Nei giorni scorsi negli Stati Uniti non si è votato soltanto per eleggere il Presidente ma anche, in alcune importanti città, per l’introduzione di una tassa sulle bevande dolci, la soda tax. Il risultato è stato molto netto: un sì senza ambiguità a San Francisco e nella zona della baia (Bay Area), Albay, Oakland e Boulder. I voti favorevoli sono stati superiori al 60% (a Oakland addirittura l’85%) tranne che in Colorado. Il segnale di un reale cambiamento è chiaro, ed è rinforzato dalle sempre più frequenti segnalazioni relative a piccole o grandi realtà dove la tassa è già stata introdotta.
Uno dei casi più interessanti – come riferisce il New York Times – è quello dell’Università della stessa San Francisco, dove un anno fa si è deciso di rimuovere qualsiasi tipo di bevanda zuccherata da tutta la zona del campus. L’ateneo ha 24.000 dipendenti e 8.500 visitatori l’anno: tutte persone che una volta bevevano quantità enormi di bibite dolci. Ora le abitudini stanno cambiando. Non ci sono ancora dati ufficiali, ma secondo un sondaggio su circa 2.500 dipendenti dopo sei mesi dal divieto di vendita delle soda, i consumi sono diminuiti di un quarto e molti riferiscono di aver impiegato un po’ di tempo a ritrovare il gusto per l’acqua e le bevande non dolci. Del resto, l’Università di Berkeley, che per prima ha introdotto la restrizione, ha avuto risultati analoghi, e in tutti gli Stati Uniti sono circa 30 i centri medici che hanno deciso di abolire la vendita di soft drinks dolci nei loro perimetri.
Dall’altra parte dell’Atlantico, intanto, secondo quanto riferito dalla BBC, il National Health Service England ha chiesto misure analoghe, proponendo l’abolizione della vendita nei luoghi di cura o, in alternativa, una tassa del 20%.
Questa tassa dovrebbe riguardare anche i succhi di frutta che, pur essendo molto ricchi di zuccheri naturali, vengono percepiti come sani e bevuti con maggiore leggerezza.
In Gran Bretagna dove dovrebbe essere presto introdotta la soda tax, la catena di supermercati Tesco ha praticamente dimezzato il tenore di zuccheri nelle bibite a suo marchio per evitare l’inevitabile aumento di prezzo dovuto alla tassa ( la media ora è di 5 grammi ogni 100 millilitri).
Il movimento sembra ormai inarrestabile, sollecitato anche dal richiamo specifico dell’OMS, e dai conti delle diverse sanità pubbliche che stanno fronteggiando le conseguenze dell’eccesso di zuccheri. Solo in Gran Bretagna la spesa annuale sanitaria per l’obesità è di circa 6 miliardi di sterline e quasi 9 per il diabete di tipo 2.
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Giornalista scientifica
Approvo l’iniziativa ma bisogna stare attenti a farsi prendere troppo la mano: se un giorno decretassero che anche burro, uova e carne fanno male alla salute che si fa? Paghiamo una tassa su tutto tranne le foglie di lattuga e gli intrugli vegani?
Magari:finalmente un sogno che si avvera.
Scusate, ma la confusione esercitata appositamente dai media su quanto potenzialmente possa fare veramente male è fin troppo esagerata. A mio parere tutto fa male se consumato in eccesso. Certamente un consumo moderato di qualsiasi alimento non può che apportare solo benefici all’organismo e allo spirito. In questi anni di consumismo fin troppo esagerato vedere bambini che bevono bibite senza limiti, il cui contenuto di zuccheri è eccessivo, e mangiano quanto loro a tiro di prodotti spazzatura (dolciari in genere) è chiaro che l’organismo non può che risentirne ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti.