Una settimana per ricordare che troppo sale fa male: parliamo della “settimana di consapevolezza sul sale” (Salt Awareness Week), fissata per quest’anno dall’11 al 17 marzo; si tratta di un‘iniziativa della World Action on Salt & Health (WASH), un gruppo internazionale di ricercatori presente in 85 paesi, compresa l’Italia, che si pone l’obiettivo di migliorare la salute collettiva, inducendo la popolazione a ridurne il consumo e le aziende produttrici di alimenti a diminuirne l’impiego.
Quest’anno la campagna WASH si rivolge in particolare a chi mangia fuori di casa, in mensa o al ristorante. Esattamente come al bar non servono il caffè già zuccherato, così non dovrebbero servire cibo già salato. Perché non dovremmo decidere in prima persona quanto sale mettere nel nostro cibo? Non si tratta di un problema marginale, visto che gli alimenti pronti o consumati fuori di casa rappresentano in molti paesi l’80% della fonte di sale (in Italia, il 54%).
La vignetta scelta per promuovere la settimana – «Cameriere, c’è della minestra nel mio sale» – è un invito scherzoso rivolto soprattutto ai ristoratori che dovrebbero preparare alimenti meno salati e più sani. Si tratta di una richiesta più che legittima: in gran parte del mondo, infatti, il consumo è circa il doppio dei 5 g al giorno (pari a 2 g di sodio) che per la maggior parte delle autorità sanitarie rappresentano la quantità massima consentita.
La situazione in Italia è stata fotografata dallo studio MINSAL, voluto dal GIRCSI, il raggruppamento di società scientifiche che rappresenta il nostro paese all’interno di WASH. La ricerca ha valutato il consumo di sale in tre gruppi di popolazione: adulti sani, ipertesi e bambini/adolescenti. I risultati, allarmenti, sono in linea con le statistiche mondiali: il consumo medio giornaliero degli adulti è risultato di circa 10 g, il doppio del massimo consentito. Anche quello degli ipertesi è di poco inferiore, intorno ai 9 g, mentre per i giovanissimi – ragazzi tra 6 e 18 anni – la media è di è di 7,5 g. Sempre troppi.
Nel frattempo, le notizie sui rischi collegati a un eccesso di sale si moltiplicano: due studi su modelli animali e su cellule umane, pubblicati nei giorni scorsi sulla rivista Nature e ripresa da The Scientist, indicano che un elevato consumo potrebbe giocare un ruolo importante nella progressione di patologie autoimmuni come la sclerosi multipla.
Vale dunque la pena non ignorare le raccomandazioni che arrivano da WASH, prima fra tutte quella di leggere attentamente le etichette degli alimenti da acquistare, evitando quelli che contengono più di 1,25 g di sale per 100 g di prodotto.
Paola Emilia Cicerone
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giornalista scientifica