Perché la frutta che acquistiamo nei supermercati è spesso acerba? Siamo sicuri di essere solo noi consumatori con le nostre scelte a influenzare le dinamiche di approvvigionamento della frutta nella grande distribuzione? Il rapporto qualità/prezzo non sempre trova un equilibrio nel reparto ortofrutticolo della grande distribuzione.
Abbiamo cercato di capire quali sono le dinamiche che regolano la selezione dei prodotti all’interno dei supermercati.
Il tema del prezzo non è l’unico a influenzare gli acquisti. Nel 2021 Fabio Ciconte, Direttore dell’associazione Terra!, e il giornalista Stefano Liberti, pubblicano il rapporto “Siamo alla frutta”. Nel testo si evidenziano due punti che sono alla base delle scelte: i vincoli normativi e il cambiamento climatico. Questi diktat portano inevitabilmente a imporre agli agricoltori di vendere prodotti esteticamente perfetti e sostanzialmente acerbi a discapito degli elementi fondamentali che caratterizzano un frutto: sapore, profumo, colore e grado di maturazione.
Ma cosa è successo dal 2021 ad oggi? La normative è cambiata? Dal rapporto di Ciconte è stato rivisto qualcosa per la tutela degli agricoltori e a favore della qualità per il consumatore?
Per capire le dinamiche che ruotano intorno alla scelta del prodotto da parte della Grande Distribuzione, abbiamo sentito Lorenzo Frassoldati, direttore del Corriere Ortofrutticolo.
Quali sono le dinamiche di acquisto nella GDO?
“Le dinamiche sono legate ai volumi di acquisti e alle vendite. Il rischio di avere grandi quantitativi di merce matura sui banchi di vendita dei supermercati, è quello di vederli marcire se non venduti in tempi brevi se non brevissimi, con la conseguenza di grosse perdite di prodotto.
Oltre a ciò va detto che i frutti devono avere un calibro uguale, un aspetto del tutto simile e un livello di maturazione identico e questo implica la presenza di frutta acerba sugli scaffali. C’è poi il problema della frutta imperfetta ma buona che semplicemente non viene scelta. Così quintali, se non tonnellate di frutta (escludendo quella utilizzata dall’industria della trasformazione), finisce al macero. Gli agricoltori si ritrovano a decidere di non raccogliere la frutta imperfetta perché a loro non conviene più.”
L’acquisto è davvero fatto partendo da frutta acerba?
“La metodologia di scelta applicata nella Grande Distribuzione Organizzata verte di solito a un prodotto che abbia raggiunto un grado di maturazione non superiore al 70%. Inoltre si richiede ai produttori di raccogliere il prodotto in anticipo rispetto ai tempi di maturazione, soprattutto nel periodo estivo, per ridurre le perdite se non venduto in tempo.
Un altro fattore da non sottovalutare è che non sempre i buyer del reparto hanno una diretta conoscenza delle realtà produttive agricole, questo porta alcune catene della GDO, a limitare l’obiettivo di acquisto e cercare il prezzo migliore a discapito di qualità e stagionalità. Se a questo aggiungiamo le problematiche legate alla crisi climatica, con conseguente drastica riduzione della produzione, la scelta per assicurarsi l’assortimento verte inevitabilmente sul prodotto di importazione.”
Uno dei settori investito da una crisi importante è quello della pericoltura. Le aree di coltivazione in Italia si sono ridotte del 35% , dal 2011 ad oggi, a causa della crisi climatica con il conseguente incremento dei volumi di importazione.
Ad avvalorare ciò la recente notizia che, nell’arco di un ventennio, ha visto l’Italia passare dal terzo al dodicesimo posto come esportatore mondiale di frutta fresca, come riportato nel Corriere Ortofrutticolo. Se da un lato è vero che l’aumento delle importazioni incide a livello economico non sempre va a scapito della qualità.
La sostenibilità
Quanto invece il fenomeno delle importazioni incide su quella che è divenuta la parola d’ordine del terzo millennio: la sostenibilità?
Ci viene chiesto di essere sostenibili per noi e per il pianeta, di mangiare sostenibile, vestire sostenibile, vivere sostenibilmente. Sembra che il consumatore, la persona comune, a causa delle sue scelte sia l’unico e diretto responsabile della sostenibilità del pianeta. Ma il marketing strategico che promuove la sostenibilità, largamente utilizzato dalle multinazionali, sino a che punto ha una corrispondenza tra realtà e narrazione? Le catene quando parlano di qualità sanno di cosa parlano? Assaggiano il prodotto che vendono? Quando si promuovono come azienda sostenibile sino a che punto seguono policy aziendali coerenti con l’immagine che trasmettono?
