Secondo uno studio del Politecnico di Milano sulle bottiglie di vino bisogna scrivere la frase contiene latte contiene uova.
Il Dipartimento di chimica, materiali e ingegneria chimica, “Giulio Natta” del Politecnico di Milano, ha messo a punto un metodo per individuare tracce di albumina o caseina nel vino. La scoperta permette di identificare la presenza in minime quantità di proteine dell’uovo e del latte che possono provocare disturbi alle persone allergiche.
Lo studio ha “visualizzato” per la prima volta la catena proteomica delle bevande alcoliche, permettendo di stabilire se il vino è stato sottoposto a chiarificazione. La questione è importante perché se fino a qualche anno fa i produttori che usavano chiarificare il vino bianco per evitare la formazione di materiale in sospensione erano pochi, adesso la chiarificazione viene fatta per tutti i vini bianchi e rossi.
Aggiungendo i chiarificanti al vino si forma una gelatina che fa precipitare sul fondo le proteine, impedendo la formazione di residui (come succedeva una volta nelle bottiglie di vino invecchiato). Per legge ora però bisogna indicare sulle etichette la presenza di tracce di albumina, estratta dalle uova, e di caseina estratta dal latte (sostanze presenti nei chiarificanti) per avvertire le persone allergiche.
Il metodo immunologico Elisa utilizzato sino ad ora, permette di individuare la presenza di queste proteine sino al limite di 200 microgrammi per litro. Il nuovo sistema di analisi conosciuto come Cpll (librerie combinatoriali di ligandi peptidici) consente di individuare i residui di ovalbumina e/o caseina presenti nel vino anche a concentrazioni 200 volte inferiori (sino ad 1 microgrammo per litro). Se prima era molto difficile dimostrare la presenza di quesi allergeni nel vino, adesso non è più così e i produttori dovranno modificare le etichette (come richiesto dalle normative della Comunità europea). Si tratta di un particolare importante perché sull’etichetta del vino dovrà comparire la dicitura contiene uova oppure contiene latte.
«Abbiamo esaminato parecchie bottiglie di vino bianco e rosso – precisa Pier Giorgio Righetti docente di proteomica del Politecnico di Milano – e tutte risultano chiarificate. In genere si trovano da 20 a 80 microgrammi di proteine per litro (milionesimi di grammo per litro). Si tratta di quantità minime che non sono in grado di scatenare shock anafilattico nei soggetti allergici, ma possono favorire un certo malessere dopo avere bevuto qualche calice. La questione riguarda tutti i vini perché i consumatori non gradiscono la presenza di particelle in sospensione. Per questo motivo anche nei vini rossi invecchiati non si trova più il fondo come accadeva una volta».
I lavori scientifici sono stati pubblicati sul Journal of Proteome Research (73, 2010, 1732-1739 e 2370-2377).
Roberto La Pira
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