simili.
© Riproduzione riservata. Foto: Depositphotos
Giornalista scientifica



Sì, come quelli che annusano il.vino e sanno dirti che al taglio di quel grappolo il vendemmiatore aveva in tasca una caramella mou ed era giovedì. Quanta gente ha davvero le papille per apprezzare caffè preso dagli escrementi di un animale torturato?
E’ molto facile basta provarlo.
articolo interessantissimo. Complimenti, davvero tanti.