Tutti i dati su snack e merendine in un archivio del Piemonte. Cresce l’uso di fruttosio e dolcificanti non sempre dichiarati in etichetta
Tutti i dati su snack e merendine in un archivio del Piemonte. Cresce l’uso di fruttosio e dolcificanti non sempre dichiarati in etichetta
Valeria Balboni 19 Dicembre 2017Gli snack dolci e salati, come pure succhi di frutta e bibite, hanno un ruolo importante nell’alimentazione dei bambini, difficile da quantificare con precisione, perché mancano dati significativi sia sui consumi che sulla composizione nutrizionale delle diverse tipologie presenti sul mercato. Le abitudini alimentari dei bambini sono monitorate dal progetto OKkio alla salute, da cui emerge una graduale tendenza al miglioramento: nel 2010 i bambini che consumavano quotidianamente bevande zuccherate, per esempio, erano 48 su cento, quota che è scesa a 36 nel 2016. Parallelamente il numero dei bambini che a metà mattina consuma una merenda eccessivamente energetica è sceso dal 68 al 53%.
Per quanto riguarda la composizione nutrizionale degli alimenti, il più completo database italiano è quello del Crea, che si può consultare online, però non riguarda gli alimenti industriali. L’associazione Altroconsumo, invece, ha creato un archivio aperto, destinato ai consumatori, con informazioni nutrizionali relative a ciò che i bambini consumano a merenda: dalla frutta, agli snack, dalle bibite alle merendine industriali.
Data la carenza di dati ordinati in modo critico, il Settore regionale prevenzione e veterinaria del Piemonte, con i Servizi igiene alimenti e nutrizione (Sian) delle Asl, ha creato un database di snack caricando le informazioni relative a ingredienti e valori nutrizionali. L’archivio viene aggiornato ogni due anni considerando le merendine e le bevande che sono raccolte a scuola in occasione del monitoraggio previsto dal progetto OKkio alla salute.
“È un tentativo “artigianale” – dice Marcello Caputo che, con Denise Spagnoli, coordina il lavoro sulla banca dati – per monitorare gli snack a livello regionale. Non ha un valore statistico per il Paese, ma ormai abbiamo quasi 4 mila prodotti. Abbiamo iniziato nel 2008, dopo aver notato che, secondo le rilevazioni, ben tre bambini su quattro consumavano questo tipo di alimenti industriali. Le informazioni sono utilizzate dagli operatori piemontesi dei Sian, per tenere d’occhio alcuni consumi critici (zuccheri, grassi, sale ecc.) nei prodotti in commercio ed elaborare strategie utili a promuovere una corretta alimentazione.”
L’archivio è strutturato secondo i criteri del britannico Fsa processed food data base, ideato per monitorare la composizione degli alimenti industriali e promuovere la riduzione di sale, zucchero e grassi. Come nell’archivio inglese, la quantità di queste sostanze è valutata con i colori (verde, giallo e rosso) per avere un’informazione più immediata.
I prodotti analizzati comprendono tortine, snack al cioccolato, biscotti, cracker, patatine e prodotti analoghi, bibite gassate e succhi di frutta. I dati raccolti hanno evidenziato alcune tendenze che meritano attenzione: “L’utilizzo del fruttosio – dice Caputo – è in aumento. Infatti le merendine con questa sostanza sono passate dal 63% al 73%, mentre nelle bibite il valore è cresciuto dal 20 al 26%. Il fruttosio è impiegato per ragioni economiche e tecnologiche, anche se numerosi studi (come questo e questo) hanno evidenziato l’influenza negativa sul metabolismo dei lipidi, oltre ad associarlo alla sindrome metabolica e alle patologie favorite da questa condizione, come diabete e steatosi epatica.”
La soglia oltre il quale aumenta il rischio di sindrome metabolica è pari a 50 g al giorno. Si tratta di un valore difficile da superare consumando frutta, ma più facile da raggiungere bevendo bibite contenenti fruttosio. Anche secondo i Larn (Livelli di assunzione di riferimento di nutrienti ed energia), questo zucchero è una presenza da limitare, soprattutto nella dieta dei bambini.
