L’offerta di sostituti vegetali della carne è cresciuta in misura esponenziale negli ultimi anni, accompagnando e alimentando il passaggio di molte persone a una dieta sempre più vegetale. Ma qual è la qualità nutrizionale di questi prodotti? Possono davvero sostituire la carne, in termini di apporto di nutrienti pregiati? Per rispondere a questa domanda, i ricercatori della Chalmers University of Technology di Göteborg, in Svezia, hanno analizzato nel dettaglio la composizione di 44 prodotti venduti nel paese, con un occhio di riguardo a elementi quali il ferro e lo zinco, e alla forma in cui essi sono presenti, cioè alla loro biodisponibilità.
Innanzitutto – si legge su Nutrients – i ricercatori hanno confermato, come atteso, che i prodotti in vendita sono principalmente a base di farina di soia o di piselli, oppure di soia fermentata (tempeh) o, in misura minore, di proteine dei funghi (per qualche ragione sono stati inclusi anche prodotti tradizionali com i falafel e altri a base di formaggio). Quindi hanno visto che, pur nella grande variabilità di alimenti realizzati da aziende differenti, in generale il ferro e lo zinco possono essere presenti anche in grandi quantità ma sono scarsamente assorbibili, nonostante le diciture sulle confezioni. Infatti, questi prodotti contengono spesso elevate quantità di fitati, sostanze definite ‘antinutrienti’ a causa della loro azione negativa sull’assorbimento dei minerali dal cibo. Una volta giunti nel tratto gastro-intestinale, infatti, i fitati si legano ai minerali formando composti insolubili e rendendoli di fatto assai poco assorbibili, anche qualora siano stati aggiunti per fortificare il prodotto.
Ma i fitati, oltre a essere spesso presenti in grandi quantità in partenza, nelle farine di soia e piselli si concentrano ulteriormente a causa dei processi industriali cui vengono sottoposte le farine, a partire dall’estrazione delle proteine. E tutto ciò spiega perché, nonostante i claim, questi alimenti assicurino un apporto di minerali molto scarso, spesso insufficiente, e di certo non paragonabile a quello della carne.
Il discorso cambia se si analizzano i prodotti che contengono la soia fermentata, perché il processo di fermentazione si realizza tramite microrganismi che spezzano le molecole dei fitati, la cui concentrazione si abbassa drammaticamente: in quel caso, quindi, i minerali presenti sono realmente biodisponibili.
Ancora diversa è la situazione per le proteine dei funghi, da molti considerate la nuova frontiera dei sostituti vegetali, per le loro ottime performance in termini di sostenibilità e di texture. Anche se contengono quantità molto elevate di zinco (6,7 milligrammi ogni 100 grammi di prodotto, in media), e bassi livelli di fitati, la realtà è che si sa poco sull’effettiva digeribilità delle micoproteine e sulla possibilità, per l’intestino di assorbirle appieno: servono più studi.
A tutto ciò va aggiunto il fatto che, pur con grande variabilità, questi prodotti contengono spesso numerosi additivi, grassi saturi e quantità di sale che raggiungono, in 150 grammi, anche il 60% del quantitativo massimo giornaliero raccomandato in Svezia, pari a 6 grammi.
Per tutti questi motivi – concludono gli autori – è cruciale andare avanti con le ricerche, ed è necessario che le stesse aziende, prima di vantare qualità nutrizionali che non esistono, effettuino a loro volta test specifici e siano poi obbligate a riportare in confezione solo claim realistici. Le proteine vegetali sono estremamente importanti, perché tutto il mondo deve andare verso una riduzione del consumo di carne da allevamento. Ma per evitare che la credibilità dell’intero settore sia compromessa, è indispensabile regolare meglio i claim e, soprattutto, avere un’idea più chiara sulle caratteristiche nutrizionali reali dei prodotti.
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Giornalista scientifica
Tutto chiaro e corretto ma si può aggiungere qualcosa.
Come sempre l’ignoranza “vera” è il principale fattore limitante della salute e delle carenze insalubri.
La citazione dell’acido fitico mi ricorda vivamente mia mamma, morta ultranovantenne pochi anni fa, che quando doveva cucinare sempre in maniera molto semplice cereali e legumi , mezza giornata prima li metteva in ammollo, e affidava a me il compito.
Pur essendo stata a scuola solo fino alla terza elementare aveva assorbito la nozione sicura che questi alimenti erano molto più efficacemente digeribili se così trattati e inoltre si cuocevano in meno tempo, con risparmio energetico come si direbbe oggi, due piccioni insieme.
Così quando ho scoperto leggendo articoli vari che appunto l’antinutriente fitato diminuisce fortemente nell’alimento dopo ammollo ho capito veramente cosa vuol dire il “sapere”.
Poi avvicinandomi al vegetarianesimo ancora una volta ho incontrato l’argomento e da noi si dice, anzi si afferma che il caro vecchio acido ascorbico contenuto negli agrumi e in tantissime forme vegetali aiuta l’assorbimento di elementi metallici utili.
Quindi usando nel condimento qualche goccia di limone e mangiando un pò di vegetali all’esordio del pasto il nemico fitico non viene ucciso ma gli si lega mani e piedi.
Perchè non vogliamo ucciderlo? perchè ha anche tanti effetti positivi, che stanno pian piano emergendo, per esempio in funzione antiossidante, favorendo la lotta contro molte patologie e benchè potrebbe intercettare alcuni ioni di metalli positivi esso intercetterà anche alcuni metalli molto negativi come piombo, cromo ed altri soci cattivi, purtroppo presenti numerosi un pò ovunque.
A rischio rimane sempre chi per fanatismo ignorante si limita a pochi alimenti per di più gravemente manipolati, l’istruzione onesta non ha concorrenti nella salute umana, ben al di là di bollini ed etichette.
Per ulteriori studi mi associo fortemente alla richiesta, ma bisogna anche allargare l’orizzonte degli studi, non limitiamoci ai paradigmi tecnologici ma anche alle meraviglie dell’equilibrio naturale e alla biodiversità.
Qualche filantropo ci ascolterà?
Grazie per questo commento che ondivido completamente. Anche nella parte iniziale, quando ci ricorda il valore del sapere empirico (perchè non esiste solo il sapere scientifico, quello tecnologico, quello accademico, ma pure un sapere condiviso che nasce dalla pratica).