Nonostante la nostra sia la culla della dieta mediterranea si mangia poca frutta e verdura e quasi un italiano su due pesa troppo. Nell’articolo di Sabrina Bergamini pubblicato su Help Consumatori che riproponiamo, si analizzano i dati dell’Istituto superiore di sanità sulla situazione nazionale.
Poca frutta e verdura in tavola, in lotta con la bilancia che va sempre troppo su, complessivamente sedentari. Quattro adulti su dieci in Italia si trovano in una condizione di eccesso di peso: tre in sovrappeso e uno obeso. È uno dei dati che arrivano dall’Istituto superiore di sanità e dal sistema di sorveglianza Passi e Passi d’argento, fatti rispettivamente sulla popolazione dai 18-69 anni e sugli ultra 65enni (consultabile in calce all’articolo il documento integrale). L’alimentazione è ancora carente di frutta e verdura perché appena un italiano su dieci ne consuma cinque porzioni al giorno, la quantità raccomandata delle linee guida per una corretta alimentazione. Sovrappeso e obesità sono ancora troppo diffusi.
I dati riferiti dagli intervistati Passi relativi a peso e altezza, dice l’Iss, “portano a stimare che 4 adulti su 10 siano in eccesso ponderale: 3 in sovrappeso (con un indice di massa corporea – Imc – compreso fra 25 e 29,9) e 1 obeso (Imc ≥ 30)”. Sono condizioni che risentono di una serie di fattori: l’eccesso di peso è più frequente man mano che l’età aumenta, fra gli uomini rispetto alle donne, fra le persone con difficoltà economiche e fra chi ha un basso livello di istruzione. Si trovano peggio le regioni del Sud. La Campania, dice l’Iss, continua a detenere il primato per quota più alta di persone in eccesso ponderale (più della metà). Seguono Calabria, Basilicata, Molise, con valori non molto distanti. Nel corso degli ultimi anni la quota di persone in sovrappeso non si è modificata mentre l’obesità è lentamente aumentata sia al Sud sia al Nord, ad eccezione del Centro dove invece c’è stata una riduzione.
Dalle parole dell’Iss emerge anche un problema di consapevolezza. Gli italiani non percepiscono molto la loro condizione di sovrappeso. E un altro fattore, forse più inaspettato, è legato alla scarsa attenzione riservata dai medici a questo tema. Sono insomma pochi coloro che consigliano ai pazienti di perdere peso, specialmente se si tratta di sovrappeso e non di obesità, e ancor meno quelli che consigliano di fare attività fisica. Questo almeno secondo le risposte degli intervistati
“Le persone in sovrappeso o obese – scrive l’Iss – sembrano essere poco consapevoli del loro stato di eccesso ponderale e non si percepiscono tali: fra le persone in sovrappeso meno della metà ritiene troppo alto il proprio peso corporeo; fra le persone obese c’è maggiore consapevolezza, tuttavia non è trascurabile il numero di persone (più di 1 su 10) che ritiene il proprio peso giusto. Generalmente le donne sono più consapevoli del problema rispetto agli uomini e l’essere coscienti del proprio eccesso ponderale favorisce l’adozione di comportamenti alimentari corretti”.
Meno della metà degli intervistati in eccesso di peso riferisce di aver avuto dal proprio medico il consiglio di perdere peso. Quando accade è soprattutto per condizioni di obesità. E, rileva l’Iss, questo aspetto è molto importante perché «quando il consiglio di mettersi a dieta arriva da parte di un medico incoraggia chi lo riceve a metterlo in pratica. Infatti la quota di persone in eccesso ponderale che dichiara di seguire una dieta è significativamente maggiore fra coloro che hanno ricevuto il consiglio medico rispetto a quelli che non lo hanno ricevuto (42% vs 14%)». Ancora meno frequente, dice ancora l’Iss, è il consiglio medico di praticare attività fisica per le persone in eccesso ponderale. Obesità ed eccesso di peso sono un problema sempre più comune nel mondo. Lo evidenziano tutte le principali agenzie sanitarie. E uno dei fattori di rischio è l’esistenza di un ambiente “obesogenico”: c’è insomma troppo cibo di bassa qualità, a basso costo e pieno di zuccheri e grassi.