“Un altro trend da tenere sotto controllo – continua Caputo – è l’aumento dei dolcificanti. Queste sostanze nel 2014 erano presenti nel 30% delle bibite, mentre nel 2012 si fermavano al 23%. La cosa strana è che più della metà delle bibite (circa il 17% del totale) non evidenzia con frasi specifiche (claim) la presenza di dolcificanti. È vero che gli zuccheri semplici hanno effetti negativi per la salute, ma nemmeno i dolcificanti fanno bene! Si è visto che possono alterare il microbiota intestinale, inoltre passando dallo zucchero agli edulcoranti si mantiene l’abitudine al gusto dolce, mentre per modificare uno stile alimentare bisognerebbe agire proprio su questo aspetto.” L’ultima nota riguarda il sale, che è diminuito negli snack salati, mentre è stabile, e in alcuni casi in aumento, nei dolci.
Il database piemontese permette di seguire le variazioni relative alla composizione dei grassi che si può correlare alla presenza o assenza dell’olio di palma. Le rilevazioni sono state fatte nel 2012, nel 2014 e nel 2016, ma non essendo pronta l’ultima analisi non è ancora possibile valutare l’effetto dell’eliminazione del grasso tropicale, che ha interessato numerosi marchi a partire dal 2015. Il confronto fra il 2012 e il 2014 mostra anzi un aumento della presenza del palma nelle merendine (dal 42% al 57%) e nelle patatine (dal 12% al 30%), mentre nei cracker si nota una diminuzione.
“Dalla nostra banca dati – sottolinea Caputo – possiamo vedere con quali grassi è stato sostituito e purtroppo abbiamo notato un aumento degli oli di cocco e di palmisti: dall’8 al 13% nei biscotti e dal 5 al 12% nei cracker. In questo modo il contenuto in grassi saturi è aumentato ulteriormente. I dati però riguardano il periodo antecedente la fase in cui le principali aziende hanno tolto questo grasso dalle ricette e il risultato del cambiamento si potrà vedere dall’analisi delle rilevazioni del 2016.”
L’archivio nasce per avere il polso di ciò che mangiano i bambini e al momento è destinato agli operatori. Sarebbe auspicabile un’estensione a livello nazionale e magari la creazione di una versione per i consumatori che spesso cercano informazioni affidabili.
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Giornalista pubblicista, laureata in Scienze biologiche e in Scienze naturali. Dopo la laurea, ha collaborato per alcuni anni con l’Università di Bologna e con il CNR, per ricerche nell’ambito dell’ecologia marina. Dal 1990 al 2017 si è occupata della stesura di testi parascolastici di argomento chimico-biologico per Alpha Test. Ha collaborato per diversi anni con il Corriere della Sera. Dal 2016 collabora con Il Fatto Alimentare. Da sempre interessata ai temi legati ad ambiente e sostenibilità, da alcuni anni si occupa in particolare di alimentazione: dalle etichette alle filiere produttive, agli aspetti nutrizionali.
Lavoro encomiabile e sicuramente molto utile se ben utilizzato, ma ho il sospetto che se rimarrà destinato solo agli operatori del settore possa rimanere lettera morta.
Quindi condivido fortemente l’auspicio della conclusione, che questi dati vengano pubblicati e resi noti a tutta la popolazione dei genitori italiani ed a scopo didattico anche nelle scuole primarie e secondarie, dove si dovrebbe formare la cultura alimentare di base.
Il database del SIAN del Piemonte citato nell’articolo non è raggiungibile tramite i link dell’articolo stesso. Lo è invece quello di Altroconsumo che tuttavia non fornisce i dati sul contenuto di fruttosio negli alimenti per bambini come ci si aspetterebbe leggendo l’articolo. Oltre a quanto citato, un consumo eccessivo di fruttosio tramite complessi meccanismi biochimici aumenta l’acido urico che viene ormai considerato un fattore di rischio indipendente per ipertensione arteriosa anche in età pediatrica (per saperne di più vedi sito Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale alla voce ipertensione arteriosa). Sarebbe quindi utile avere a disposizione un database che riportasse il contenuto di fruttosio negli alimenti più consumati dai bambini.
Gentile MG,
il database del SIAN del Piemonte è riservato agli operatori. Altroconsumo è un’associazione di consumatori che può raccolgiere dati e informazioni da fornire ai soci e non solo. Una struttura pubblica può fornire informazioni aperte solo se queste rientrano nelle linee guida ufficiali. Condivido pienamente l’idea che sarebbe necessario rendere pubbliche, e commentate, queste informazioni.