I produttori di bevande zuccherate degli Stati Uniti stanno mettendo in atto, da anni, un’azione di lobbying mutuata direttamente da quelle adottate nei decenni scorsi dall’industria del tabacco, con uno scopo molto chiaro: impedire a ogni costo che passino limitazioni e, soprattutto, tasse specifiche, le cosiddette sugar tax. Uno degli strumenti più utilizzati, a tal fine, è quello delle leggi di prelazione, cioè l’adozione di normative federali o statali che impediscano alle singole amministrazioni di varare nuove tassazioni a livello locale. Secondo i ricercatori dell’Università del Nevada di Reno, che hanno condotto uno studio dettagliato su quanto accaduto negli ultimi anni, il fenomeno è sempre più pervasivo ed evidente, e deve essere fermato con una revisione delle leggi attuali.
Come riportato sull’American Journal of Public Health, infatti, tra il 2014 e il 2017 la nazione Navajo e sette città hanno introdotto una sugar tax (Albany, Oakland, San Francisco e Berkeley in California, Boulder in Colorado, Filadelfia in Pennsylvania, Seattle nello stato di Washington). La città di Washington D.C. aveva fatto lo stesso, ma poi la spinta politica si è fermata, soprattutto a causa della strenua opposizione dei produttori. A partire dal 2017, però, Arizona, California, stato di Washington e Michigan hanno approvato leggi nazionali volte a fermare qualunque iniziativa del genere delle singole città, e in tre casi lo hanno fatto pochi giorni prima della decisione finale sulla sugar tax: in media 29 giorni prima, ma in California cinque giorni prima, in Michigan 37 e in Arizona 46 giorni prima.
Inoltre, dal 2017, quattro stati (Illinois, New Mexico, Pennsylvania e Oregon) hanno ritirato proposte già presentate di leggi di prelazione, o hanno dovuto farlo in seguito alle forti pressioni dei cittadini che, invece, volevano le sugar tax. Secondo gli autori, in questi ultimi anni le aziende hanno speso 50 milioni di dollari per influenzare l’opinione pubblica di otto stati, per campagne di marketing, per finanziamenti ai politici locali e per orientare il voto nei referendum locali.
Tutto ciò dimostra come sia giunto il momento di modificare le norme a livello federale, in modo che non sia più possibile bloccare a monte decisioni di questo tipo. Le quali – ricordano i ricercatori – in passato hanno portato a gravi ritardi o hanno impedito leggi sull’utilizzo dei sacchetti di plastica, o sui salari minimi, sui diritti dei cittadini omosessuali e, da ultimi, sulla protezione dal Covid-19. Ora bisogna mettere insieme esperti di leggi, ma anche nutrizionisti, psicologi, esperti di salute pubblica e di marketing e tutte le figure necessarie, e bisogna osservare quanto accade in altri Paesi, per rendere l’introduzione eventuale di tasse o norme di questo tipo un processo che non incontra intoppi né risente di pressioni commerciali, avendo la tutela della salute pubblica prevalenza su tutto il resto.
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Giornalista scientifica