Secondo il rapporto congiunto pubblicato a settembre 2018 dalla Fao (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura), dallo Ifad (Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo), dall’Unicef (Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia), dal Programma alimentare mondiale (Wfp) e dall’Oms, intitolato “The state of food security and nutrition in the world 2018. Building climate resilience for food security and nutrition”, nel 2017 nel mondo 672 milioni di persone (circa 1 su 8) erano obese e 38,3 milioni di bambini sotto i 5 anni di età (5,6%) erano in sovrappeso.
«Gran parte dell’eccesso ponderale – dice l’Iss – è attribuito a un ambiente definito “obesogenico”, essenzialmente riferito alla disponibilità di alimenti di scarsa qualità e a basso costo la cui distribuzione commerciale è sostenuta da efficienti sistemi di marketing, le strategie di comprovata efficacia per contrastare il fenomeno risultano essere quelle riconducibili a interventi finalizzati alla modifica dei comportamenti individuali agendo sugli aspetti regolamentativi e normativi, sulle questioni legate alle etichettature e sui prezzi dei cibi».
Sabrina Bergamini
© Riproduzione riservata. Testo: Help Consumatori
TESTO INTEGRALE ORIGINALE DI ISS
Eccesso ponderale
I dati riferiti dagli intervistati PASSI relativi a peso e altezza portano a stimare che 4 adulti su 10 siano in eccesso ponderale: 3 in sovrappeso (con un indice di massa corporea – Imc – compreso fra 25 e 29,9) e 1 obeso (Imc ≥ 30).
L’essere in eccesso ponderale è una caratteristica più frequente al crescere dell’età, fra gli uomini rispetto alle donne, fra le persone con difficoltà economiche e fra le persone con un basso livello di istruzione.
Il gradiente geografico è chiaro a sfavore delle Regioni meridionali. La Campania continua a detenere il primato per quota più alta di persone in eccesso ponderale (più della metà). Seguono Calabria, Basilicata, Molise, con valori non molto distanti. Le analisi temporali non mostrano significative variazioni temporali nell’eccesso ponderale, ma questo è solo il risultato di andamenti diversi fra le due componenti di soprappeso e obesità, nelle tre ripartizioni geografiche: la quota di persone in sovrappeso non si modifica, mentre l’obesità aumenta seppur lentamente, nel Sud Italia ma anche al Nord, con l’eccezione delle Regioni del Centro Italia in cui si registra una riduzione.
Le persone in sovrappeso o obese sembrano essere poco consapevoli del loro stato di eccesso ponderale e non si percepiscono tali: fra le persone in sovrappeso meno della metà ritiene troppo alto il proprio peso corporeo; fra le persone obese c’è maggiore consapevolezza, tuttavia non è trascurabile il numero di persone (più di 1 su 10) che ritiene il proprio peso giusto. Generalmente le donne sono più consapevoli del problema rispetto agli uomini e l’essere coscienti del proprio eccesso ponderale favorisce l’adozione di comportamenti alimentari corretti.
Bassa, e in riduzione nel tempo, l’attenzione degli operatori sanitari al problema: meno della metà degli intervistati in eccesso ponderale riferisce di aver ricevuto dal proprio medico il consiglio di perdere peso. Inoltre l’attenzione è indirizzata soprattutto alle persone obese, molto meno a quelle in sovrappeso. Questo aspetto è molto importante perché quando il consiglio di mettersi a dieta arriva da parte di un medico incoraggia chi lo riceve a metterlo in pratica. Infatti la quota di persone in eccesso ponderale che dichiara di seguire una dieta è significativamente maggiore fra coloro che hanno ricevuto il consiglio medico rispetto a quelli che non lo hanno ricevuto (42% vs 14%).
Da segnalare anche che l’attenzione degli operatori a questo problema è più scarsa proprio dove ce ne sarebbe più bisogno, come per esempio nelle Regioni meridionali. Ancora meno frequente è il consiglio medico di praticare attività fisica per le persone in eccesso ponderale.
Eccesso ponderale e calo fisiologico
In ogni fase della vita lo stato nutrizionale è un importante determinante delle condizioni di salute e, soprattutto in età avanzata, gli eccessi e le carenze alimentari sono in grado di provocare la comparsa di processi patologici a carico di vari organi e di favorire il processo di invecchiamento dell’organismo. Da un lato l’eccesso di peso favorisce l’insorgenza o l’aggravamento di patologie pre-esistenti (dismetaboliche, cardiovascolari, osteo-articolari) e influisce negativamente sulla qualità della vita della persona. Dall’altro, la perdita di peso non intenzionale rappresenta un indicatore comunemente utilizzato per la fragilità dell’anziano.
