Manifestazione contro l'accordo commerciale tra USA e UE TTIP a Londra - 07/2014

Anche in Italia è partita la raccolta firme per la petizione che chiede di sospendere le trattative relative al TTIP, il Trattato commerciale di libero scambio tra Unione europea e Stati Uniti (Transatlantic Trade and Investment Partnership – TTIP), le cui negoziazioni sono iniziate nel luglio 2013 e che all’inizio di febbraio hanno visto l’ottava tornata di incontri tra le due delegazioni.

La petizione contro il TTIP

La petizione, lanciata lo scorso luglio in vari Paesi europei dalla coalizione di vari gruppi sotto la sigla “Stop TTIP”, aveva come obiettivo un milione di firme, che sono state consegnate al presidente della Commissione europea, Jean-Claude Junker, lo scorso dicembre, in occasione del suo 60° compleanno. L’obiettivo iniziale è stato ormai largamente superato e attualmente le firme sono oltre un milione e cinquecentomila. Il nuovo obiettivo è di arrivare a due milioni di firme entro il prossimo ottobre. Sinora, la maggioranza delle adesioni è stata raccolta nei Paesi dell’Europa centro-settentrionale. In Italia, l’iniziativa vedrà la partecipazione di oltre 140 organizzazioni, aderenti alla campagna Stop TTIP Italia. Il Fatto Alimentare ha deciso di partecipare alla raccolta firme.

La petizione, chiede anche  all’Unione europea anche di non stipulare l’accordo economico e commerciale CETA con il Canada in quanto ritiene che i due Trattati “comportano diversi problemi fondamentali, quali la composizione delle controversie tra Stato e investitori privati, nonché le regole inerenti la cooperazione in campo normativo, che costituiscono una minaccia per la democrazia e lo stato di diritto. Vogliamo evitare una riduzione degli standard sociali, ambientali e inerenti il lavoro, la protezione dei dati personali e dei diritti dei consumatori, e una deregolamentazione delle risorse culturali e dei servizi pubblici (come l’acqua) in trattative non trasparenti”.

Petizione non ammessa come Iniziativa dei cittadini europei

La Commissione europea ha giudicato inammissibile la richiesta di riconoscere questa petizione come una “Iniziativa dei cittadini europei”, perché “esula manifestamente dalla competenza della Commissione di presentare una proposta di atto legislativo dell’Unione ai fini dell’applicazione dei trattati”. L’iscrizione nel registro delle iniziative popolari avrebbe dato diritto, tra l’altro, ai promotori a un’audizione al Parlamento europeo. Contro il rifiuto della Commissione, la campagna europea Stop TTIP ha fatto ricorso alla Corte di Giustizia europea.

La capacità di mobilitazione degli oppositori al trattato si è vista anche in occasione della consultazione pubblica online in merito a uno dei punti più controversi della trattativa sul TTIP e cioè la possibile creazione di un sistema di arbitrato sovranazionale (ISDS), destinato a risolvere le controversie tra aziende e governi accusati di non rispettare le clausole del trattato, bypassando i sistemi giudiziari nazionali. Il timore diffuso è che in questo modo si cerchi di far prevalere gli interessi economici e commerciali su quelli di tutela della sicurezza e della salute, in particolare nel settore agroalimentare.

I risultati della consultazione pubblica sul TTIP

I risultati della consultazione pubblica, svoltasi tra aprile e luglio 2014, sono stati divulgati in gennaio e hanno rivelato un interesse e una partecipazione senza precedenti, come ha riconosciuto la stessa Commissione: circa 150.000 risposte, di cui il 97% contrarie all’ISDS, provenienti da piattaforme online delle organizzazioni oppositrici, che hanno tradotto in linguaggio comprensibile a tutti le questioni molto tecniche poste dalla Commissione. Tuttavia, altre tremila risposte non organizzate ma portatrici di preoccupazioni sono venute da soggetti individuali, Ong, organizzazioni imprenditoriali, sindacati, gruppi di consumatori, studi legali e ricercatori.

La commissaria europea al Commercio, Cecilia Malmström, ha riconosciuto che “dalla consultazione emerge chiaramente un notevole scetticismo nei confronti dello strumento ISDS” e quindi ogni decisione sul suo eventuale inserimento nel TTIP andrà rinviata alla fase finale delle trattative, intavolando prima “una discussione aperta e franca” con i governi nazionali, il Parlamento europeo e la società civile.

Anche Il Fatto Alimentare aderisce alla petizione. Chi vuole firmare per chiedere di sospendere le trattative relative al Trattato commerciale di libero scambio tra Unione europea e Stati Uniti (Transatlantic Trade and Investment Partnership – TTIP) trova il modulo posizionato nella colonna di destra della home page.

© Riproduzione riservata Foto: iStockphoto.com

Siamo un sito di giornalisti indipendenti senza un editore e senza conflitti di interesse. Da 13 anni ci occupiamo di alimenti, etichette, nutrizione, prezzi, allerte e sicurezza. L'accesso al sito è gratuito. Non accettiamo pubblicità di junk food, acqua minerale, bibite zuccherate, integratori, diete. Sostienici anche tu, basta un minuto.

Dona ora

0 0 voti
Vota
4 Commenti
Feedbacks
Vedi tutti i commenti
Andrea
Andrea
8 Marzo 2015 09:13

Nel 2015 stiamo ancora a decidere se a decidere di trattati economici MACRO economici possano decidere persone con la terza media. Non siamo ridicoli, ammesso qualcuno dei firmatari abbia letto le 124 pagine in inglese RIASSUNTIVE vorrei vedere se ha le capacità per comprenderle.
La liberalizzazione, specialmente in Italia, è l’unica possibilità.

Giovanni
Giovanni
Reply to  Andrea
8 Marzo 2015 15:57

Il problema, caro Andrea, è che non si tratta di liberalizzazione in Italia, è un trattato EU-USA.
E’ pensato per abbattere i costi transattivi, i dazi.
1. Gli standard di sicurezza alimentare degli Stati Uniti sono molto più bassi dei nostri (europei), basti pensare al fatto che le carni agli ormoni sono la normalità, mentre noi ne abbiamo vietato l’importazione.
2. Gli OGM negli Stati Uniti sono un prodotto come un altro, per questo non sono etichettati. Da noi (sempre Europa!), oltre a esserci un gran numero di paesi contrari agli OGM, vengono segnalati.
Questo perché?
Perché la differenza tra i due continenti è che da noi, prima di mettere sul mercato un prodotto definito a rischio, si aspetta il riscontro scientifico (Vedi: principio di precauzione), mentre negli USA il prodotto viene a priori messo sul mercato e poi il comitato scientifico può indagare quanto vuole (vedi: principio di rischio accettabile).
Cosa succederà quando i mercati saranno aperti? Saremo noi ad adeguarci a standard più bassi o loro a introdurre standard elevati stravolgendo la loro produzione alimentare? La risposta è ovvia, verranno avvantaggiate le imprese che operano in settori meno controllati e meno rigidi. L’omogeneizzazione avverrà verso il basso, non verso l’alto, dato che la stessa omogeneizzazione è un costo transattivo da eliminare..

Pitocco
12 Marzo 2015 01:01

Ottima iniziativa, purtroppo nessuno ne parla e le multinazionali ci sguazzano

Mario Russo
Mario Russo
17 Marzo 2015 11:49

Chi è stato negli Stati Uniti sa benissimo le schifezze che mangiano.Noi ci siamo vicini di questo passo.