A Starbucks il caffè non basta più: lo scorso novembre, la grande catena di caffetterie made in Usa ha acquistato Evolution Fresh, colosso californiano della produzione di succhi di frutta freschi e lunedì 19 marzo ha aperto il primo locale con lo stesso nome. Un juice-bar, dicono gli americani: un posto in cui gustare bevande di frutta (o verdura) appena spremuta e magari una bella insalata, un panino integrale pieno di verdure grigliate o una zuppa di cannellini. Naturalmente, come nella migliore tradizione Starbucks, bibite e alimenti sono anche take away, in versione già pronta da consumare altrove.

Il giorno in cui il bar Evolution Fresh ha aperto i battenti, nella cittadina di Bellevue vicina a Seattle, quartier generale della catena del caffè, le azioni della Starbucks sono salite del 34%. Il programma dell’azienda è aprire presto altri locali con il nuovo marchio e portare entro la fine dell’anno i prodotti Evolution Fresh in tutte le caffetterie Starbucks d’America.

Negli Usa i bar come li conosciamo noi sono decisamente poco diffusi, mentre gli Starbucks sono ovunque, sempre con il loro stile perfettamente riconoscibile: si ordina al bancone un caffè “dimensione americana” o la specialità della casa, il famoso frappuccino (un po’ frappé, un po’ cappuccino freddo), insieme a un muffin o a un biscottone al cioccolato e poi ci si accomoda al tavolino. Spesso con un libro, o con il computer per lavorare (di solito c’è la rete wi-fi gratuita). La formula ha avuto un successo straordinario, tanto che negli anni scorsi la Starbucks ha varcato i confini americani. Ora però la casa madre ha sentito il bisogno di differenziare l’offerta e ha scelto per farlo un settore ghiotto, considerato che il giro d’affari per i succhi di frutta freschi negli Usa è di 2 miliardi di dollari all’anno.

Evolution Fresh è uno dei leader del settore, un’azienda impegnata anche nell’innovazione tecnologica: i suoi succhi freschi non vengono pastorizzati (una tecnica che prevede il ricorso ad alte temperature), ma sterilizzati con alte pressioni. In pratica, vengono sottoposti a una pressione elevatissima, all’interno di una macchina speciale che consente di comprimere i liquidi. In questo modo si danneggiano i microrganismi presenti (possono essere batteri, funghi, lieviti), uccidendoli, mentre si mantengono intatte le caratteristiche organolettiche e le proprietà nutritive dei succhi stessi. Si tratta di una modalità innovativa impiegata per alimenti liquidi o semiliquidi (succhi, conserve, marmellate) o per affettati.

 

La notizia dell’apertura del primo juice bar targato Starbucks ha suscitato due reazioni opposte: da una parte c’è chi teme che una nuova catena possa mandare in fallimento piccoli locali che già servono, soprattutto nelle grandi città, succhi di frutta, frullati e simili e che un colosso come Starbucks difficilmente possa garantire prodotti davvero salutari. Dall’altra, invece, c’è chi crede che portare frutta, verdura e cibi vegetariani alla più ampia diffusione possibile non possa che far bene all’America malata d’obesità. Non resta che stare a vedere come reagiranno i consumatori alla novità.

Valentina Murelli