Eccesso ponderale
I dati riferiti dagli intervistati PASSI d’Argento nel quadriennio 2016-2019 relativi a peso e altezza portano a stimare che la maggior parte degli ultra 65enni (58%) sia in eccesso ponderale: il 44% in sovrappeso (con un Indice di Massa Corporea – IMC – compreso fra 25 e 29,9) e il 14% obeso (IMC ≥30).
L’eccesso ponderale è una condizione meno frequente con l’avanzare dell’età (il sovrappeso passa dal 46% nella classe 65-74 anni al 36% negli ultra 85enni; l’obesità dal 15% al 12%). Differenze significative sono rilevate in funzione del genere per il sovrappeso, che è maggiore negli uomini, mentre per la condizione di obesità se ne osservano in relazione a difficoltà economiche (12% nessuna vs 20% molte) e livello di istruzione (12% alto vs 17% basso).
Gli ultra 65enni residenti nelle Regioni meridionali risultano essere in eccesso ponderale in misura maggiore rispetto ai loro coetanei al Nord: rispettivamente, il 63% vs 52%, con valori che vanno dal 45% del Piemonte al 73% del Molise. Distinguendo il sovrappeso dall’obesità, prevalenze più alte per sovrappeso si osservano in Basilicata e Sicilia (50%), Campania (49%), Calabria e Puglia (48%), mentre una frequenza maggiore di obesi si osserva in Molise (25%), Campania, Abruzzo ed Emilia-Romagna (17%).
Per quanto riguarda la comorbidità si osserva un’associazione significativa con l’obesità, che riguarda 1 persona tra 5 che dichiara 2 o più patologie croniche di quelle indagate dalla Sorveglianza PASSI d’Argento.
Il calo ponderale fisiologico
Superati i 75 anni l’IMC è soggetto a variazioni legate a fattori biologici e patologici e, con il crescere dell’età, oltre a ridursi la quota di persone in eccesso ponderale, aumenta progressivamente quella degli anziani che perdono peso in modo involontario, cioè per cui negli ultimi 12 mesi si verifica una riduzione ponderale superiore al 5% o maggiore di 4,5 kg. Dai dati PASSI d’Argento 2016-2019, tale percentuale di perdita fisiologica di peso negli anziani risulta essere pari all’8%.
Questo aspetto, che negli ultra 65enni è un fattore predisponente a fragilità, è presente più spesso tra coloro a cui sono state diagnosticate patologie croniche (11% in chi ne ha almeno due vs 6% di chi non ne riferisce alcuna) e varia sensibilmente anche a seconda di paramenti socioeconomici, quali ad esempio le difficoltà economiche (11% se molte vs 7% se nessuna).
Consumo di frutta e verdura
In Italia, meno di 5 adulti su 10 consumano 1-2 porzioni di frutta o verdura al giorno, 4 su 10 ne consumano 3-4 porzioni, mentre appena 1 su 10 ne consuma la quantità raccomandata dalle linee guida per una corretta alimentazione, ovvero 5 porzioni al giorno (five a day). Una piccola quota di persone (meno del 3%), dichiara di non consumare né frutta né verdura.
Consumare almeno 5 porzioni di frutta e verdura al giorno, come raccomandato, è un’abitudine che cresce con l’avanzare dell’età, è più frequente fra le donne, tra le persone senza difficoltà economiche e tra quelle persone più istruite, ma resta un’abitudine che coinvolge comunque una quota contenuta di persone che non arriva mai a superare il 12% neppure fra i maggiori consumatori.
Il gradiente geografico è chiaro e mostra che l’adesione al five a day scende significativamente nelle Regioni nel Centro-Sud rispetto a quelle del Nord Italia, ad eccezione delle Isole in cui il consumo di 5 porzioni al giorno è fra le più alte.
Dal 2008 la quota di persone che aderisce al five a day resta sostanzialmente stabile, si intravede un aumento significativo solo nelle Regioni del Centro Italia dal 2013, sostenuto da un aumento della quota di persone che consuma mediamente più porzioni di frutta e verdura, ma una riduzione nelle regioni settentrionali.
Se l’adesione al five a day resta un’abitudine di pochi, quasi la metà della popolazione consuma almeno 3 porzioni di frutta o verdura al giorno; le caratteristiche di chi ha comunque questa buona abitudine restano significativamente associate al genere femminile, all’età, al vantaggio socioeconomico, per risorse finanziarie, livello di istruzione e cittadinanza italiana, e alla residenza nelle regioni settentrionali.