Consapevoli, comunque, che ogni catena è una realtà a sé, con policy aziendali differenti e che esistono catene dove l’offerta cerca di rispettare stagionalità, prodotto locale o del territorio, binomio qualità/prezzo, abbiamo intervistato Claudio Mazzini, responsabile freschissimi COOP Italia, per capire quali sono le dinamiche e le scelte che regolano la gestione del reparto frutta.
Italia o estero?
Coop ha scelto di proporre ai consumatori solo frutta italiana o propone anche frutta di altri Paesi? Se sì qual è il criterio?
“La policy Coop dà la priorità alla frutta del territorio. La scelta viene fatta mettendo al primo posto il prodotto non solo nazionale bensì locale così ogni realtà Coop predilige, in prima istanza, il prodotto del territorio. Mancando il prodotto locale lo stesso verrà integrato da quello nazionale e così via sino ad arrivare alle importazioni. Ma un altro fattore inizia a entrare in gioco ed è la carenza di alcuni prodotti dovuta ai cambiamenti climatici, quello che sta accadendo oggi con le pere ad esempio. Noi come Coop stiamo cercando di resistere proponendo ai nostri consumatori pere italiane, sicuramente questo incide sul prezzo ma il focus è di assicurare un prodotto del territorio e di qualità. Nel caso dei limoni quello che accade è che essendo il limone non presente nelle campagne italiane durante il periodo estivo, per assicurarne la presenza al consumatore, viene acquistato all’estero. Coop sceglie l’Italia anche a fronte di un costo maggiore e ad oggi abbiamo circa il 92% di prodotto nazionale nel nostro reparto frutta.”
La frutta esotica
La presenza di frutta esotica da quali fattori dipende: dalla richiesta del consumatore, da fattori economici (costa meno rispetto alla frutta italiana) o da altri elementi? Che criterio utilizzate per l’assortimento?
“La frutta esotica, anche se negli ultimi anni iniziano a svilupparsi realtà produttive di mango e avocado anche in Italia, per definizione deve essere reperita all’estero. La scelta di avere un assortimento di frutta esotica è dettata dalla richiesta del consumatore. I motivi per cui si ricercano questi particolari prodotti sono differenti, tra cui una maggiore conoscenza non solo delle proprietà ma anche dei suoi usi in cucina. C’è infatti molta richiesta di e banane e avocado. Ma anche qui la nostra policy va sempre nella stessa direzione quello che non troviamo in Italia lo importiamo. La scelta però non è dettata dal costo minore poiché in realtà l’approvvigionamento di frutta di importazione ha costi importanti.”
La stagionalità
La presenza di frutta non di stagione da cosa dipende, dalla richiesta del consumatore o da altri fattori?
“Sono due i fattori che influenzano la presenza o meno di frutta di stagione. Innanzitutto il periodo di coltivazione e raccolta, che oggi non sempre coincide con quello effettivo, per l’allungamento del calendario produttivo. La diluizione nel tempo del picco di stagionalità a seguito delle innovazioni tecnologiche applicate alla produzione.
Perché spesso la frutta venduta è acerba è una scelta o una necessità? Nel caso in cui si tratti di una scelta quali sono i fattori che la influenzano?
“La presenza di frutta acerba non è una scelta della distribuzione ma della produzione, la qualità media del prodotto è peggiorata e questo dipende anche dai criteri di selezione operati dai genetisti.”
© Riproduzione riservata
Siamo un sito di giornalisti indipendenti senza un editore e senza conflitti di interesse. Da 13 anni ci occupiamo di alimenti, etichette, nutrizione, prezzi, allerte e sicurezza. L'accesso al sito è gratuito. Non accettiamo pubblicità di junk food, acqua minerale, bibite zuccherate, integratori, diete. Sostienici anche tu, basta un minuto.
Dona ora
Frutta acerba, eh già, mi ero accorto! Da anni non compro praticamente più i kiwi, essendo immangiabili. Non mi è chiaro se sono acerbi per una raccolta anticipata, o perché nel tempo sono cambiate le varietà coltivate, ma l’esito è quello, kiwi acerbi. Si possono far maturare un po’ a casa, ma non con grandi risultati. Per fortuna per le vitamine ho le arance, tante varietà decisamente mangiabili, si va di spremute. Altro frutto che non compro quasi più la banana, ingrediente quasi indispensabile per le macedonie, ma col medesimo problema: acerba che non sa di nulla, o marcia. Qualche giorno fa ho comprato di quelle “solidali”, esito uguale purtroppo. Se posso aggungere: quando non ho altro, consumo il succo di ananas non da concentrato, mi risulta essere tra le spremute meno caloriche e di sicuro non è acerbo…
“La presenza di frutta acerba non è una scelta della distribuzione ma della produzione” non si può sentire: potrebbe stare in piedi soltanto se il buyer si presentasse candido candido ogni santa mattina alle 4 ai mercati generali per comprare quel che c’è (alla faccia della Carta dei Valori delle Cooperative di Consumatori e dell’accreditamento dei fornitori) con acquisti spot.
