Le sponsorizzazioni degli eventi sportivi che coinvolgono bambini e ragazzi da parte di aziende del junk food e della ristorazione a basso costo funzionano benissimo. Convincono i piccoli potenziali clienti della bontà delle intenzioni dello sponsor, e li predispongono favorevolmente nei confronti dell’acquisto. Per questo sarebbe necessario bandirle del tutto, in qualunque forma e da ogni manifestazione che coinvolga minorenni.
Il ruolo del marketing indiretto nell’aumento dell’obesità infantile e in generale nella pessima qualità dell’alimentazione di molti ragazzi è stato dimostrato più volte. Infatti alcune delle iniziative volte contenere l’aumento del peso dei più giovani prevedono già divieti, limitazioni ed esclusioni per le pubblicità e le sponsorizzazioni sportive. Ma un nuovo studio, che sarà presentato nelle prossime settimane al congresso europeo sull’obesità di Venezia da un gruppo di ricercatori canadesi, chiarisce meglio l’entità dell’effetto, e fornisce quindi nuovi argomenti a chi chiede di tenere lontani gli sponsor dallo sport dei ragazzi.
Lo studio sulle sponsorizzazioni
I nutrizionisti e pediatri della facoltà di scienze della salute dell’Università di Ottawa che da anni si occupano specificamente di questi argomenti, hanno chiesto a oltre mille giovani di età compresa tra i dieci e i 17 anni di rispondere a un dettagliato questionario, somministrato tra febbraio e aprile del 2023. La prima domanda è servita a individuare coloro che potevano essere stati esposti a una sponsorizzazione, perché avevano preso parte ad almeno un evento sportivo al di fuori della scuola nell’anno precedente.
Le risposte positive sono state più di 400, e a chi era stato in una squadra sponsorizzata è stato chiesto se era entrato in contatto con una tra cinque forme di marketing indiretto: premi firmati da aziende di cibo, uniformi o attrezzature (sempre firmate) per tutta la squadra, adesivi, cartelli e simili, alimenti gratuiti, coupon o buoni regalo.
Il risultato è stato che più di sette su dieci erano stati esposti ad almeno uno dei tipi di patrocinio citati, mentre si dedicavano all’attività sportiva: un numero che illustra bene quanto sia diffusa la pratica.
Nel dettaglio, inoltre, più della metà aveva avuto uniformi o equipaggiamenti e cartelli e simili, un terzo premi sponsorizzati e altrettanti cibo gratuito, mentre circa un quarto coupon o regali per avere in cambio i prodotti dello sponsor a costo zero.
La forza del marketing
Quindi, andando a verificare le opinioni dei piccoli sportivi, è emersa tutta la potenza del marketing. Quasi l’80% di loro riteneva che il denaro fosse stato dato per aiutare la squadra, e tutte e cinque le tipologie avevano fruttato all’azienda un’ottima reputazione. Per esempio, se lo sponsor aveva fornito uniformi o attrezzature con il proprio marchio, i ragazzi erano 1,9 volte più propensi a ritenere che lo avesse fatto per il bene della squadra rispetto ai giovani di squadre senza quel tipo di sostegno. Non solo: la sponsorizzazione non era considerata quasi mai un modo per spingere all’acquisto. In generale, poi, il 72% dei partecipanti considerava le aziende generose e il 68% “cool”, soprattutto quando c’era stata una sponsorizzazione.
Anche se la presenza del marchio non era quasi mai percepita come invito all’acquisto. Sei ragazzi su dieci hanno affermato di avere intenzione di comprare i prodotti dell’azienda che aveva investito nella squadra. Anche in questo caso, la predisposizione positiva è stata da 1,6 a 1,8 volte più frequente in chi era già oggetto di sostegno economico. Tra l’altro, l’inclinazione positiva verso chi sosteneva il team si è vista in ragazzi di diverse età, condizione sociale, genere e gruppo etnico di provenienza, a conferma di quanto siano potenti questi strumenti.
Le considerazioni degli autori
Gli autori, che sono tra i fondatori, nel 2018, della Stop Marketing to Kids Coalition, sottolineano come la qualità media dell’alimentazione dei giovani canadesi sia già pessima. Infatti moltissimi traggono più di metà delle calorie da alimenti ultra trasformati ricchi di grassi, zuccheri, sale e additivi, e non mangiano abbastanza frutta e verdura. Anche se a questa situazione contribuiscono diversi fattori, è indubbio che la sponsorizzazione di eventi e attività che li coinvolgono direttamente abbia un ruolo non secondario. Per questo, il Canada, così come tutti i paesi che intendano adottare politiche attive di protezione della salute dei più giovani, dovrebbero vietare questo tipo di intervento pubblicitario, in tutte le possibili forme e declinazioni.
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Giornalista scientifica