Consumo di frutta e verdura
In Italia, nel quadriennio 2016-2019, il consumo medio giornaliero di frutta e verdura fra le persone ultra 65enni non ha raggiunto la quantità indicata dalle linee guida per una corretta alimentazione. Infatti, tra gli intervistati, il 43% ha dichiarato di consumare 1-2 porzioni quotidiane di frutta o verdura, il 44% 3-4 e solo l’11% di raggiungere le 5 porzioni al giorno (five a day) raccomandate.
Tuttavia, anche se poco più di un decimo della popolazione raggiunge la quantità raccomandata di frutta e verdura, la gran parte degli ultra 65enni (55%) ha dichiarato di consumarne fino a 3 porzioni al giorno. Questa percentuale non varia in funzione del sesso, ma si riduce significativamente con l’età, scendendo dal 59% nei 65-74enni al 44% dopo gli 85 anni. È inoltre un’abitudine alimentare più frequente nelle persone senza difficoltà economiche (63% vs 44% di chi ne riferisce molte) e negli anziani con un titolo di studio più alto (65% fra i laureati vs 51% fra chi, al più, ha la licenza elementare).
Disaggregando i dati per ripartizione geografica, è evidente il gradiente Nord-Sud. Si passa dal 65% di persone ultra 65enni residenti al Nord Italia che consumano almeno tre porzioni di frutta e verdura al giorno, al 6% nelle Regioni del Centro e al 46% del Sud.
Five a day
Il consumo raccomandato di cinque porzioni di frutta e verdura al giorno non differisce tra uomini e donne, e come visto per il consumo di tre porzioni si riduce con l’avanzare dell’età (scende dal 13% nei 65-74enni al 7% fra gli ultra 85enni) ed è più elevato sia tra le persone senza difficoltà economiche sia in quelle più istruite.
Anche il gradiente geografico dell’adesione al five a day è a sfavore delle Regioni meridionali rispetto a quelle del Centro-Nord Italia e il range dei valori passa da quasi 6% in Campania e Calabria al 21% di Liguria.
I problemi di masticazione interessano una quota di ultra 65enni contenuta ma non trascurabile, pari al 13% degli intervistati e, fra quelle indagate, rappresentano le condizioni di salute più associate allo scarso consumo di frutta e verdura: tra chi riferisce problemi nella masticazione, poco più della metà non supera le 2 porzioni al giorno e 1 di una persona su 10 (7%) riesce a consumarne almeno 5, come raccomandato.
Consumo di alcol
Tra il 2016 e il 2019, meno della metà degli adulti in Italia, fra i 18 e i 69 anni, dichiara di non consumare bevande alcoliche, ma 1 persona su 6 ne fa un consumo a “maggior rischio” per la salute, per quantità o modalità di assunzione. Questi sono più frequentemente giovani (fra i 18-24enni la quota sfiora il 34%), uomini e persone socialmente più avvantaggiate, senza difficoltà economiche o con un alto livello di istruzione.
È preoccupante il numero di persone che assume alcol pur avendo una controindicazione assoluta, come i pazienti con malattie del fegato, fra i quali quasi 1 persona su 2 dichiara di aver consumato alcol nei 30 giorni precedenti l’intervista; ma anche fra le donne in gravidanza fra le quali a consumare alcol è 1 su 6; fra le donne che allattano al seno la quota aumenta a 1 su 5.
Il consumo di alcol a “maggior rischio” resta una prerogativa dei residenti nel Nord Italia (con un trend in aumento) in particolare nelle PA di Bolzano e Trento, in Friuli Venezia Giulia e anche in Veneto dove si registrano le percentuali più alte. Molise e Sardegna sono le Regioni del Sud in cui la percentuale di consumatori di alcol a “maggior rischio” è più alta della media nazionale; tuttavia mediamente nelle Regioni meridionali inizia a intravedersi un trend in riduzione. Anche il consumo di tipo binge è una prerogativa del Nord Italia (dove si registra anche un aumento dal 2010) e in particolare del Nord Est, ma ancora una volta il Molise si distingue fra le Regioni meridionali e fa registrare una delle quote più alte nel Paese di binge drinker.
L’attenzione degli operatori sanitari al problema dell’abuso di alcol appare ancora troppo bassa: appena il 6% dei consumatori a “maggior rischio” riferisce di aver ricevuto il consiglio di bere meno.