Quando, invece, la fornitura avviene sulla base di un contratto (obbligatorio nelle relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli e agroalimentari), sono pattuiti in anticipo non solo la durata, le quantità, il prezzo, le modalità di consegna e di pagamento, ma anche le caratteristiche del prodotto venduto.
Se l’acquirente programma con fornitore la produzione ha tutti gli strumenti, eccome, per concordare in anticipo la qualità del prodotto che gli sarà fornito, ivi compresi gradi brix e livello di maturazione: gli è riconosciuta la facoltà di rifiutare la merce che, al netto delle tolleranze previste, non presenti anche una sola delle caratteristiche qualitative specificate contrattualmente, così come di pretendere la consegna di merce diversa avente le caratteristiche stabilite.
L’articolo è parecchio dettagliato e anche i commenti aggiungono valore al quadro complessivo, in un campo che è stato filo conduttore della mia vita lavorativa, mi piacerebbe mettere in luce un paio di aspetti, tra i tanti.
La frutta, qualsiasi frutta, è uno degli alimenti importanti, nutrizionalmente, e un elemento che disegna e definisce i vari problemi qualitativi e organizzativi fondamentali della filiera dal campo al consumatore nell’epoca attuale, e anche il nostro modo di giudicare.
È una vita che sento parlare di “perfezione formale”, di “calibri di valore” come se la parte edibile cambiasse così sostanzialmente da meritare a una pezzatura un valore che altre non possiedono.
Se anche qualcuno vi dimostrasse che tra un frutto grosso e uno medio/piccolo il rapporto tra peso totale e scarto è identico o a volte addirittura favorevole al piccolo nessuno probabilmente cambierebbe comunque il suo grado di preferenza, sembrano regole immutabili e non passibili di revisione.
E vedo mettere in seconda fila sapore eccellente ( dalla maturazione naturale completa ) e valore nutrizionale, in eterno conflitto……….con la GDO o qualunque altro intermediario che allunga la filiera a peggiorare la situazione ideale= maturo sul campo poi direttamente al consumatore.
La dichiarazione dell’intervistato è un classico della filosofia distributiva, si fingono neutrali ma non lo sono affatto.
Tra i tanti motivi il sistema self-service è uno dei più rilevanti e manda in malora un mucchio di merce che pure al mattino aveva tutte le caratteristiche di conformità contrattuali ma la sera improvvisamente rischia di diventare reso non conforme, a carico del fornitore soprattutto per i prodotti altamente deperibili.
Allora è probabile che il fornitore stia più indietro con la maturazione per sperare che il GDOman di turno trattenga il prodotto per il giorno dopo, un tentativo di difesa con poche speranze, forse è questo il senso della dichiarazione del signor ………..
Ma è una zappa sui piedi dei produttori perchè la frutta bella e mezza acerba in realtà è qualcosaltro di diverso ( peggiore ) e il cliente finale non sarà invogliato a mangiarla/ricomprarla nelle stesse quantità.
Stessa cosa per alcune nuove varietà più maneggiabili e/o più produttive ma che lasciano per la strada elementi favorevoli di gusto e magari richiedono anche supplementazioni maggiori di chimica e pesticidi a sostegno.
Ma al GDO non importerà molto, anzi, perchè ha già i succedanei industriali addolciti pronti, preparati con frutta spesso molto più scadente ma ben presentata in maniera accattivante, evviva e non importa se ci sono conservanti o additivi vari, ma così il cerchio si chiude.
Per il problema del signor Osvaldo non ci sono molte alternative, le banane sono frutto delicatissimo e il gusto finale dipende da tutti i passaggi, e sono molti e lunghi a partire dalla raccolta verde, per proseguire con il lungo viaggio navale e le successive pratiche svolte ad imitazione della maturazione simil-naturale.
Il processo artificiale richiederebbe una settimana circa ma per chi ha pratica del lavoro sa che assai spesso l’irregolarità del flusso delle vendite porta a manovrare la maturazione al limite delle caratteristiche fisiche e quindi, ovviamente, la maturazione della polpa e della buccia non saranno simultanee ottenendo frutti o gialli/acerbi ( i preferiti della GDO ) o giallini/stracotti, tutta roba triste giustamente.
A me qualche volta riesce di avere frutti buoni comprandoli molto verdi e facendoli maturare ( fino al grado 7 ) lentamente accanto a qualche mela………..
Tante parole giuste ma anche errori concettuali inaccettabili, e suggerimenti per le prossime interviste.
La frutta, qualsiasi frutta, è nutrizionalmente molto importante, e un elemento su cui si delineano i vari problemi qualitativi e organizzativi fondamentali della filiera nell’epoca attuale, e anche il nostro modo imperfetto di valorizzare le cose.
