Mentre in Italia il Governo, come da richiesta diretta di Confindustria, ha rinviato la sugar tax (e anche la tassa sulla plastica monouso), nel mondo gli studi continuano a confermare che è efficace e scoraggia i consumi, soprattutto tra le popolazioni più a rischio, come alcune minoranze, e nelle fasce più sensibili alla pubblicità e più soggette all’obesità, come gli adolescenti.
L’ultimo in ordine di tempo, pubblicato su JAMA Pediatrics dai ricercatori dell’Ospedale pediatrico di Filadelfia, è anche uno dei più rilevanti usciti finora, per entità di popolazione e per periodo di tempo considerati. Lo studio riguarda infatti poco meno di 87 mila ragazzi dell’età media di 15 anni di otto grandi distretti scolastici: Filadelfia, New York, Baltimora, le contee di Orange County, Palm Beach e Broward in Florida, San Diego e Los Angeles in California. Solo uno di questi distretti, quello di Filadelfia, però è soggetto a tassazione.
Per analizzare l’eventuale effetto della tassa (di 0,015 dollari per oncia di bevanda zuccherata o dolcificata artificialmente) introdotta a Filadelfia il primo gennaio 2017, gli autori hanno fatto ricorso ai dati degli acquisti relativi al periodo 2013-2019, contenuti nel grande database Youth Risk Behavior Surveillance System, un sondaggio biennale sui comportamenti a rischio di bambini e ragazzi (della fascia d’età compresa tra i 2 e i 15 anni) condotto dai Cdc di Atlanta, e hanno verificato anche i dati di latte e succhi di frutta al 100%, per confronto.
È così emerso che a Filadelfia, città nella quale i ragazzi bevevano una quantità molto elevata di bibite, dal momento dell’introduzione della tassa il consumo medio è diminuito di 0,81 porzioni a settimana, mentre negli altri distretti non ci sono state variazioni degne di nota. Si è trattato di un effetto specifico, perché non sono emersi cambiamenti neppure nei consumi di succhi e di latte. Le sottoanalisi hanno poi mostrato che le minoranze afroamericane e ispaniche sono quelle che più hanno risentito dell’aumento di prezzo, con una diminuzione di 1,13 porzioni a settimana per ragazzo.
La definizione di porzione, che indica volumi diversi, è stata mantenuta sia per l’impossibilità di scorporare dati più specifici, sia per indicare il cambiamento delle consuetudini, considerato fattore decisivo per un miglioramento duraturo. Infatti, secondo gli autori, questo studio, effettuato due anni dopo l’introduzione della tassa, suggerisce che il provvedimento abbia modificato stabilmente le abitudini dei ragazzi, tra i più forti consumatori di tutti gli Stati Uniti.
Il limite principale dello studio risiede nel fatto che i dati si basano su quanto riferito dagli studenti. Inoltre non è chiaro quali altre bibite potrebbero aver sostituito quelle gassate, visto che non sembra lo abbiano fatto i succhi e il latte. Ma il messaggio conclusivo è a favore della tassazione delle bevande zuccherate ed edulcorate.
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Giornalista scientifica