Consumo di alcol
In Italia, nel quadriennio 2016-2019, quasi il 62% nella popolazione ultra 65enne ha dichiarato di non consumare abitualmente bevande alcoliche, mentre ne riferisce un consumo moderato il 20% e un consumo “a rischio” per la salute, pari a mediamente più di una unità alcolica (UA) al giorno, il restante 19%.
Il consumo di alcol a rischio è molto più frequente fra gli uomini (32% vs 8% fra le donne), si riduce con l’età (passando dal 22% fra i 65-74enni al 10% fra gli ultra 85enni) e, come per il resto della popolazione, resta prerogativa delle classi socialmente più avvantaggiate per reddito (22% fra chi non ha difficoltà economiche vs 14% di chi riferisce molte difficoltà economiche) o per istruzione (circa il 22% per chi ha un alto titolo di studio superiore alla scuola media vs 15% fra chi ha al massimo la licenza elementare).
Per il consumo di alcol, intendendo anche quello oltre i limiti rischiosi per la salute, si osservano percentuali mediamente più elevate nelle Regioni settentrionali rispetto al Meridione e, di conseguenza, un gradiente geografico (26% al Nord, 20% al Centro e 15% al Sud-Isole), anche se vi sono alcune eccezioni; nonostante nel triveneto si registrino quote rilevanti di persone che consumano più di 1 UA al giorno (Veneto 29% e PA Bolzano 24%), la prevalenza maggiore è nelle Marche (31%) ed è alta anche in Basilicata (26%).
Preoccupante il numero di persone che assume alcol pur avendo una controindicazione assoluta, come ad esempio il 27% di persone affette da malattie del fegato (il 14% consuma anche più di 1 UA al giorno)
Fra le persone che fanno un consumo di alcol a rischio per la salute, più della metà (pari complessivamente all’11% di tutti gli ultra 65enni) non supera le 2 UA al giorno e questo fa pensare che si tratti del bere durante i pasti, abitudine acquisita nel corso della vita che, si può immaginare, non venga percepita come rischiosa per la salute. Ad ogni modo, anche l’attenzione da parte degli operatori sanitari al problema risulta molto bassa: meno dell’11% dei consumatori di alcol a rischio riferisce di aver ricevuto il consiglio di bere meno da un medico o un altro operatore sanitario
© Riproduzione riservata. Testo: Help Consumatori
Per decenni siamo sempre stati tra i paesi occidentali col più basso tasso di obesità.
Non è un caso che solo negli ultimi anni certe catene internazionali di fast food abbiano iniziato a fare breccia anche in Italia, mentre prima se aprivano chiudevano in poco tempo…sicuramente è collegato a ciò.
I giovani poi stanno crescendo molto “americanizzati”, abbracciano senza pensarci troppo mode e “diete” che spopolano sul web, hanno genitori che non cucinano quasi mai, di conseguenza cresceranno senza un concetto di qualità ben definito e probabilmente questi numeri sono destinati a peggiorare nei prossimi anni.
Sull’alcool, i dettami della dieta mediterranea ancora oggi riportano come consiglio quotidiano le seguenti misure: “3 porzioni nell’uomo, 1,5 per la donna, durante i pasti”. L’obesità è data sicuramente da altro.
Poi sicuramente 100 anni fa il vino consumato era vino/vinaccio casalingo con basse gradazioni e zero solfiti o altre cose che si usano oggi. Ma si moriva per altro.
Per quanto riguarda l’alcol nessuna dose è sicura e non ci sono benefici per il consumo di alcuna bevanda alcolica. Il ministero della salute ha pubblicato le nuove indicazioni italiane che definiscono a basso rischio un consumo di:
2 unità alcoliche per l’uomo adulto
1 unità alcolica per donne adulte e anziani di entrambi i sessi.
L’unità alcolica (12 grammi di alcol etilico) corrisponde alla quantità di alcol contenuta in:
un bicchiere piccolo (125 ml) di vino di media gradazione
una lattina (330 ml) di birra di media gradazione
un bicchierino (40 ml) di superalcolico.
Ogni unità alcolica consumata apporta mediamente 70 kcal, prive di qualsiasi contenuto nutritivo se non il potere calorico, di cui bisogna tenere conto, anche in vista del crescente aumento di eccedenza ponderale.
