“Sostenibile”, “riciclabile”, “biologico”, “100% naturale”. Nel carrello degli italiani sono sempre più numerosi i prodotti che in un modo o nell’altro in etichetta fanno qualche riferimento all’ambiente e alla sostenibilità. Lo rivelano i dati di GS1 Italy e Nielsen, che nell’ultima edizione, l’ottava, del rapporto dell’Osservatorio Immagino hanno dedicato al tema della spesa “verde” un intero dossier. “Il tema della sostenibilità è diventato un fattore sempre più importante nella decisione su cosa comprare, ma anche un fronte di impegno sempre più rilevante per le imprese di produzione e distribuzione” spiega Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy.
“La combinazione di questi due elementi – prosegue Cuppini – ha fatto sì che oggi il 20,9% dei 115 mila prodotti, alimentari e non, monitorati dall’Osservatorio Immagino presenti sulla confezione un’indicazione volontaria relativa alla sostenibilità ambientale. Così oggi, leggendo le etichette, i consumatori possono scoprire la sostenibilità che sta dietro oltre 24 mila prodotti di largo consumo.” Alla fine di giugno 2020, i prodotti con una dicitura di questo tipo hanno mosso un mercato dal valore di più di 9 miliardi di euro, in crescita del 5,5% su base annua. Sulle confezioni si possono distinguere quattro gruppi di indicazioni: quelle che fanno riferimento alla gestione sostenibile delle risorse, quelle sull’agricoltura e gli allevamenti sostenibili, i claim sulla responsabilità sociale e quelli sul rispetto degli animali.
In termini di vendite, il paniere più importante è sicuramente quello dei prodotti con indicazioni relative alla gestione sostenibile delle risorse. Si tratta di oltre 9.500 referenze (+3,4%) con un giro d’affari 4,7 miliardi di euro (+5,2%). Sebbene a livello di numeri i più diffusi sulle etichette siano il claim “sostenibilità” e la certificazione Sustainable cleaning per i prodotti per l’igiene domestica, i trend più interessanti si vedono nella galassia di indicazioni che fanno riferimento alla sostenibilità del packaging. “Riciclabile”, “biodegradabile”, “compostabile”, “materiale riciclato”, “meno plastica”: i prodotti con questi claim hanno visto un’espansione notevole sia per offerta (fino al +30%), che per vendite (fino al +54%).
Da un punto di vista puramente numerico, invece, a vincere sono gli oltre 12 mila prodotti con claim su allevamento e agricoltura sostenibili, che tuttavia hanno un giro d’affari di “soli” 2,7 miliardi di euro. A svettare su tutte le indicazioni di questo gruppo sono decisamente il logo EU Organic e il termine “biologico”, che compaiono sui due terzi dei prodotti (7.800). In forte crescita le indicazioni che fanno riferimento alla tracciabilità e alla filiera (+15%) e soprattutto il claim “senza antibiotici” (+52%).
Sono circa 5 mila, invece, i prodotti con certificazioni di responsabilità sociale, in cui l’Osservatorio Immagino ha raccolto i marchi Utz, Fairtrade e Fsc (Forest Stewardship Council), il più diffuso tra i tre (presente su oltre 4.500 referenze). Complessivamente, i prodotti con claim etici hanno registrato un aumento del 7% nelle vendite, il doppio dell’anno precedente. È più ridotta, invece l’offerta di prodotti che fanno riferimento in etichetta al rispetto degli animali: si tratta di mille referenze, divise quasi equamente tra le certificazioni Friends of the Sea, dedicata a prodotti ittici, e Cruelty Free, per il comparto cosmetico.
La crescita importante dei prodotti con diciture legate alla sostenibilità del packaging non sorprende se pensiamo che il 2019 è stato l’anno dei movimenti per il clima e che ormai da tempo la gestione della plastica è al centro dell’attenzione di tutti. “A sostenere questa tendenza è soprattutto la domanda (+4,5%), a conferma dell’attenzione dei consumatori ai prodotti che dichiarano in etichetta la sostenibilità del prodotto o del suo packaging e, più in generale, l’impegno dell’azienda a ridurre l’impatto ambientale lungo la filiera.” ci spiega Cuppini
“In particolare, – continua Cuppini – nei 12 mesi analizzati si è assistito ad una forte espansione dell’offerta per i prodotti con claim che rimandano alla sostenibilità del packaging. L’aggregato dei prodotti che riportano sulla loro confezione l’indicazione “riciclabile” ha visto incrementare l’offerta di +14,5% e le vendite di +7,0%, grazie soprattutto al contributo di acque e detersivi per i piatti. La dichiarazione dell’uso di packaging realizzato “con materiale riciclato” ha registrato un +29,9% dell’offerta e un +6,9% del giro d’affari, sostenuto da shampoo, detersivi per lavastoviglie, detersivi per il bucato e sacchetti per l’immondizia. Anche il claim “biodegradabile” è uscito da un anno molto positivo con un’offerta più ampia di +16,1% e un giro d’affari in aumento di +20,3%, grazie in particolare ad accessori usa e getta per la tavola, sacchetti per la spazzatura e detergenti per piccole superfici.”
Viene spontaneo domandarsi se lo scoppio della pandemia abbia provocato un cambiamento di priorità nei consumatori, per esempio con l’abbandono dei prodotti più sostenibili a favore del monouso o di frutta e verdura in confezioni di plastica, ma è ancora troppo presto per dirlo. Qualche effetto, in alcuni particolari settori, però è già stato osservato. “I dati dell’ottava edizione dell’Osservatorio Immagino – spiega infatti Cuppini – si riferiscono solo ai primi mesi della pandemia, perché si fermano al giugno 2020. Quindi colgono solo alcuni trend, a partire dalla maggiore attenzione per la sicurezza dei prodotti acquistati. L’Osservatorio Immagino ha costruito due panieri, uno nel food e l’altro nel non food, in cui ha raccolto i prodotti che hanno evidenziato in etichetta almeno un claim collegabile alle nuove esigenze dettate dall’emergenza sanitaria, come la capacità di rinforzare il sistema immunitario, la presenza di vitamine considerate benefiche e l’efficacia nel rimuovere germi e batteri. Nel caso del paniere alimentare, nei 12 mesi analizzati le vendite dei 950 prodotti individuati sono aumentate di +5,3%, grazie alla crescita della domanda. Invece il sell-out dei 647 prodotti del paniere non food, relativamente a prodotti dedicati al cura casa e persona, è cresciuto di +27,0% rispetto ai 12 mesi precedenti.”
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.