sugar tax

Che effetto ha l’introduzione della tassa sulle bevande zuccherate, la sugar tax, nella vita concreta di una realtà metropolitana? La risposta è importante, perché non sempre le simulazioni fatte per sostenere nuove legislazioni si rivelano fedeli a ciò che accade poi durante la loroapplicazione. E quanto è successo a Oakland, grande città californiana nella quale la tassa è stata introdotta nel 2017, fornisce dati che sono migliori anche rispetto alle previsioni più ottimistiche. 

I ricercatori dell’Università della California della vicina San Francisco hanno infatti valutato l’andamento delle vendite delle bibite zuccherate in un periodo compreso tra i 30 mesi precedenti l’introduzione della sugar tax e i 30 successivi, e lo hanno confrontato con quanto accaduto nella vicina città di Richmond e a Los Angeles, che non hanno alcuna forma di tassazione. Il risultato, riportato su PloS Medicine, ha mostrato che a Oakland le vendite sono diminuite di oltre un quarto (del 26,8%) e non c’è nessuna prova del fatto che gli abitanti delle città si siano recati nelle contee vicine per continuare ad acquistare bibite zuccherate a prezzi più bassi. La diminuzione, inoltre, ha riguardato tutti i tipi di bevande interessati dall’aumento di prezzo: le vendite di bibite zuccherate e gassate sono diminuite del 23,1%, quelle di succhi di frutta zuccherati del 30,4%, quelle degli sport drink del 42,4% e quelle di tè zuccherati del 24%. Si è quindi registrato un successo su tutta la linea, che ha interessato sia le confezioni più convenienti, formato famiglia, che quelle pensate per il consumo individuale, in tutti i quartieri della città, a prescindere dalle condizioni socio-economiche dei cittadini.

Beautiful cold drink of Cola with ice cubes with a boiler straws in glasses on wooden background with free space
A Oakland, dopo l’introduzione della sugar tax, le vendite di bevande zuccherate sono diminuite di oltre un quarto

Ma i ricercatori sono andati oltre, e hanno calcolato, grazie a modelli matematici, che cosa questo significhi in termini di salute. Secondo i calcoli, per ogni 10mila abitanti la città risparmia, in dieci anni, 100mila dollari in cure per patologie evitate quali il diabete, gli ictus, le malattie odontoiatriche e quelle cardiovascolari, con tendenza a ulteriori risparmi nel tempo. Un altro beneficio, al centro di un altro studio dell’Università della California di San Francisco pubblicato a marzo sull’American Journal of Preventive Medicine, riguarda poi le donne in gravidanza, che se consumano meno bevande zuccherate corrono meno rischi di diventare obese, di incorrere in patologie come il diabete gravidico e di partorire figli sottopeso.

Tutto ciò è particolarmente rilevante nella situazione specifica degli Stati Uniti, anche dove la National Clinical Care Commission (Nccc) del Congresso ha raccomandato nel 2022 l’adozione di una tassa sullo zucchero per prevenire il diabete. Tuttavia questa indicazione si scontra con le realtà locali, come una legge della California, passata cinque anni fa, che proibisce l’introduzione di nuove sugar tax, pur permettendo comunque a città come appunto Oakland, ma anche Berkeley o la stessa San Francisco (ma non Los Angeles), di mantenere quelle già in vigore. Da anni il dibattito è più che acceso, soprattutto perché la potentissima American Beverages Association, l’associazione dei produttori, ostacola in ogni modo possibile l’introduzione di nuove tasse sui suoi prodotti, cercando di far abrogare quelle esistenti e sostenendo che l’obesità e le altre malattie collegate dipendano da altro e che l’aumento dei prezzi non abbia alcun effetto. Studi come questo, inattaccabili, smentiscono clamorosamente quella falsa rappresentazione della realtà e di ciò che la scienza ha dimostrato da tempo, e rafforzano gli argomenti di chi vorrebbe estendere la sugar tax a tutto il Paese. 

Alla fine del 2021 erano già 35 le contee e sette le città che avevano introdotto una legge sulle bibite zuccherate, e presto il loro numero potrebbe crescere, mentre nel mondo i Paesi che lo hanno fatto sono già circa una cinquantina. L’Italia, che detiene tassi di obesità allarmanti tra i bambini e anche tra gli adulti, non sta meglio di Paesi che stanno adottando molti provvedimenti, eppure non è tra questi, né si prevede che lo sarà a breve.

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