I supermercati americani dicono no al supersalmone geneticamente modificato che sta per invadere il mercato: anche i consumatori sono contrari
I supermercati americani dicono no al supersalmone geneticamente modificato che sta per invadere il mercato: anche i consumatori sono contrari
Agnese Codignola 25 Marzo 2013Negli ultimi dieci anni, c’è chi ha investito tempo e denaro per sviluppare un salmone geneticamente modificato, del tutto simile al salmone dell’Atlantico, ma capace di crescere il doppio. Il supersalmone si chiama AquAdvantage® Salmon ed è stato brevettato dai laboratori AquaBounty Technologies di Waltham in Massachusetts (Usa). Noi de Il Fatto Alimentare ne abbiamo gia parlato in un servizio di qualche mese fa.
C’è però una nuova variabile da considerare. Il nuovo prodotto non è ancora arrivato sul mercato che già è partita la mobilitazione generale di tutti coloro che si oppongono agli ogm (organismi geneticamente modificati) ed è iniziata la protesta degli esercenti. Moltissimi negozi e supermercati, infatti, hanno dichiarato di non avere alcuna intenzione di mettere in vendita il supersalmone, già ribattezzato ironicamente “Frankenfish”, “il pesce di Frankestein”.
Come riporta Time Magazine, diverse catene di supermercati americane, per un totale di oltre 2mila punti vendita, hanno aderito alla “Campaign for the Genetically Engineered (GE)-Free Seafood” (la campagna per eliminare i prodotti ittici frutto di ingegneria genetica). Fatto singolare, indice di una netta posizione da parte dell’opinione pubblica, è che tutte le reazioni di cui parliamo stiano avvenendo prima ancora che la US Food and Drug Administration (Fda) abbia concesso il via libera definitivo alla vendita del supersalmone. A dicembre, la Fda ha ufficialmente affermato che il supersalmone non può arrecare danni all’ambiente (è sterile e non si riproduce in natura), ma non ha dato alcuna autorizzazione alla vendita.
Secondo i sostenitori, il supersalmone potrebbe aiutare a soddisfare la crescente domanda di pesce, in particolare di salmone, che caratterizza gli Usa e consentirebbe di ridurre l’ingente import annuale di salmoni (747mila esemplari solo dal Cile), abbassando di conseguenza anche la loro elevatissima impronta idrica e di CO2 (anidride carbonica).
Gli oppositori del supersalmone hanno sempre risposto a queste argomentazioni, sollevando dubbi sulla sicurezza sia per l’uomo, sia per l’ambiente, nonostante il pronunciamento della Fda. C’è chi sottolineato come il dossier presentato da AquaBounty contiene informazioni ricavate solo da 6 esemplari e questi esigui dati non permettono affatto di escludere la potenziale allergenicità per l’uomo.
Al di là di queste posizioni motivate su basi scientifiche, sembra comunque che l’opinione pubblica americana sia più contraria che favorevole. Secondo un sondaggio del 2010, il 91% della popolazione è contrario sia al rilascio da parte della Fda dell’autorizzazione alla vendita di pesce geneticamente modificato (gm), sia alla volontà della Fda di non introdurre l’obbligo di indicare la presenza di alimenti gm in etichetta.
Del resto, né Canada né Stati Uniti contemplano tale obbligo, e anche la bocciatura della Proposition 37 a novembre in California, che mirava proprio a introdurre l’obbligo di indicazione, è sembrata andare in direzione contraria al sentimento dominante
Nel caso del supersalmone, c’è da dire che molte catene stanno agendo autonomamente. Tra queste, la Whole Foods Market ha lanciato il “Non-GMO Project”: l’azienda chiederà a tutti i suoi fornitori di specificare l’eventuale presenza di ingredienti gm nei prodotti e sta già lavorando per arrivare a poter offrire solo alimenti Ogm-free, richiesta difficile da soddisfare soprattutto per quanto riguarda i numerosissimi cibi che contengono soia e mais.
Il sentimento dominate nell’opinione pubblica non rende roseo il futuro del supersalmone; AquaBounty, dal canto suo, è da mesi sull’orlo del fallimento. Molto dipenderà dal verdetto definitivo della Fda previsto dopo il 26 aprile, data nella quale terminerà la discussione pubblica sul tema.
L’evoluzione della vicenda probabilmente influenzerà anche le decisioni di altri Paesi, Unione Europea inclusa. Qui nel 2010, dopo una moratoria di 12 anni, è stata approvata la prima pianta di patate gm, ma l’opinione pubblica non sembra affatto vedere di buon occhio tali iniziative. Lo dimostra, tra l’altro, il fatto che la Basf, multinazionale della chimica, abbia chiuso il programma specifico.
Agnese Codignola
© Riproduzione riservata
Foto: AquaBounty Technologies, Photos.com
Giornalista scientifica
Leggendo queste notizie di decisioni prese e da prendere sulla pelle dei consumatori, in cui si pretende anche il diritto a non informare della natura del venduto, mi chiedo con stupore da dove vengono e per chi lavorano quelle istituzioni preposte alla sicurezza e salute dei cittadini.
Naturalmente alcune risposte sono ovvie, ma ritengo ci sia qualcosa di più nella natura di alcuni di questi responsabili e penso sia l’assoluta mancanza di rispetto per il prossimo.
Rispetto umano, prudenza, sensibilità per l’altrui pensiero, dovrebbero essere caratteristiche dominanti per chi è preposto a prendere decisioni in nome e per conto della collettività.
Arroganza, insensibilità, assenza di un minimo di lungimiranza, uniti a volte a facili connivenze e sponsorizzazioni non indispensabili considerato il terreno di coltura, sono il mix fatale che produce questi risultati paradossali.