Donna sale su una bilancia analogica

Oltre a diffondere abitudini alimentari scorrette, diete strampalate e consumo di junk food, i social media favoriscono l’insorgenza dei disturbi del comportamento alimentare (Dca). E succede soprattutto tra i giovani e i giovanissimi, in misura maggiore tra i più vulnerabili e tra le ragazze, con un meccanismo che, oltretutto, si autoalimenta. Il legame è stato suggerito in diversi studi, ma ora è stato confermato da una review che ne mette insieme decine svolti in tutto il mondo e quindi in realtà sociali e culturali diverse. Le quali, però, non modificano l’effetto finale, e cioè la relazione tra social e Dca.

Ne sono autrici due ricercatrici dell’Istituto per la salute globale dello University College di Londra, che hanno pubblicato su PLOS Global Public Health quanto emerso in 50 studi condotti tra il 2016 e il 2021 su ragazzi di entrambi i sessi di età compresa tra i 10 e i 24 anni, provenienti da 17 Paesi (alcuni dei quali asiatici, oltre Stati Uniti, Australia e diversi Paesi europei). Oggetto delle diverse analisi erano i rapporti tra utilizzo dei social, l’immagine corporea e i Dca. Il risultato è stato che, pur con tutte le differenze del caso e pur trattandosi solo di un’associazione e non di prove inconfutabili di una causalità, ovunque si vedono le medesime tendenze: la diffusione di immagini poco realistiche, la colpevolizzazione dei corpi non perfetti e l’esistenza di gruppi che esaltano i Dca, aumentano molto il rischio di sviluppare per davvero un disturbo del comportamento alimentare.

Bambù, tazza con cappuccio tenuta in mano
Due ricercatrici hanno analizzato 50 studi sul rapporto tra social media, immagine corporea e rischio di sviluppare un Dca

Negli ultimi anni, poi, si è visto un aumento del 30% dell’incidenza di queste malattie, in conseguenza della pandemia, e un abbassamento dell’età delle prime manifestazioni, che sfiora ormai i bambini delle scuole elementari. Ma lo studio va oltre, spiegando anche ciò che accade nel tempo e il processo che, probabilmente, porta dalla consultazione dei social a un Dca. Chi è già propenso a considerarsi poco attraente a causa del proprio corpo, inizia a ricorrere sempre più spesso ai social, in cerca di soluzioni oppure di conferme (per esempio nei gruppi). Ma gli algoritmi se ne accorgono e propongono sempre più pagine dedicate a tali argomenti, alimentando così un circolo vizioso che si auto-amplifica e alimenta. 

Tutto ciò è comunque molto difficile da quantificare, sia perché accedere ai dati dei social non è quasi mai possibile, sia perché le piattaforme evolvono continuamente, con un ritmo poco compatibile con i tempi mediamente lunghi di uno studio: come fanno notare gli autori, al momento, per esempio, ci sono ancora pochissime ricerche su TikTok che, al contrario, è il social di maggiore successo proprio tra i giovanissimi. Questo è un problema, anche perché lo scopo di studi del genere dovrebbe essere fornire indicazioni specifiche ai legislatori o a chi deve formulare linee guida e consigli (per esempio ai genitori degli adolescenti), così come per la collaborazione con le piattaforme e i motori di ricerca (l’anno scorso è stata la stessa Meta ad ammettere che Instagram aumenta il rischio di disturbi del comportamento alimentare, soprattutto tra le ragazze più giovani).

Ragazza teenager sdraiata sul pavimento con laptop e telefono con schermo vuoto che scorre il feed nei social network. Ambiente domestico accogliente
L’azienda Meta, lo scorso anno, ha ammesso che Instagram è dannoso per le ragazze adolescenti

Ci si chiede insomma come intervenire, visto anche il preoccupante aumento di incidenza dei Dca e delle altre manifestazioni di disagio mentale proprio tra i più giovani. Secondo alcuni esperti, intervistati sul tema da Stat, come Amanda Raffoul, una ricercatrice specializzata in disturbi del comportamento alimentare e istruttrice di pediatria della Harvard Medical School, sarebbe necessario a una maggiore trasparenza sugli algoritmi usati dalle piattaforme, che possono condurre gli utenti da ricerche sull’alimentazione sana a contenuti su farmaci dimagranti. E poi è indispensabile investire in ricerca, tuttora sottofinanziata, nonostante il fenomeno sia in continua espansione. 

In Italia, anoressia e bulimia sono la prima causa di morte per gli under 25 dopo gli incidenti stradali. Per contrastare il fenomeno, Fratelli d’Italia ha presentato un disegno di legge in cinque articoli che, tra l’altro, prevede multe (da 20mila a 60mila euro con estensione, nei casi più gravi, fino a 150mila euro) e fino a 4 anni di reclusione per gli influencer che propagandino comportamenti scorretti e introduce nel codice penale il reato di istigazione all’anoressia. Un approccio securitario che sembra essere sempre lo stesso, a prescindere dalle questioni affrontate e, che però, in questo come in altri casi, difficilmente potrà modificare la situazione, controllare un universo come quello dei social e incidere su una patologia che ha cause di diversa natura e non del tutto chiare. Per arginare i Dca occorrono informazione, educazione e sostegno psicologico, e poi collaborazione con le piattaforme, non carcere e multe ai singoli influencer.

© Riproduzione riservata Foto: AdobeStock, Depositphotos

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Silvia B
Silvia B
11 Aprile 2023 13:27

È giusto che le istituzioni si interessino ai DCA, ma non penso che con una legge si possa fare molto, quello che si deve fare è prevenzione e non punizione. E prevenzione ne viene fatta troppo poca, basta pensare agli snack o delle bevande zuccherate (energy drink compresi),venduti in ospedali e scuole e pubblicizzati da ragazzi magri o peggio da sportivi. Dobbiamo considerare che l’eziologia dei DCA è multifattoriale e comprende sia fattori psicologici e fisiologici, e che l’approccio deve essere integrato. In un momento delicato come l’adolescenza i ragazzi cercano risposte ai cambiamenti del loro corpo e alla necessità di costruire la propria identità..E non possiamo lasciarli soli. L’anoressia specialmente è la manifestazione estrema dell’uso del corpo per comunicare il loro dolore

gianni
gianni
17 Aprile 2023 13:35

Il finale dell’articolo mi trova particolarmente d’accordo, anche se temo che sulla sostanza e definizione di educazione e informazione potremmo essere in disaccordo.
Informatori incompresi o peggio ?