Si parla di “perfezione formale”, di “calibri di valore” come se la parte edibile cambiasse così sostanzialmente da meritare a una pezzatura un valore che altre non possiedono…….se anche qualcuno vi dimostrasse, paragonando un frutto grosso e uno medio/piccolo che lo scarto è identico o a volte addirittura superiore rispetto al piccolo nessuno probabilmente cambierebbe comunque il suo grado di preferenza, sembrano regole immutabili e non passibili di revisione.
E vediamo mettere in secondo piano il sapore eccellente ( dalla maturazione naturale completa ) e valore nutrizionale utile, in eterno conflitto……….con la GDO o qualunque altro intermediario che allunga la filiera a peggiorare la situazione ideale che rimane la maturazione sul campo poi consegna diretta al consumatore ( che non è scenario irrealizzabile come si pretende di far credere).
La GDO si dichiara neutrale ma non lo è affatto, oltre ad avere una naturale, quasi innata, avversione per i prodotti (troppo) deperibili.
Uno dei motivi negativi altamente simbolico è il sistema self-service che manda in malora un mucchio di merce che pure al mattino aveva tutte le caratteristiche di conformità contrattuali ma la sera improvvisamente rischia di diventare reso non conforme, a carico del fornitore.
Allora è probabile che il fornitore stia più indietro con la maturazione rispetto ai disciplinari per sperare che il GDOman di turno trattenga il prodotto per il giorno dopo, un tentativo di difesa controproducente con poche speranze, forse è questo il senso della dichiarazione dell’intervistato………..
Chiaramente però è una zappa sui piedi dei produttori perchè la frutta bella e mezza acerba in realtà è chimicamente qualcosaltro di diverso ( peggiore ) e il cliente finale non sarà invogliato a mangiarla/ricomprarla nelle stesse quantità.
Stessa cosa per alcune nuove varietà più maneggiabili e/o più produttive ma che lasciano per la strada elementi favorevoli di gusto e magari richiedono anche supplementazioni maggiori di chimica e pesticidi a sostegno.
Ma ai distributori non piangeranno molto, anzi, perchè hanno già i succedanei industriali addolciti pronti, preparati con frutta spesso molto più scadente ma ben presentata, in maniera accattivante, e non importa se ci sono magari conservanti o additivi vari, evviva.
Gli interessi della grande distribuzione non sono sempre ne necessariamente gli interessi dei consumatori .
E’ anche innegabile però che molti consumatori non sanno scegliere , o meglio, scelgono con gli occhi piuttosto che in base a dati oggettivi .
Facendomi spesa da sempre, e da cliente molto esigente, riguardo all’ortofrutta che riempie il 70% del mio carrello ho delle abitudini consolidate. Mangio solo frutta di stagione e ne faccio a meno quando non c’è. Fragole solo in primavera-estate, arance solo italiane quindi niente in estate, idem meloni e via di questo passo. Il calibro è una stupidaggine ed evito la roba perfetta e costosa. Mi dà l’impressione di essere finta. Compro quasi solo biologico e se non c’è compro i prodotti bio che trovo rinunciando ad altri. Certa verdura risulta per dimensioni esagerate e mancanza di gusto improponibilie al mio palato. Le banane Bio, molto più saporite, basta comprarle della maturazione voluta e si conservano senza frigo. Comprare ovviamente quello che si consuma in due tre giorni. I kiwi, sempre bio e uno diverso dall’altro sono il meglio. Basta metterli sotto una campana di vetro con alcune mele e maturano benissimo. Idem pere che vendono che sembrano marmo. Frutta esotica prediligere il biologico, che aiuta noi e l’ambiente.
Nella grande distribuzione è quasi impossibile mangiare pesche decenti. Passano dal duro e acerbo al marcio senza una via di mezzo. Buone in quei posti, magari se siete in Romagna, dove vendono le pesche nei cassoni che arrivano direttamente dal campo. Piena stagionalità e qualità più che eccellente.
Potrei aggiungere tantissime cose ma termino dicendo che siamo noi che determiniamo le politiche, spesso deploraboli, della GDO. Facciamo scelte intelligenti e cambieranno politica. Riassumendo compriamo bio, compriamo di stagione, compriamo soprattutto italiano. Unica eccezione, essendo un consumatore abituale di limoni, d’estate non si trovano i limoni classici ma esistono comunque varietà nazionali come il Verdello o il Primofiore, che seppur non bellissimi sono ottimi. Sempre meglio di un limone sudafricano con buccia tassativamente non edibile.
Impariamo a comprare e così facendo saremo noi a dettare le regole.
Articolo molto interessante che denuncia una situazione degenerata negli ultimi anni, ma molto prima del 2021.
Commenti, in particolare di Pinton, di Gianni e di Parma Giovanni, condivisibilissimi.
Terribile questa conclusione anche se veritiera!!!