Si, certo. Aggiungo anche che, visto che raramente lo si spiega e poca gente lo capisce, queste misure sono riferite a un ipotetico consumo COSTANTE e QUOTIDIANO, quindi nel caso specifico di persone che consumano quelle dosi esatte per 365 giorni l’anno. Non si riferiscono a chi apre una bottiglia di vino la domenica, in compagnia di altri, si beve magari una birra o massimo due in settimana, e poi i restanti giorni va ad acqua. Di questi casi non si parla mai (e sarebbe anche più complicato, visto che ognuno è diverso).
Che poi al primo posto in Italia ci sia la Campania, non sorprende. I peggiori “instagrammer” relativi al cibo sono quasi tutti loro, col culto dell’ostentazione e dell’esagerazione nel mangiare.
Anche qualora fosse cibo di qualità, nelle modalità e nelle misure in cui lo mangiano non fa certo bene.
Queste linee guida generaliste, valide erga omnes, andrebbero comunque valutate e calibrate sul soggetto. Mangiare 5 porzioni di frutta e verdura al giorno vuol dire tutto e niente: per qualcuno potrebbero essere poche, per altri troppe. Poi si parla spesso di quantità di cibo ma meno di qualità: la differenza è notevole. Last but not least: a concorrere a determinare l’eccesso di peso non sono solo il cibo in eccesso e/o nutrizionalmente scadente e l’attività fisica carente: se così fosse basterebbe una dieta ipocalorica e più movimento e risolveremo il problema del secolo in un batter d’occhio. D’altra parte, basta una semplice osservazione: da quanto se ne parla? Quante se ne sono dette e se stanno dicendo? Il problema ha avuto una riduzione significativa?
“essenzialmente riferito alla disponibilità di alimenti di scarsa qualità e a basso costo la cui distribuzione commerciale è sostenuta da efficienti sistemi di marketing, le strategie di comprovata efficacia per contrastare il fenomeno risultano essere quelle riconducibili a interventi finalizzati alla modifica dei comportamenti individuali agendo sugli aspetti regolamentativi e normativi, sulle questioni legate alle etichettature e sui prezzi dei cibi”, a parte ciò, la strategia migliore sarebbe senza alcun dubbio quella di insegnare ai propri figli a mangiare bene, spiegargli che gli eccessi fanno male, spiegargli che il junk food è meglio lasciarlo ad altri. Tutto parte dall’educazione famigliare, il resto sono scuse. Chi ha ricevuto un forte messaggio durante la propria educazione riguardo a ciò (e posso dire di averlo ricevuto per fortuna), dal marketing non si fa toccare minimamente, anzi, la mia reazione a qualsiasi etichetta/pubblicità di cibo di scarsa qualità è sempre quella di deriderlo e in tal mondo rafforzare sempre più l’idea che quel cibo sia spazzatura, evitandolo sempre.
http://www.salute.gov.it/portale/salute/p1_5.jsp?lingua=italiano&id=81&area=Vivi_sano
“” L’alcol è una sostanza tossica, potenzialmente cancerogena e con la capacità di indurre dipendenza. Al contrario di quanto si ritiene comunemente, ——l’alcol non è un nutriente e il suo consumo non è utile all’organismo o alle sue funzioni—–. Causa invece danni diretti alle cellule di molti organi, soprattutto fegato e sistema nervoso centrale, e in particolare alle cellule del cervello.””
Nella patria dei vinificatori questo non è mai stato considerato accettabile.
Le dosi differenziate tra sessi, che non sono altro che una tragica assunzione di rischi, concordano con la percentuale di danni gravi e mortalità molto superiori tra i maschi .
Ma una sorta di socialità deviata , propagandata dall’ambiente commerciale se ne frega dei rischi sia da cibo spazzatura che da alcol , siamo sempre dietro al famoso detto paracelsiano
incredibilmente ancora di mod ( paradossalmente Paracelso dai contemporanei era considerato un pazzo!).
E le dipendenze moderate, fisiche e comportamentali, fanno si che la parte sociale più debole rimanga intrappolata.
In ogni caso l’obesità non è l’unico segnale di malessere anche se è quello socialmente più riprovevole , ci sono anche tante persone magre malmesse.
“nel paese dei vinificatori”, in tutto l’est Europa la gente si spacca di superalcolici a basso costo, e bevono birra in quantità esagerate, e nemmeno lì se ne parla. Ma anche in nord Europa non scherzano, per farla breve l’Italia è tra i paesi europei col più basso consumo pro capite di alcool se ben ricordo.
Sempre a mettere l’Italia come esempio negativo di tutto…
L’ultima frase però è vera: i cocainomani (e i tossici in generale) ad esempio sono magri, ma non certo messi meglio.