La sugar tax imposta sulle bevande zuccherate (talvolta anche su quelle in cui lo zucchero è naturalmente presente e su quelle con dolcificanti artificiali) aiuta a ridurre il consumo dei prodotti con elevate quantità di zuccheri e che per questo sono considerati tra i principali responsabili dell’aumento del peso e dell’obesità. L’efficacia della sugar tax è stata ormai dimostrata da studi condotti in diverse parti del mondo e con modalità differenti. Ogni volta queste ricerche evidenziano come un aumento di prezzo convinca i produttori a modificare le ricette, e sensibilizzi i consumatori a fare più attenzione ai prodotti che acquistano.
Nonostante ciò, nell’area europea, solo il 19% dei paesi hanno adottata la sugai tax. Per l’esattezza solo dieci su 53, e cioè Belgio, Finlandia, Francia, Ungheria, Irlanda, Lettonia, Principato di Monaco, Norvegia, Portogallo e Regno Unito. Questo il dato principale contenuto nel rapporto pubblicato dall’Ufficio europeo dell’Oms per la Prevenzione e il controllo delle malattie non trasmissibili, elaborazione finale di uno studio diffuso pochi mesi fa sullo European Journal of Public Health in collaborazione con l’Università di Sidney. Partendo da un monitoraggio della situazione, il documento sottolinea poi i diversi principi cui le tasse si ispirano, e indica alcuni suggerimenti per convincere gli altri paesi ad adottare provvedimenti analoghi.
Dal punto di vista temporale, le prime tassazioni moderne sono entrate in vigore in Europa a partire dal 2004, anche se una forma di accise era stata introdotta in Norvegia addirittura nel 1920: è da più di un secolo, dunque, che si discute del tema. Quanto alla formula, ogni paese ne applica una diversa. C’è chi include quasi tutti gli alimenti escludendo acqua e alcol e chi la limita alle bibite zuccherate. C’è chi inserisce anche succhi di frutta e bevande vegetali, e chi include gli energy drink e le acque aromatizzate. Ci sono paesi che definiscono l’entità della tassa su base volumetrica, sulla quantità di zuccheri assoluta oppure sulla base del contenuti in grammi ogni 100 ml, talvolta con valori diversi in relazione al contenuto di zucchero. C’è chi la considera una vera e propria tassa, chi un’accisa, chi la chiama ‘contributo’. Specularmente, c’è chi non ne parla più di tanto, una volta introdotta, e chi conduce ampie campagne educative spiegando il significato della sugar tax destinando i proventi a iniziative per la salute pubblica come la realizzazione di palestre per le scuole o spazi verdi. Ci sono infine Paesi che chiedono ai produttori nuove formulazioni, premiandole. C’è di tutto. Ma nel loro insieme, le sugar tax europee hanno comunque aiutato a individuare alcuni elementi fondamentali che è opportuno tenere presenti. Ecco allora i suggerimenti, sintetizzati in alcuni punti fondamentali:
- La tassa-base deve tenere conto del peso sulla salute dei consumi medi di bevande zuccherate, e rispettarne la cultura;
- La formulazione risulta più efficace se alla sua elaborazione collaborano, in modo costruttivo, esperti di salute pubblica ed economisti;
- Dopo una prima introduzione, è opportuno continuare a monitorare l’andamento del provvedimento, e a rimodularlo in base a ciò che si dimostra con studi scientifici, anche in altri paesi;
- L’introduzione della tassa incontra sistematicamente l’opposizione delle aziende (ne è un classico esempio l’Italia, che non riesce a varare una sugar tax, sempre rimandata nonostante se ne discuta da anni, ndr). Per ridurre al minimo la loro influenza, è necessario considerare la tassa come una priorità pubblica, e i produttori devono essere coinvolti il meno possibile nell’elaborazione delle norme;
- Il coinvolgimento delle associazioni non governative, come quelle dei pazienti (per esempio con diabete di tipo 2) e quelle per la promozione della salute dei bambini, e di società scientifiche, possono rafforzare la difesa contro gli attacchi delle aziende, ed esercitare pressione per l’adozione di una sugar tax.
Il programma dell’Oms per il periodo 2020-2025 prevede l’implementazione di politiche attive per la promozione degli stili di vita salutari. “La tassazione è una scelta economicamente vantaggiosa che può migliorare la salute a livello nazionale – ha dichiarato Kremlin Wickramasinghe, capo esecutivo dell’ufficio dell’Oms che ha stilato il rapporto. – Introducendo tasse sulle bevande zuccherate, i paesi possono ridurne i livelli di consumo e, con esso, i rischi associati di sovrappeso e obesità, diabete e altre malattie. L’obiettivo del rapporto è informare i decisori e supportare l’effettiva attuazione della tassazione sulle bevande zuccherate. Le azioni politiche raccomandate dall’Oms – ha concluso – conducono a un allungamento della vita e aumentano il benessere”.
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Giornalista scientifica